Giuseppe Marino, il Giornale 13/4/2013, 13 aprile 2013
LA MONETA DEL WEB? FA CRAC COME QUELLA REALE
La settimana scorsa si sono ritrovati al «Room 77»,un bar di Berlino che serve l’hamburger alla «Fidel Castro», musica dal vivo e ha come slogan Warm beer and cold women (come canta Tom Waits). C’erano nerd in maglietta, anarchici, attivisti del partito pirata, forse qualche hacker. Tutti contestatori del sistema e tutti inciampati fortuitamente in un’improvvisa ricchezza. La loro cornucopia è il bitcoin, la moneta virtuale che negli ultimi giorni sta facendo parlare i media di tutto il mondo.
Sarà che l’euro praticamente evapora nelle tasche, o la rabbia per le troppe malefatte di banche e banchieri: sta di fatto che un numero crescente di persone è disposta a investire il proprio denaro reale in una valuta che non c’è, una creazione elettronica priva di autorità di controllo (anzi nata proprio per contrastare il potere della banche centrali) e partorita dalla mente di un anonimo informatico di cui si conosce solo il cartonimatesco pseudonimo: Satoshi Nakamoto. Il bitcoin è nato quattro anni fa e funziona così: la quantità di moneta in circolo è limitata da un algoritmo. Chi vuol possedere bitcoin ha due scelte: comprarlo, in cambio di sonanti euro o dollari, da mercanti informatici simili a Borse valutarie (la più importante si chiama Mt’Gox) o «scavarlo» nelle cosiddette «miniere» di bitcoin. Che poi sono potenti computer a cui ci si collega on line per partecipare a una sfida informatica. Il vincitore incassa il premio. Ma il totale del circolante è limitato, per avvicinare il sistema a quello che esisteva prima dello sganciamento delle valute dal corrispettivo in oro. Si sarebbe dimostrato così che sono le banconote a non valer nulla, perché vengono stampate a piacimento dalle banche centrali. Il bitcoin invece esiste in quantità limitata, proprio come l’oro.
Il risultato di questo assurdo esperimento sociale è una lezione da studiare con cura.Nell’epoca delle grandi truffe finanziarie, dei crac che non risparmiano nemmeno i bilanci delle nazioni, migliaia di persone in tutto il mondo stanno investendo il proprio denaro in una valuta che non poggia su alcun pavimento di valore reale. L’ideologia della protesta anti sistema che crede nel web salvifico giunge così a fare testacoda. Perché a determinare il tasso di cambio del bitcoin è solo la sua domanda. Quando c’è stata la crisi di Cipro, ai fan del bitcoin è venuta l’idea di proporla come moneta alternativa, capace di sfuggire alla mano artigliata della Troika. Risultato, il tasso di cambio ha toccato 260 dollari per bitcoin. Le troppe richieste di investimento hanno messo in difficoltà la «Borsa» Mt’Gox, che ha dovuto sospendere le contrattazioni per qualche ora. Poi il tasso di cambio ha ripiegato a 120 dollari. E così la moneta ideale, quella senza banche, è diventata oggetto di speculazioni, proprio come le sporche monete con banca che usiamo quotidianamente. Il fatto è che probabilmente davvero «un altro mondo è possibile», ma non certo scambiando l’utilissimo internet per un nuovo messia.
Tra chi si è arricchito c’è proprio uno dei nuovi idealisti della webpolitica, il segretario del Partito Pirata svedese Rick Falkvinge. Ha investito tutto in bitcoin quando valevano 5 dollari. «Non sono mai stato così ricco», gongola, mentre si intuisce che la fortuna del suo partito si fa sempre più passeggera. Ogni riferimento a partiti italiani è casualmente calzante.