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 2010  febbraio 28 Domenica calendario

«TUTTO IL PD COLPEVOLE DEL CINZIAGATE CASINI HA PREFERITO LE POLTRONE A ME»


Bella, è bella. Ma autostima, zero. «Il mio ejordio televisivo da candidata alle Regionali è stato un vero disastro», prorompe Anna Maria Bernini in tutta la sua emilianoromagnolità. «E ho avuto anche la pessima idea di rivedermi: due occhi a palla, un ghigno satanico e un naso lungo così. Sembravo la nonna della Santanchè». Eppure è proprio vedendola in tv che il Cavaliere ha notato questa deputata quarantaquattrenne di derivazione FareFuturista alla sua prima legislatura, innamorandosi della sua parlantina. E ha deciso di ”scipparla” al co-fondatore del PdL per candidarla in Emilia Romagna. Dapprima lei ha declinato la profferta elettorale, consapevole della difficoltà della sfida. E dopo aver ripetuto no, no e no una decina di volte, un mese fa è stata precettata per prendere il posto di Giancarlo Mazzuca, nel frattempo dirottato su Bologna. E così la Bernini è diventata una delle quattro ”Silvio’s angels” in lizza per le Regionali. Ma a
lei è toccata la gatta più dura da pelare.
Bernini, la kamikaze del Pdl.
«Mi sento un po’ come il ”Soldato Benjamin” in quella serie tv a puntate. Ma il ”kamikaze Bernini” è molto felice».
Allora perché ha risposto picche ripetutamente a Berlusconi prima di accettare?
«Credo che il presidente abbia insistito tanto anche perché i ”no” di una donna fanno
statistica nella vita di un uomo».
Soprattutto in quella del Cavaliere.
«Perciò ho capito che il mio rifiuto avrebbe pesato troppo su Berlusconi e quindi, alla fine, ho accettato di essere candidata». Più che candidata, precettata, raccontano nel PdL, dopo che Mazzuca ha chiesto di essere spostato su Bologna perché lì la partita è diventata più fattibile dopo lo scandalo Delbono.
« vero che il capoluogo è più contendibile della Regione. Bologna viene non solo da otto mesi di agonia della gestione Delbono, ma da cinque anni di Sergio Cofferati che, dopo tante promesse alla città, si è innamorato – Dio lo benedica – e si è spostato in Liguria. Così oggi il centrodestra può riprendersi la città se il candidato e la coalizione sono quelli giusti».
A lei, invece, è toccata la battaglia persa.
«A me è toccata la vera sfida: aprire la pista, perché io corro per prima e sarò votata per prima». E probabilmente perderà per prima. «Non è detto. Se a ottobre avrei preferito rimanere nell’atmosfera ovattata delle commissioni parlamentari, oggi il clima in Regione è cambiato». Onorata di fare l’agnello sacrificale?
«Io comincio a considerare l’Emilia Romagna una Regione veramente contendibile. Stanno cambiando gli equilibri e si sta scardinando un sistema di monopolio. Lo scandalo Delbono ha aperto una crepa che piano piano è diventata un cratere che coinvolge l’intera Regione. A me non interessa la vicenda sentimentale dell’ex sindaco. Mi preme collocarla nel suo vero contesto, che non è il Comune, ma la Regione. E passare dal merito, che compete ai magistrati, al metodo, che è diffuso in tutta l’Emilia Romagna».
Sta dicendo che il governatore Vasco Errani ha responsabilità nel ”Cinziagate”? «Responsabilità politiche, sicuramente, come ogni presidente di qualsiasi struttura complessa. La Costituzione dice che il presidente regionale dirige la politica della sua giunta e ne è responsabile».
Secondo lei Errani sapeva?
«Che lui sapesse o no, è politicamente responsabile di tutti i reati contestati all’ex sindaco di Bologna: abuso d’ufficio, truffa aggravata e peculato. Avvenuti tutti quando Delbono era vice di Errani alla Regione ed era assessore al Bilancio con delega: una porzione significativa di potere regionale e di denaro pubblico».
Avrebbe dovuto dimettersi anche Errani?
«Questo attiene solo alla sua coscienza».
Pier Ferdinando Casini appoggia tutti i candidati finiani alle Regionali tranne lei. «Infatti, soffro di sindrome abbandonica nei confronti di Pier Ferdinando. Tutte le volte che ci penso, mi chiedo: ma perché io no?».
Siete pure compaesani.
«E lui è anche amicissimo di mio marito. Mi sento come la Sabina non rapita». Come giudica la politica delle alleanze di Casini? «Di smarrimento per l’elettore centrista, che si trova in Piemonte a votare per Bersani e nel Lazio per Berlusconi».
In Emilia Romagna come in altre Regioni, però, l’Udc corre da sola. «Visto che la piattaforma programmatica e valoriale dell’Udc in Emilia è affine alla nostra e in certi casi si sovrappone, ad esempio sulla famiglia e la sussidiarietà orizzontale, mi chiedo: perché i centristi hanno voluto a tutti i costi correre da soli?».
