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 2013  aprile 13 Sabato calendario

L’ATTACCO AL «CATOBLEPISMO» SCALDERA’ I MILITANTI?

Quelli che conoscono la materia dell’economia e della finanza dicono che sì, il «catoblepismo» evocato da Fabrizio Barca nel suo manifesto di insediamento per la leadership del Pd indica un problema sentito nella comunità scientifica. Ora si tratta di scaldare anche i cuori democratici nella tempesta post elettorale. Ma intanto Barca ha sfoderato tutte le arti del suo lessico didattico. Ascoltandolo non sembra di stare a un comizio di partito, ma a una severa lezione accademica. O forse no, il parlar difficile in politica non è sempre il tratto distintivo degli intellettuali che amano il linguaggio gelido e astruso della cattedra. Massimo Cacciari, per dire, è capace di separare di netto i due ambiti disciplinari. Quando parla e scrive di filosofia non si risparmia vertiginose allusioni al gergo contorto del profondismo metafisico (sempre con il trattino: l’«Ur-pflanze goethiana»; «la vita-per-la-morte di Heidegger»), ma quando entra nell’agone politico è di una chiarezza cristallina, una perfetta incarnazione del polemista senza diplomazie lessicali. Oppure, al contrario, il parlar difficile di Nichi Vendola è un’ipnosi della «narrazione» che si tiene rigorosamente su un piano di incomprensibilità («a Nichi, ma che stai a dì», come recita l’irriverente titolo di una rubrica ad hoc del Foglio) ma malgrado tutto trascina nell’avventura, allarga gli orizzonti, ti scaraventa in un nebbioso futuro. Il «manifesto» con cui si è presentato Barca, e che ieri ha scatenato il solito iconoclastico cinguettio nel fatato mondo di Twitter , è invece sia l’espressione di un tecnico a lungo immerso, e con brillanti successi, nella scienza dell’economia, sia l’espressione di un’antica passione ideologica che mette in stretta sintonia il Barca fervente militante giovanile del Pci e il Barca ministro del governo Monti per la «coesione territoriale».
Una creatura linguistica molto complessa in cui il «catoblepismo» è solo una parte, e forse nemmeno la più impervia. Nella «forma partito» e nel «partito palestra» resuscitate da Fabrizio Barca si sente di più il lascito delle militanze di un tempo, in cui un certo dottrinarismo si accoppia a una notevole passione per la teoria pura. L’«élite estrattiva», ecco, questa è effettivamente di più faticosa decodificazione. L’«Addendum» finale, invece, non è il solito latinorum di memoria manzoniana, ma è un cedimento alle abitudini del saggio accademico (sarebbe una postilla. O un post scriptum, però più elaborato). Il «telaio sociale» è espressione mutuata da una certa fantasia sociologica, che forse può risultare di difficile comprensione per l’eventuale giovane del Pd che volesse aggiornarsi sul programma del nuovo leader, ma che pure contiene una sua potenza vendolianamente narrativa. Importante, perché ripetutamente citato nel «manifesto», l’indicazione di Barca dello «sperimentalismo democratico», che dovrebbe essere una terza possibilità (una «terza via», per restare nell’ideologismo più consueto) tra due modelli di partito ambedue insoddisfacenti. Poi c’è la «procedura deliberativa», che il militante del Pd deve saper riconoscere come la forma democratica del partito, ma anche, sembra di capire, del tipo di Stato che rifiuta di essere ridotto ai compiti assegnatigli dall’ideologia «minimalista» frequentemente attaccata da Barca in luogo di «liberista» o addirittura «liberale».
Un certo scalpore l’aveva fatto già nei giorni scorsi l’obiettivo che Fabrizio Barca aveva indicato come compito del Pd in cui si accingerebbe, sia pur da poco tesserato, a competere con Matteo Renzi per la leadership: quello della «mobilitazione cognitiva». Un certo scalpore e anche una certa costernazione per chi voleva fossero indicati obiettivi più chiari e comunque espressi con parole di immediata comprensione. Ma adesso si aggiungono anche un problematico «monitoraggio in itinere» e anche una molto impegnativa «disintermediazione». Parole difficili che però, a meno che non si voglia scadere nel più vieto anti intellettualismo, possono anche rappresentare nuove mete per un partito frastornato e ancora scosso dal non smagliante risultato elettorale. E che ha bisogno di una forte mobilitazione. Morale, ma anche cognitiva.
p.s. Catoblepismo — da catoblepa, secondo la Treccani leggendario quadrupede africano, con il capo pesante sempre abbassato verso terra — dovrebbe significare la perversa alleanza tra banche e affari denunciata da Raffaele Mattioli.
Pierluigi Battista