Mario Baudino, La Stampa 28/2/2010, pagina 33, 28 febbraio 2010
A SIMENON L’AMERICA SALVO’ LA VITA
Il ranch della giumenta perduta è anche una dichiarazione d’amore: alla vita selvaggia, al deserto dell’Arizona e alla felicità che Simenon provò a Tucson. Ci era arrivato per caso con la segretaria-amante Denise e il figlio Marc, ed era stato rapito all’istante da quella città «unica, ineguagliabile» dove, scrive nelle Memorie intime, «tutti indossano camicie attillate da cowboy, stivali con il tacco alto, sombreri neri o beige, come il mio».
Affittò una hacienda da un ricca vedova, per nulla scandalizzata dal ménage famigliare (poco dopo al terzetto si aggiunse infatti la moglie Tigy), dette un grande ricevimento il cui biglietto d’invito recitava: Monsieur e Madame Georges Simenon e Mademoiselle Denise Ouimet hanno l’onore di invitarvi...» e affittò cavalli in un corral «alle porte del deserto». Montava all’inglese, ma per il resto era indistinguibile dai nuovi concittadini. La giumenta perduta fu il primo romanzo, dei molti composti nei cinque anni americani. Seguirono due Maigret, e il memorabile La neve era sporca.
Scriveva, e si lasciava alle spalle brutti ricordi: nella Parigi occupata aveva ceduto i Maigret a produttori tedeschi, attirandosi una nuvola di sospetti. E nella Francia appena liberata il fratello Christian, che era stato con il nazista Degrelle, rischiò la forca. Lui non venne toccato, ma un biografo, Pierre Assouline, ha scoperto una condanna non eseguita, che gli vietava ogni pubblicazione per due anni. Era peggio di una condanna a morte. L’America non fu soltanto «casa sua», come disse sbarcando a New York, nel ”45. In definitiva, gli salvò la vita.