Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Bruno Vespa ha scritto il solito libro natalizio (Il Palazzo e la Piazza, se non abbiamo capito male si fa la storia delle manifestazioni anti-governative) e Berlusconi doveva presentarlo oggi, senonché, all’improvviso, il Cav ha fatto sapere che sarebbe stato meglio rimandare e il giornalista ha accettato di buon grado. I dietrologi hanno fatto presto a capire di che si trattava: apparendo in pubblico Berlusconi sarebbe stato costretto a fare dichiarazioni e, non sia mai, a rispondere alle domande dei giornalisti. Fastidioso persino pensarlo.
• Perché?
A quanto pare, il Cavaliere è ancora incerto sul da farsi e sarà incerto probabilmente per tutto oggi, giornata in cui ha luogo il cosiddetto Ufficio di Presidenza, cioè la riunione dei vertici del Popolo della Libertà molto poco convinti delle ultime pensate del loro capo. Si tratterebbe in sostanza di decidere: che cosa fare con la riforma elettorale, rispetto alla quale ancora ieri il centro-destra ha tirato fuori dal cilindro l’ennesima idea nuova; se il governo vada o no buttato giù sulla questione dell’election day; se il Pdl debba o no tenere le primarie domenica della settimana prossima; se Berlusconi debba o no scendere in campo in prima persona; se al momento delle elezioni sia meglio andare uniti sotto la sigla Pdl oppure con due o tre formazioni diverse alleate. Più varie ed eventuali.
• Mi pare grossa l’idea di buttare giù Monti subito.
È la forte tentazione di Berlusconi. Il motivo, condiviso in questo caso anche da Alfano, sarebbe il famoso “election day”. Il centro-destra vuole ad ogni costo che le elezioni regionali in Lombardia, Lazio e Molise e le elezioni politiche si svolgano nello stesso giorno, chiamato appunto “election day”. La cosa sembrava pacifica dopo il comunicato di Napolitano che indicava il 10 marzo come data auspicabile per le consultazioni. Senonché il Consiglio di Stato ha imposto alla Polverini, colpevole di aver perso tempo il più possibile, che il Lazio vada a votare «entro 90 giorni dallo scioglimento del Consiglio» e la governatrice è stata costretta a indicare la data del 10 febbraio, ultima raggiungibile per obbedire ai magistrati. Quindi: 10 febbraio Lazio e probabilmente Lombardia (anche Formigoni vuole fare presto), in un’altra data le politiche.
• Votare lo stesso giorno è un motivo sufficiente per far cadere il governo?
Sì, nella logica del centro-destra. Poiché è chiaro che Berlusconi e i suoi perderanno, non si vuole che votando a tappe la prima sconfitta abbia un effetto di trascinamento sugli appuntamenti successivi, peggiorando ulteriormente una performance che si prevede molto negativa. L’idea, quindi, è far cadere il governo e andare al voto possibilmente il 10 febbraio oppure il 10 marzo, ma accorpando anche le Regionali. Ci si figura che il Capo dello Stato possa non tener conto di una sentenza del Consiglio di Stato.
• E con quale legge si voterebbe? Alle politiche, dico.
È l’altro problema. Ieri sera il senatore Quagliarello, berlusconiano, ha tirato fuori l’ennesima proposta sulla legge elettorale: premio di maggioranza alla coalizione prima arrivata e che raggiunga almeno il 40% dei voti; altrimenti 50 seggi di premietto al primo partito che raccolga almeno il 30%. Bersani, che ieri stava in Libia, ha già risposto di no. Aggiungendo: «Ci avranno presentato come minimo una ventina di proposte. Dicano quello che vogliono fare».
• Al Pd converrebbe l’attuale “Porcellum”, senza cambiamenti.
Pare che anche Berlusconi sia convinto che sarebbe meglio tenersi il “Porcellum”. Si risparmierebbe così, tra l’altro, le preferenze, e questo gli lascerebbe mano libera sulla scelta dei candidati.
• Poi c’è tutto l’altro groviglio di questioni; se presentarsi, se dividersi…
Il Cav. che aveva annunciato due o tre volte la decisione di ritirarsi, è adesso nuovamente tentato dalla sfida personale con Bersani, il “comunista”. I suoi non vorrebbero, i sondaggi non sono incoraggianti, ma Berlusconi è convinto di poter creare le condizioni per una qualche rimonta. Facendo francamente campagna contro Monti e sfruttando il malcontento per il rigore imposto dai tedeschi, secondo la propaganda che presto ci assorderà tutti quanti. I sondaggi di Mannheimer dicono tra l’altro che il Pdl sta adesso al 16% (secondo Hugo Dixon addirittura al 14%), ma che se Alfano guidasse un Pdl senza Cav e Berlusconi si mettesse a capo di una lista Forza Italiani, le due formazioni alleate potrebbero addirittura arrivare al 20. Oggi il nostro uomo, con il libro di Vespa in mano, si sarebbe trovato di fronte a un fuoco di fila impressionante di domande su tutti questi temi. E per questo ha deciso: meglio di no.
[Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 5 dicembre 2012]
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