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 2012  dicembre 05 Mercoledì calendario

L’UOMO CHE NON TRADIREI MAI

Pensavi fosse una diva, invece è Francesca Neri: 48 anni molto belli, ma soprattutto molto «normali». Francesca abita, con il marito Claudio Amendola e il figlio tredicenne Rocco, in una zona di Roma popolata di negozietti e studenti, poco lontana dalla Stazione Termini. Il salotto, tutto bianco e parquet, non ostenta né foto di red carpet né premi a vista, mentre sul tavolino troneggia un megabarattolo di integratori alimentari. A poca distanza da casa, il liceo classico (pubblico) che frequenta Rocco, e che raggiunge tutti i giorni a piedi. Non c’è niente di strano in tutto ciò, non fosse che solitamente gli attori affermati amano isolarsi in ville alle porte della città, scomodissime da raggiungere e traboccanti gloriose memorie, e che Amendola probabilmente in tutti questi anni Cesaroni avrà guadagnato abbastanza da permettere alla famiglia ogni lusso. Ma – a volte – il vero lusso è proprio la normalità.
Della normalità fa anche parte il fatto che la Neri nelle ultime stagioni abbia lavorato un po’ meno (come attrice, mentre ha continuato a fare la produttrice), per seguire il figlio. E adesso che la ritroviamo al cinema con Una famiglia perfetta di Paolo Genovese, ci rendiamo conto che ci mancava: l’ultimo suo film, Una sconfinata giovinezza di Pupi Avati, risale a un paio d’anni fa, mentre il precedente (Il papà di Giovanna, dello stesso Avati) era del 2008. Dopo due storie drammatiche, ora però è tempo di commedia. Una famiglia perfetta è infatti la storia di un ricco (Sergio Castellitto) che per Natale decide di affittare una compagnia di attori (Marco Giallini, Carolina Crescentini, Claudia Gerini, Ilaria Occhini), fingendo che siano la sua famiglia. Nel gruppo capita Alice (la Neri): in panne con l’auto e con l’amore dopo che l’amante l’ha scaricata per le feste, resta affascinata da quello che crede un vero solido e caciarone nucleo familiare.
Da piccola sognava una sua famiglia?
«No, la famiglia rappresentava tutto ciò che non volevo. Ma nel momento in cui fai un figlio, lì senti l’appartenenza a qualcuno: quella è famiglia».
Lei ha visto molte famiglie «finte»?
«Sì, ci sono molte persone sofferenti, tanti che fuggono nel lavoro, nello svago, in uno sport: tutto, pur di evadere. E spesso restare insieme è una scelta di comodo».
Oppure lo si fa per i figli.
«Io per mio figlio mi sono separata. Anni fa, i sei mesi di separazione da Claudio li ho voluti anche per quello: i bambini, per quanto piccoli, assorbono il disagio».
Quando vi siete riconciliati, Rocco come ha reagito?
«Aveva 3 anni, era dai nonni a Trento. Io e Claudio siamo andati a riprenderlo insieme, ricordo il suo sorriso: aveva capito tutto. Dopo, quando litigavamo, ci diceva: “Però non vi lasciate, vero?”».
Non solo non vi siete lasciati, ma l’11 dicembre sono due anni di matrimonio.
«Quello che ci tiene più di tutti è Rocco, continua a chiedere a Claudio che cosa mi regala».
Suo figlio ha 13 anni. A Roma pochi giorni fa un suo quasi coetaneo si è ucciso perché perseguitato da un gruppo di bulli. Come reagisce a queste notizie?
«Prima di avere un figlio pensavo che sarei stata molto ansiosa, invece non lo sono. Imparo a crescere con lui, gli do una fiducia spropositata, ma penso sia l’unico modo per non chiuderlo».
Pensavo alla paura del bullismo. Rocco è per di più figlio di due persone famose.
«Claudio ha una popolarità enorme. Nostro figlio da piccolo ne godeva, ma crescendo ha sentito il bisogno di essere Rocco, non il “figlio di”: aveva paura che tanti gli fossero amici per via del padre».