Perché?
«Solo per una questione di poltrone».
Chi teme di più, Errani o Gianluca Galletti, il candidato dell’Udc? «Nessuno. Sono felice di confrontarmi con entrambi. Galletti lo conosco personalmente e lo considero una persona molto seria. Non ho il piacere di conoscere il presidente Errani. Ho chiesto un confronto con lui, ma finora non ho avuto risposta».
Come ha governato Errani?
«Ha governato per troppo tempo. Quando una macchina non ha più uno stimolo si chiude in se stessa. Il format della politica di Errani è sempre stato quello della conservazione autoreferenziale rispetto agli stimoli di modernizzazione provenienti dall’Europa. Dobbiamo ringraziare Dio che in Emilia Romagna ci sono imprenditori che si internazionalizzano da so-
li».
Lei crede in Dio?
«Vivo la fede con grande partecipazione. Sono una praticante professionale di fioretti, mi sottopongo costantemente a tutta una serie di ”cilici”». Cilicio tipo?
«Privazione dei dolci, astinenza da shopping. Il più ricorrente è l’ascensione alla Basilica di San Luca a Bologna. La fede mi è di grande conforto, ma non sono convinta di essere a posto con la coscienza».
Suo padre è un grande accademico nonché ex ministro al Commercio estero del primo governo Berlusconi. Lei è la classica ”figlia di”. «Io sono proprio l’icona della ”figlia di”. Ho passato la vita a ripercorrere le orme di mio padre perché abbiamo tutti e due la matrice avvocatesca. Siamo entrambi laureati in Giurisprudenza e ho intrapreso anch’io la carriera accademica. Ma lui è un avvocato commercialista, io pubblicista, settore che ho perseguito nonostante la sua contrarietà».
Lei è stata l’avvocato di Luciano Pavarotti. Com’è riuscita ad evitare una guerra patrimoniale tra la sua vecchia e la nuova famiglia? «Me lo chiese lui. Il maestro fu molto bravo perché creò lui i presupposti affinché la cosa si risolvesse pacificamente. Lui detestava il litigio. E sono stati molto bravi anche gli altri protagonisti: la sua prima famiglia, che gli voleva un bene enorme, e la sua seconda moglie».
Lei è figlia unica. Sarà stata viziatissima.
«I miei genitori sostengono di sì, io no. Loro hanno avuto l’intelligenza di farmi uscire presto di casa mandandomi a studiare fuori. Nella mia famiglia si è respirata subito un’aria di grande indipendenza, con delle regole».
Il ricordo più remoto della sua infanzia?
«La mia nonna paterna Elda: quella che più mi ha trasmesso il senso della bolognesità. Era un’affabulatrice, una matriarca. nata nel 1900. Quando gli uomini andavano a fare la guerra lei doveva gestire un negozio di giocattoli che era al centro di Bologna».
Sarà stato il suo Eldorado.
«No, anzi. Mia nonna aveva un gran senso della misura. Ricordo le agonie di desiderio per avere un giocattolo. Io non sono madre, ma il limite delle mie amiche è che hanno fatto perdere il piacere del desiderio ai loro figli».
Non le piacerebbe un figlio?
«Non ho fatto nulla per non avere figli, ma ho un marito molto più grande di me, che ha già un figlio molto vicino a me di età». Suo marito è nato ventinove anni prima di lei. Non pesa una così grande differenza di età?
«Io non me ne accorgo. Lui non lo so».
Funziona tra voi?
«Siamo totalmente simbiotici. Luciano per me è l’alba e il tramonto. Fa tutte le parti in commedia: marito, padre, fratello, amico. la mia forza, la persona che mi dà determinazione quando mi cala l’entusiasmo. Ha sempre la mano sul rubinetto giusto per riaccendere l’energia».
Non gli crea disagio avere una moglie più giovane di quasi trent’anni?
«Credo che lui abbia avuto più difficoltà di me. Era più tormentato, soprattutto all’inizio. Aveva la sensazione di alterare gli equilibri della mia vita. Ma fin dall’inizio ci siamo amati veramente».
Da quanto tempo siete insieme?
«Ci siamo sposati nel 2003, ma siamo insieme dal 2000». Come vi siete conosciuti? «Ho conosciuto mio marito nell’esercizio della sua professione».
Suo marito, Luciano Bovicelli, è un noto ginecologo. L’ha conosciuto sul lettino medico? «Sì, in occasione di una visita. Io avevo un piccolo problema e lui con un colpo di bacchetta magica lo ha risolto. Questo ha suscitato in me una profonda ammirazione per il modo in cui tratta i pazienti. Mio marito appartiene a quella generazione di medici, ormai in estinzione, che condivide con il paziente la responsabilità e il peso della malattia».
Non è gelosa ad avere un marito ginecologo?
«Anzi, lui sostiene che proprio per questo devo stare tranquilla. Perché la sera lui dice: basta». Non è molto rincuorante per una moglie... «Infatti io replico: in che senso?».
