PIERO COLAPRICO SANDRO DE RICCARDIS EMILIO RANDACIO la Repubblica 5/12/2012, 5 dicembre 2012
PIERO COLAPRICO SANDRO DE RICCARDIS EMILIO RANDACIO
MILANO
— L’avvocato Nicolò Ghedini dice una cosa, il ragionier Giuseppe Spinelli ne dice un’altra. Il giallo sull’orario non arriva ancora ad una soluzione, la contraddizione emerge con grande chiarezza in due documenti sinora inediti. A quasi due mesi dal sequestro, non si può sapere quando Silvio Berlusconi, ex presidente del Consiglio, apprende e capisce che un suo fedelissimo dipendente è stato vittima di un reato insieme con la moglie. Il che impone di riproporre una questione: perché i berlusconiani non si sono rivolti subito, martedì stesso alla magistratura? Perché questo ritardo nel rivolgersi alla legge?
Sono stati depositati circa 140 file, sono tutte le carte dell’accusa. E una prima novità è contenuta nel fax che l’avvocato invia alla procura di Milano. È, come si sa, delle 16.20 circa di mercoledì 17 ottobre. È un resoconto-denuncia che fissa anche la tempistica del sequestro di Spinelli. Dopo aver descritto la proposta dei banditi di fornire in cambio di 35 milioni d’euro un ampio materiale informatico sul Lodo Mondadori, Ghedini aggiunge che il «soggetto », e cioè Francesco Leone, il capobanda, come poi si saprà, «insisteva affinché il prelievo avvenisse immediatamente nella prima mattinata, convinto che il rag. Spinelli avesse autonoma possibilità di operare sui conti correnti dell’onorevole Berlusconi».
Però, siccome «Spinelli obiettava che non era nelle sue facoltà ritirare somme siffatte senza l’autorizzazione », cominciavano le telefonate ad Arcore, ma «l’onorevole Berlusconi, stupito della richiesta e soprattutto dell’accorata insistenza del rag. Spinelli, lo invitava a telefonarmi (...) Subito dopo l’onorevole Berlusconi mi avvisava dell’accaduto. Provvedevo quindi a telefonare al rag. Spinelli, ritenendo la vicenda assai sospetta. Il rag. Spinelli insisteva chiedendo almeno un acconto iniziale di 5milioni «.
GLI ORARI SECONDO GHEDINI
Quindi, dopo la richiesta altissima, ecco che spunta da parte dei sequestratori l’idea di un acconto. Il fax di Ghedini prosegue: «Avendo compreso che il rag. Spinelli non era libero di autodeterminarsi, gli dissi che non era possibile eseguire nessun pagamento se prima non fosse venuto ad Arcore per discutere
de visu
la questione (...) Dopo alcune resistenze, il rag. Spinelli mi disse che mi avrebbe potuto raggiungere nel giro di qualche ora. Incontrato alle 11.00 ad Arcore, narrava una parte della vicenda e soltanto nella tarda serata dava conto di tutto ciò che era realmente accaduto».
Dunque «è nella tarda serata» di martedì 16 ottobre che Spinelli parla del sequestro subito, secondo il fax dell’avvocato Ghedini. E Spinelli parla «affermando di temere per l’incolumità della sua famiglia, tanto da non voler neppure denunciare l’accaduto. Il rag. Spinelli narrò che erano stati entrambi rilasciati con l’accordo che lui avrebbe taciuto i particolari del sequestro, narrando soltanto la proposta e che lo avrebbero
richiamato per sapere se l’onorevole Berlusconi sarebbe stato disponibile al pagamento. Quest’oggi (mercoledì,
ndr),
verso le ore 15, uno dei soggetti ha telefonato presso l’abitazione del rag. Spinelli per conoscere gli intendimenti dell’onorevole Berlusconi. Il rag. Spinelli rispondeva che non vi era la possibilità dì reperire una cosi ingente somma in contanti e che comunque i legali dell’onorevole Berlusconi volevano visionare la documentazione. A questo punto la comunicazione veniva interrotta». Solo dopo questa telefonata, viene inviato il fax ufficiale e parte l’inchiesta della Distrettuale antimafia.