Imparando a essere madre, si basa sulla sua esperienza di figlia?
«Al contrario. Dai miei mi è mancata la fisicità, e io con Rocco sono molto fisica. Anche con i fidanzati all’inizio ero chiusa, avevo difficoltà a esprimere i sentimenti, carezze e baci in pubblico non ne davo. Ero convinta di amare tanto e invece loro dicevano che ero poco affettuosa. Io mi giustificavo: sono tanto gelosa, significa che ti amo. Ma non basta provare amore, bisogna esternarlo. L’ho imparato negli anni. Fin troppo: adesso ho sempre bisogno di toccare».
Rocco si lascia sbaciucchiare?
«Sì, ma non davanti agli altri».
Nella vostra famiglia, che ruolo hanno le figlie – Alessia e Giulia, 28 e 23 anni – che Amendola ha avuto dal primo matrimonio?
«Più che sorelle, per Rocco sono come piccole madri, tanto più che Alessia è a sua volta diventata mamma, di Diego».
Niente famiglia allargata?
«Alla fine la famiglia è una. Io non credo nelle cose finte, le persone si scelgono. Certo, le feste comandate si fanno insieme. Ma ho visto mie amiche cercare a tutti i costi di far andare d’accordo i figli dei diversi matrimoni: non succede mai, anzi a volte ci si separa proprio per questo. Nessuno si può costringere».
Claudio glielo ha mai chiesto?
«No. Claudio è figlio di separati e la madre si è risposata con uno più giovane: lui ha odiato quest’uomo, uno che entra in casa senza essere tuo padre e ti comanda».
Anche la scelta di allentare con il lavoro per seguire Rocco è stata sua?
«I primi anni me lo sono portato ovunque. Poi è cominciata la scuola, ho sentito che Rocco aveva bisogno della mia presenza, e anch’io. Sono felice di questa scelta, c’è un rapporto profondo».
Il ritorno sul set è stato difficile?
«Sembra di ricominciare, con più voglia di leggerezza. Oggi sono in grado di tenere a distanza un personaggio, di non prendermela più troppo».
Non temeva che non la volessero più?
«Molti pensavano che non recitassi più perché facevo la produttrice, ma sto dicendo che sono di nuovo sul mercato».
A 48 anni farebbe ancora scene di sesso?
«Non mi sentirei più a mio agio, per mio figlio: mi sembrerebbe di tradirlo. Nella realtà sono pudica, non mi sono mai messa in topless. Ma nel lavoro il mio fisico l’ho mostrato senza problemi. È curioso: oggi ho un bellissimo rapporto con il mio corpo, mentre da ragazza, quando fisicamente ero perfetta, non mi accettavo. Però, per posare nuda dovrei deciderlo insieme con Rocco, come ho sempre fatto con i miei compagni».
E i suoi compagni hanno mai sofferto vedendola spogliata sullo schermo?
«Facevano lo stesso mestiere, casomai si soffriva in due. Da attore, però, sai che le scene di sesso sono le meno “pericolose”: sul set c’è un disagio che non ti permette di vivere davvero un’emozione».
È vero, come ha detto, che i giovani registi non sono molto bravi a filmare il sesso?
«I registi uomini per pudore rischiano di fare una cosa finta, oppure volgare. È tipico di questa generazione, mentre maestri come Bertolucci o Almodóvar sono bravissimi. Per me, la Scena di sesso per antonomasia è quella di Ultimo tango a Parigi. Certo, devi lasciarti andare nelle mani del regista, avere fiducia, altrimenti puoi rischiare di sentirti violentato. Nelle Età di Lulù io mi sono data completamente a Bigas Luna, ma finché non ho visto il film ho avuto paura del risultato».
Nelle scene cruciali beve qualcosa, come fanno alcune sue colleghe?
«Un bicchiere di rosso, ma non per la paura: per il freddo. Chi ha veramente paura in quei casi è l’attore uomo, ha il terrore di eccitarsi e tu lo devi rassicurare».
Alla fine, esiste una famiglia perfetta?
«È quella diversamente perfetta».