Vero che, prima di lei, suo marito ha avuto sua madre come paziente? «Per un periodo sì, ma non mi ha fatto nascere lui. Sarebbe stata veramente una gag».
All’inizio come l’hanno presa a casa sua?
«Abbiamo fatto i ”carbonari” per sei-sette mesi. Mio padre l’ha presa abbastanza serenamente, anche perché lo conosceva già, siamo rimasti in famiglia». Ricorda il suo primo amore?
« stato un amore per un algido inglese, totalmente non corrisposto. Si chiamava Albert, come mio ”figlio”, il mio barboncino nano. Ma sono al di sopra di ogni sospetto perché il nome gliel’ha dato mio marito. Avevo 12 anni. Non dimenticherò mai quell’estate inglese con Albert che non mi filava».
Quando ha scoperto l’amore per la politica?
«A me sono sempre piaciuti il diritto pubblico e i sistemi costituzionali comparati. Facendo l’avvocato ho esercitato un lavoro di formazione presso le pubbliche amministrazioni. Ed è lì che è maturata la mia passione per la cosa pubblica».
Politicamente lei nasce almirantiana. Come ha fatto a diventare di destra nella regione più ”rossa” d’Italia? «Ho pagato un prezzo alto, perché il sistema era respingente nei confronti di chi non apparteneva all’élite culturale della sinistra radical chic. All’università se eri di sinistra eri più intelligente. Noi di destra, invece, ci arrabattavamo agli occhi dell’intellighentia. Per questo, quando oggi mi chiamano ”kamikaze”, mi viene da ridere se penso a quello che ho passato».
Lei oggi appartiene alla ”cricca degli eletti” di Fini: la fondazione FareFuturo. «Io ero già in An. FareFuturo è stata per me un’occasione per cominciare a lavorare a dei tavoli tecnici». In che occasione ha conosciuto Fini?
«Quando venne a un nostro circolo cittadino di Bologna. Ma fu Adolfo Urso a parlarmi di FareFuturo, in cui sono entrata partecipando al Comitato dei Trenta, un laboratorio legislativo fatto per creare una federazione di partiti di centrodestra. Era il bozzolo da cui è nato PdL».
Come sono i suoi rapporti con Fini?
«Buoni».
Anche adesso che lei è diventata la ”cocca” romagnola di Berlusconi? stato lui, non Fini a volerla candidare alla Regione. «Il ”furto” è avvenuto con il consenso del mio proprietario politico. Ho dovuto giustificare ad entrambi il mio ”no” iniziale. E tutti e due hanno convenuto che ad ottobre era meglio che restassi nel Comitato bicamerale per l’attuazione del federalismo fiscale, dove stavo lavorando alla semplificazione con Calderoli e Brunetta. Tutti provvedimenti, come la class action amministrativa, che mi sono serviti per scrivere il mio programma regionale».
Il suo primo provvedimento in caso di vittoria?
«Sarà proprio la semplificazione dell’amministrazione». Come riesce a barcamenarsi tra due che si detestano? «Anche questo fatto che si detestino...».
Ora non vorrà sostenere che Fini e Berlusconi si amano! «Partono da presupposti diversi. Io non ho mai sentito da Fini una parola contro Berlusconi né viceversa».
Ma se non fanno che attaccarsi, anche adesso che sono in campagna elettorale... «Hanno ruoli diversi e ciascuno fa il suo mestiere». Chi considera il suo leader tra i due?
«Il presidente della Camera è il mio padre politico. Il premier è il leader del PdL, di cui io portavoce vicario. Quindi il mio leader è Silvio Berlusconi». Sarà Fini il successore di Berlusconi?
«Certo. Fini è un leader di caratura europea. Perciò, quando Berlusconi deciderà di andare a fare pesca d’altura ma penso che i tempi siano ancora molto lontani – Fini sarà ”il” candidato».
Come ha fatto lei a conquistare Berlusconi?
«Vai a capire... Bisognerebbe chiederlo a lui».
Raccontano che il Cav si sia ”innamorato” di lei guardandola nei talk-show. «Potrei cadere dalla sedia se il ”re della comunicazione” dicesse che io comunico bene».
 vero e no che quando vi siete incontrati la prima volta lui le ha detto di conoscerla già, avendola vista in tv, e si è complimentato per la sua ”vis” mediatica? «Beh, sì».
Crede che il premier l’avrebbe notata se non fosse una ”gnocca”? «Ho un rapporto altalenante con il mio aspetto, io non mi vedo attraente. Detesto farmi fotografare, infatti ho pochissime foto di me. Se mi chiede se credo che Berlusconi sia rimasto attratto da me, le rispondo di no. Lui ha creduto nella candidatura al femminile in Emilia Romagna, in Umbria, Toscana e nel Lazio». Candidandole nelle Regioni a perdere?
« stato un modo di dire a queste Regioni che non sono abbandonate a se stesse, ma sono contendibili. E ci crede così tanto da aver affidato proprio alle donne le missioni più difficili».
 questo che le ha detto il premier per indorarle la pillola dell’Emilia Romagna? «Mi ha detto ”vinceremo”».