IL VERBALE SENZA OMISSIS
La lettura del verbale integrale che Giuseppe Spinelli rende a Ilda Boccassini e Paolo Storari mostra, accanto al lato umano e tragico, ancora la contraddizione sugli orari. Siamo a martedì e «Ghedini
mi disse: “Se c’è qualcosa, è meglio andare subito alla Procura della Repubblica a denunciare i fatti». Io sono stato evasivo, non ho dato elementi perché loro potessero percepire a pieno quello che realmente era successo».
Pubblico ministero: «Può precisare che cosa ha fatto (martedì) dopo aver lasciato Arcore?» Spinelli: «Sono stato (in ufficio) fino alle 15.00 passate (...), lì ho ricevuto una telefonata di mia moglie che mi pregava di tornare prima, dicendomi che ci sarebbe stata anche mia figlia».
LA VERSIONE DI SPINELLI
Il verbale d’interrogatorio continua cosi: «Mia moglie era a pezzi e mia figlia era stata messa al corrente dalla madre di quello che era successo, anche se eravamo rimasti d’accordo di non dire nulla per non farla impressionare. Pensi che mia moglie era talmente provata che la sera non si ricordava
che nostra figlia era stata a casa e che sapeva quanto ci era accaduto. A quel punto, vedendo lo stato in cui stava mia moglie, ho capito che non potevo più non raccontare quello che mi era successo. Ho deciso di parlarne subito con il presidente Berlusconi, non quella sera perché non mi andava di lasciare mia moglie in quello stato, e ho chiesto un appuntamento per il mattino seguente. Di fatti, mi sono recato ad Arcore verso le dieci (di merco-ledì, ndr) e ho raccontato tutto quello che era successo. Ghedini non c’era, ovviamente dopo il mio racconto il presidente Berlusconi ha chiamato subito l’avvocato Ghedini, che ha parlato anche con me. Il presidente Berlusconi mi ha detto “Perché non ci ha detto subito queste cose ieri?», e io ho detto «Perché mi avevano detto che mia moglie sarebbe stata portata via». A questo punto l’avvocato Ghedini si è messo in contatto con la Procura della Repubblica e difatti oggi sono qui a rendere testimonianza ». Ora: è anche Spinelli che si confonde su queste sequenze? Oppure è tale la sua fedeltà a Berlusconi che, pur di non fargli avere alcuna noia, oltre quelle che «il Dottore» ha già in questi mesi per le sue frequentazioni notturne e i suoi conti esteri, si carica sulle spalle ogni responsabilità?
LE TELEFONATE SPINELLI-ARCORE
Nell’intervallo tra il 15 e il 17 ottobre scorso, la polizia giudiziaria annota in una informativa come i «contatti telefonici che Spinelli ha intrattenuto direttamente o indirettamente con l’onorevole Silvio Berlusconi e l’avvocato Ghedini, in totale sono stati 102». Dall’analisi di queste carte, però, emerge chiaramente, che i risultati comprendono anche tutta la giornata del 15, ben prima che scattasse il sequestro del ragiunatt e non appaiono agli investigatori per nulla incompatibili con la versione fornita dal signor Spinelli e dalla moglie.
IL FILM GIRATO NELLA BANCA
Sinora, in tutto il materiale sequestrato ai sei sequestratori, pen drive compresa, non è stata trovata traccia d’alcun documento che riguardi Lodo Mondadori o che riguardi Berlusconi e le sue «cene eleganti». Secondo indiscrezioni, sarebbe stato trovato invece dalla polizia un filmato, girato di nascosto dentro un banca del Nord: è il probabile obiettivo dei sequestratori di Spinelli. I quali, sia gli albanesi, sia gli italiani, non avevano incamerato molto denaro nelle loro trasferte in Lombardia.
CADE L’AGGRAVANTE DELLE PISTOLE
I verbali dei sei detenuti per sequestro a scopo d’estorsione sono stati «secretati» e non filtrano indiscrezioni. Si sa solo che dopo qualche tentennamento e persino qualche tentativo di depistaggio, tutti stanno rispondendo e che la procura milanese ha lasciato cadere l’aggravante dell’uso delle armi: erano giocattoli. Se l’inchiesta prosegue con questi tempi, la richiesta di un processo immediato, saltando l’udienza preliminare, diventa una possibilità concreta. A quel punto, con tutte le «carte» note e con gli interrogatori in aula, difficile che, se ci sia un mistero, non emerga.