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Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Un’inchiesta del Messaggero ha rivelato, ieri, che il consumo di cocaina a scuola è aumentato del 6-10 per cento – a seconda delle città e degli istituti –, che il prezzo di questo stupefacente resta bassissimo, che la mattina alle otto «davanti a tre scuole su cinque si sta spacciando». I dati provengono dai 550 servizi per le Tossicodipendenze sparsi per la Penisola.
• Quando si dice che la coca costa molto poco che cosa si intende?
Una dose a dieci euro, per esempio. Ma io so che, per esempio a Torino, al cosiddetto Tossik Park, ti danno via una dose anche per cinque euro. Si chiama “quintino”, 0,20 grammi. Il problema non è quindi il prezzo: per ragioni di commercializzazione, la droga viene anche regalata, specialmente a chi è vergine. Come in qualunque mercato, è indispensabile prima creare il bisogno, cioè allevare consumatori. I soldi inverstiti con le dosi regalate torneranno moltiplicati per mille. Nino Cirillo, l’autore dell’inchiesta sul Messaggero, ha chiesto al tossicologo Claudio Leonardi a che età cominciano. La risposta è stata: «Anche a 12-13 anni».
• Con la cocaina?
Sì. Guardi che in definitiva sono cose note, e il dato davvero nuovo è che il fenomeno non regredisce, ma tende ad aumentare. Prima di tutto non c’è in genere la percezione che la coca sia una droga. Non c’è né tra i consumatori adulti né tra gli studenti. Su 175 mila consumatori abituali, appena 30 mila si sono rivolti ai Sert per tentare una disintoccazione. La coca è ancora considerata uno stupefacente figo, anzi neanche uno stupefacente, ma addirittura un farmaco, un “antidepressivo” (Morgan) oppure una “pillola della felicità”, sia pure momentanea.
• Io non capisco questo: mentre può essere difficile scovare il cocainomane adulto che va a farsi ovunque, mi sembra addirittura banale il problema di presidiare una scuola. Si sa dov’è, si sa in che orario funziona, si sa che sono gli studenti stessi a portar dentro la roba… E allora, che ci vuole?
Lei vorrebbe che la polizia entrasse a scuola e facesse quello che ci si aspetta dai poliziotti? Ci sono due impedimenti. Uno è di carattere ideologico: molti insegnanti sentono che il problema andrebbe affrontato in altro modo. Con il dialogo, con la comprensione, con la cultura, stando vicino ai ragazzi, eccetera. Il professor Pessina, preside del liceo Berchet di Milano, una persona di prim’ordine che guida una scuola di prim’ordine, disse una volta: «L’intervento della polizia sarebbe il definitivo fallimento della funzione educativa della scuola. La domanda vera che ci dobbiamo fare è perché tanti giovani sentano il bisogno di assumere queste sostanze. Io penso che dipenda dal modello sociale di successo che imperversa adesso: pallonari e veline palestrati e sempre in forma. Un modello che la scuola deve combattere. A Milano l’emergenza vera non sono gli spinelli, ma la cocaina e tutte quelle porcherie che si trovano nelle discoteche. I cani che annusano gli studenti... magari i ragazzi a scuola arrivano puliti, ma si sono sballati la sera prima...». difficile dargli torto, ma è difficile anche dargli completamente ragione. vero che l’intervento della polizia non può essere la risposta, ma che dire di una serie di risposte da cui fosse escluso, a priori, l’intervento della polizia? Mi pare che si trasmetterebbe un messaggio sbagliato anche così.
• La polizia non interviene mai?
Qui sta il secondo impedimento. Nei rari casi in cui la polizia interviene, c’è sempre la sollevazione studentesca seguita da assemblee, occupazioni eccetera. Questo rito protestatario e finto-democratico è un freno anche all’intervento dei professori. Eppure l’idea di mandare i Nas a scuola, all’improvviso e senza tener conto delle suscettibilità di insegnanti, studenti e genitori (anche i genitori possono essere un ostacolo) fu di una rappresentante diessina, la Livia Turco ministro della Sanità nell’ultimo governo Prodi. Uno studente che aveva fumato un sigarino di cocaina crackata era stato fulminato al primo tiro. Una perquisizione aveva scoperto che la scuola era stata trasformata in una fumeria, c’era il “Corridoio delle canne”, e al terzo piano un’aula dedicata soprannominata ”Purgatorio”. roba di un paio d’anni fa e per carità di patria non scrivo qui di nuovo il nome della scuola. Ma considero i professori responsabili. Del resto gli ultimi arresti provocati da storie simili sono di pochi giorni fa.
• Cioè?
Sette personaggi che a Firenze spacciavano hashish a scuola servendosi di studenti-complici (i cosiddetti “cavalli”). Licei Michelangelo, Capponi, forse il Biancaspina, anche se il preside di questa scuola privata nega con forza. Qualcuno di questi cavalli, dicono al Servizio Centrale Operativo della polizia, entra in classe col bilancino nello zaino. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 28/2/2010]
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