Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  aprile 13 Sabato calendario

IL CERINO DI TELECOM NELLE MANI DEI PICCOLI SOCI

L’ offerta cinese su Telecom ri­schia di diventare la più brutta operazione di Borsa degli ulti­mi anni. E non certo per questioni nazio­nalistiche, che qua contano poco. No. Per lo sfregio che arreca ai cosiddetti azionisti di minoranza, che in Telecom si possono definire così solo per conven­zione. Sarebbe uno schiaffo o un furto, a seconda del vostro umore. Da quan­do sono uscite le prime indiscrezioni sull’interesse dei cinesi (4 aprile) Tele­com italia ha guadagnato il 15 per cen­to. Aspettate a gioire: le quotazioni di queste ore sono ai minimi dall’agosto del 2007. Vediamo con un po’ di fred­dezza, cosa però c’è davvero sul piatto.
Secondo il comunicato della società, sono allo studio due ipotesi: la cessione della rete fissa e l’ingresso di un nuovo socio, Hutchinson Whampoa,con l’ap­porto del suo business di telefonia mo­bile. Solo l’abilità di un giocoliere da cir­co può tenere entrambe le palle in aria. È difficile pensare di iniziare una trat­tativa per cedere il controllo di una so­cietà, quando la medesima sta trattan­do per vendere la sua anima: cioè la re­te. Oggi, in Borsa, Telecom vale circa 12 miliardi (9 le azioni ordinarie e 3 le ri­sparmio) e ha un debito di 23. La sua re­te, anche se i numeri sono ballerini, do­vrebbe valere tra i 6 e i 7 miliardi, a cui sommare altrettanta quota parte debi­to. Come si faccia a comprare Telecom, senza sapere cosa e quanto essa effetti­vamente controlli è un mistero.Arriviamo così a bomba ai cinesi. L’of­ferta è per la quota di controllo. Sono suf­ficienti 3 miliardi, cioè il 30% della sua capitalizzazione di Borsa: non un’azio­ne di più. Altrimenti si sarebbe costretti a fare un’Opa su tutte le azioni, anche quelle degli azionisti di minoranza. La porta di ingresso è una scatoletta non quotata che si chiama Telco e che ha in pancia il 22,5%della Telecom.All’inter­no della quale si leccano le ferite tre soci italiani (Generali,Intesa Sanpaolo,Me­diobanca) e gli spagnoli di Telefonica. Questi signori hanno in carico i titoli del­la Telecom a 1,2 euro (il doppio circa delle quotazioni di Borsa). Fino all’au­tunno sono legati da un patto di sindaca­to. Dopo, liberi tutti. Nel frattempo que­sti azionisti, forti del loro 22,5%, posso­no decidere le sorti del gruppo. E il pia­no che i cinesi tentatori e l’abilissimo Daffina di Rothschild hanno messo in piedi è niente male (per i grandi soci) e pessimo per il parco buoi, cioè per il restante 75% degli azionisti. Lo sveliamo senza grandi giri di parole.
Fino a quando Telco comanda in Te­lecom, Hutchison può sperare di fare una fusione con Telecom e riconoscere alla pattuglia di soci forti un premio di maggioranza. Quello che perde con una mano (pagare agli azionisti nobili 1,2 euro un azione che sul mercato vale 0,6) lo guadagna con l’altra (prenden­dosi una quota sostanziosa della Tele­com in cambio della loro controllata in Italia H3G). Cerchiamo di essere anco­ra più chiari. H3g da quando è nata ha fatto segnare perdite cumulate per 8,7 miliardi. È il quarto operatore mobile, molto aggressivo sulle tariffe, piuttosto innovativo. I suoi margini lordi sono pa­ri ad un terzo (in termini percentuali) a quelli che realizzano Telecom e Vodafo­ne in Italia. Come si possa valutare que­sta società 1,5/2 miliardi è un compiti­no che i banchieri d’affari possono risol­vere con abilità, ma che gli azionisti di minoranza di Telecom non capiranno mai. H3G a questi folli valori rappresen­ta il 20% del capitale ordinario Tele­com. Insomma fondersi con l’operato­re cinese supervalutandolo, nel mo­mento in cui i titoli Telecom sono ai mi­nimi, rappresenta un regalo. Certo poi ci spiegheranno le sinergie industriali. I cassetti di Telecom sono pieni di questi sogni.
Un regalo-delitto di questo tipo (deve essere stato il retro pensiero di chi si è studiato l’operazione)ha bisogno di un maggiordomo complice: chi oggi co­manda in Telecom potrebbe essere ten­tato a cedere le proprie quote a un livel­lo superiore a quello di mercato, giustif­i­candolo con un fantomatico premio di maggioranza. Magari non tutte, una parte. Risultato finale: l’ultimo degli operatori mobili si porta a casa il nostro ex monopolista;buona parte dell’acqui­sizione la compie con la propria carta azionaria ipervalutata; gli attuali azioni­sti di magg­ioranza escono gradualmen­te a prezzi ragionevolmente superiori a quelli di Borsa; e i soci di minoranza stanno a guardare.
Fantafinanza? Riteniamo di sì. Ma la tentazione, per motivi diversi, c’è. Gre­co, da quando è arrivato in Generali, ha detto che non ne vuole più sapere dei salottini, quale migliore occasione di ce­dere a un buon prezzo la propria parte­cipazione. Intesa e Mediobanca, irrita­te con l’attuale management, possono così trovare una via d’uscita. Restano gli spagnoli. Che, insieme agli azionisti di minoranza rimarrebbero con i cerino in mano. Se l’operazione si dovesse davvero fare, un prezzo si dovrà pagare anche a loro. E il costo dell’operazione sarebbe così tutto a carico agli azionisti di minoranza. Così è (se vi pare).