Carlo Antonio Biscotto (traduzione), il Fatto quotidiano 5/12/2012, 5 dicembre 2012
ORLANDO CRUZ, IL PUGILE GAY: “METTO KO I PREGIUDIZI”
[Cosa più importante. Che farebbe se il prossimo avversario si dimostrasse meno tollerante? Sono certo che prima o poi capiterà. Prima o poi mi sentirò dare del finocchio e della femminuccia. E allora?] –
Pubblichiamo l’intervista realizzata dallo Spiegel in cui Orlando Cruz dichiara la propria omosessualità. È la prima volta che un pugile professionista fa coming out.
Orlando è importante per un pugile dare l’impressione di essere un duro?
La boxe è uno sport largamente dominato dai macho, da uomini che si rifanno ad un preciso modello maschile. Il pugile ideale non pensa troppo, è rude e sprizza forza da tutti i pori. Anche io sono affascinato dalla forza, ma secondo me lo stile è un aspetto imprescindibile della forza.
All’inizio di ottobre ha detto a tutti che era gay. Poi due settimane fa in Florida è salito sul ring per la prima volta dopo il coming out. Come hanno reagito il suo avversario e i suoi tifosi?
Ho avuto la sensazione di essere accettato dal pubblico. Mi hanno incitato chiamandomi per nome molto più che nei combattimenti precedenti. Il mio avversario, il messicano Jorge Pazos, prima del match aveva detto che quello che facevo fuori del ring non erano fatti suoi. Penso sia l’atteggiamento giusto.
Schivando un colpo di Pazos ha scrollato le spalle e in un’altra circostanza si è battuto i pugni sul petto.
Era solo il mio modo di dire: “questo è il mio ring, il mio momento e nessuno me lo porterà via”. Volevo dimostrare di non essere una femminuccia. Sono un uomo e volevo che gli spettatori mi vedessero come un uomo. E poi fare un po’ il macho sul ring fa parte di questo sport.
Lei è professionista da dodici anni. Perché questa decisione proprio ora?
Perché oggi sono un pugile affermato . Ho sostenuto 22 incontri perdendo solo due volte. Alcuni avversari li ho messi KO al primo round. Eppure non sono mai stato rispettato come persona. È una cosa di cui mi sono accorto negli ultimi anni. Era giunto il momento di fare la pace con me stesso. E poi c’era un’altra ragione: ero convinto che dire la verità mi avrebbe reso un pugile migliore.
In che modo?
Finora ho tenuto la carriera e la vita privata completamente separate. Nessuno doveva sapere che ero gay. Era una situazione stressante che prosciugava le mie energie.
Da adolescente si è innamorato di un ragazzo o di una ragazza?
Di una ragazza che è stata il grande amore della mia giovinezza. Ci siamo lasciati quando avevo 17 anni. A lei ho dato il mio primo bacio. Poi ha 19 anni mi sono reso conto che ero gay. Stavo partecipando alle Olimpiadi di Sydney del 2000. Conobbi un uomo e tornando a casa capii che era cambiato qualcosa dentro di me. In un certo senso la presi molto male.
Perché?
Perché mi colse alla sprovvista. Per molto tempo non avevo voluto accettare la realtà. O meglio: ne avevo paura. A Porto Rico gli omosessuali sono discriminati, talvolta persino assassinati. Ricordo un mio amico, Jose. Era un travestito. Fu accoltellato a 19 anni solo perché aveva partecipato alla sfilata del gay pride. Un anno dopo le Olimpiadi dissi ai miei genitori che ero gay. Mia madre mi disse che non le importava e che mi amava comunque.
E suo padre?
Con lui fu più difficile. Per di più all’epoca i miei genitori erano già separati. Comunque entrambi hanno assistito al mio ultimo incontro.
Per anni ha dovuto fingere?
Sì e la cosa mi faceva stare male. Mi sentivo vuoto e schiacciato da un peso.
Nel mondo della boxe qualcuno sapeva?
È inevitabile. Oscar de la Hoya, mio ex promoter, una volta prima di un combattimento mi chiese: “Orlando, dimmi la verità, hai intenzione di dichiarare pubblicamente che sei gay?” C’era altra gente intorno a noi e io risposi: “non è vero, sono un uomo”.
Quando c’è stata la svolta nella sua vita?
Quando nel 2008 mi sono trasferito in New Jersey. Intanto tre anni fa ho chiesto l’aiuto di uno psicologo che continuo a vedere. Poi sei mesi fa a New York ho conosciuto il fondatore di una organizzazione che difende i diritti dei gay. Mi ha aiutato a intrattenere i rapporti con i media e ad aprire su Twitter un profilo per preparare il mio coming out.
Come hanno reagito nel suo ambiente?
Nel 95% dei casi le reazioni sono state positive. Pugili come il campione mondiale Miguel Cotto si sono complimentati con me.
E come hanno reagito le persone al di fuori del suo ambiente?
Ricevo e-mail dal Venezuela, dalla Polonia, dall’Australia. Persino dall’Afghanistan. Molti mi dicono di essere innamorati di un uomo e di non sapere come dirlo in famiglia.
Conosce altri atleti professionisti gay?
Se anche li conoscessi certamente non farei il loro nome. Una cosa è certa: nel mondo dello sport ci sono molti più omosessuali di quanto comunemente si crede.
Come mai il suo coming out ha fatto notizia in tutto il mondo?
Non credo solo perché sono un pugile. È una scelta difficile per un latino-americano. Dove sono nato ci sono ancora molti pregiudizi nei confronti dei gay. In America Latina la famiglia è sacra e mettere al mondo figli la cosa più importante
Che farebbe se il prossimo avversario si dimostrasse meno tollerante?
Sono certo che prima o poi capiterà. Prima o poi mi sentirò dare del finocchio e della femminuccia. E allora?