Massimo Galli, ItaliaOggi 13/4/2013, 13 aprile 2013
UN CANALE SALVERÀ IL MAR MORTO
Il Mar Morto si ritira sempre più e a salvarlo potrebbe essere un canale artificiale di 180 chilometri che lo colleghi al Mar Rosso. A sostenerlo è la Banca mondiale, che ha esaminato accuratamente il progetto e ha deciso di raccomandarlo ai paesi dell’area mediorientale interessati: Israele, Giordania e Cisgiordania.
Ma i problemi non mancano, a cominciare dai costi dell’opera, che in realtà è ritenuta da molti osservatori di difficile realizzazione.
La situazione del Mar Morto, il mare più salato del mondo, diventa col passare del tempo sempre più critica. Il livello delle acque si sta abbassando di circa un metro ogni anno. Dagli anni 60 a oggi la sua superficie è scesa da 950 a 637 chilometri quadrati e il suo livello è diminuito di 29 metri. È stato calcolato che, in assenza di interventi, nel giro di mezzo secolo il volume del Mar Morto sarà arretrato di oltre il 10%. Le conseguenze sarebbero negative per l’industria, il turismo e l’ambiente. Danni che la Banca mondiale ha stimato in 33 miliardi di dollari (25,2 mld euro).
Il motivo di questo prosciugamento va ricercato nella sete delle nazioni circostanti: Israele, Giordania, Siria e Libano. Essi deviano l’acqua del fiume Giordano, immissario del Mar Morto, costruendo dighe e non preoccupandosi delle ricadute. Inoltre il corso d’acqua del Giordano, che ha forti reminiscenze bibliche (in esso Giovanni Battista battezzò Gesù), adesso è molto inquinato e al confine tra Israele e Giordania è ridotto a poco più di un ruscello. La ricetta della Banca mondiale fa perno sul dislivello di 432 metri esistente tra i due mari, visto che il Mar Morto (propriamente un lago) si trova nella depressione più bassa della Terra, a quasi 400 metri sotto il livello del mare. Per la forza di gravità, quindi, l’acqua del Mar Rosso potrebbe confluire nel Morto nell’ordine di 2 miliardi di metri cubi all’anno. Israele, Giordania e l’autorità palestinese beneficerebbero di quest’opera, che includerebbe un impianto per dissalare l’acqua: essa risulterebbe particolarmente utile alla nazione giordana, che soffre parecchio la siccità. Ma è prevista anche una centrale idroelettrica, che alimenterebbe la stazione di pompaggio di Aqaba, in Giordania, e l’impianto di dissalazione. L’energia prodotta confluirebbe nei tre paesi.
Contro questo piano si sono però schierati gli ambientalisti. In particolare, l’organizzazione Foeme (sigla che sta per Amici della terra del Vicino Oriente) evidenzia che a essere avvantaggiati saranno soprattutto i gruppi industriali coinvolti nell’opera, mentre la popolazione sarà costretta a subire costi proibitivi per l’acquisto di elettricità, oltre a un peggioramento dell’ambiente di vita. Inoltre il Mar Morto rischia di essere soggetto a una proliferazione di alghe rosse e alla formazione di gesso, a causa della mescolanza con l’acqua del Mar Rosso. Non manca l’allarme per il pericolo di inquinamento del sottosuolo in caso di perdite, di atti terroristici o di un terremoto.
Da ultimo, non certo per ordine di importanza, c’è la questione finanziaria. Costruire il canale comporterebbe un investimento di 9,97 miliardi di dollari (7,61 mld euro), mentre la Banca mondiale assicura che le ricadute economiche supereranno di un miliardo la somma stanziata. Ma è difficile che un paese come la Giordania, alle prese con notevoli problemi di bilancio, possa sborsare la sua quota di 2,5 miliardi. La parola, adesso, spetta proprio ai diretti interessati. I quali, contrariamente a quanto viene dato per scontato dalla Banca mondiale, non è detto che riescano a sedersi costruttivamente intorno a un tavolo per un obiettivo comune.