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 2010  febbraio 28 Domenica calendario

NORD E SUD IL GAP SI AGGRAVA

Il lavoro divide in maniera sempre più profonda l’Italia del Centro Nord da quella del Sud e delle isole. Nei dodici anni di crescita economica fra il 1995 e il 2007 l’indice di disoccupazione della metà settentrionale del Paese, che era già molto più basso, si è dimezzato, mentre quello del Mezzogiorno è rimasto uguale o è diminuito di poco, e solo qua e là. Lo dice l’ultimo Rapporto Isae sulle previsioni per l’economia italiana.
Se le cose sono andate così quando l’Italia (nel suo complesso) cresceva, che cosa troverà l’Isae quando aggregherà i dati del periodo di crisi dal 2008 in poi? Forse un aumento del divario, ma potrebbe anche risultare il contrario, visto che al Sud è più alta la percentuale di posti di lavoro nel settore pubblico, che sono meno vulnerabili alla recessione.
Il rapporto dell’Isae comincia constatando che il tasso nazionale di disoccupazione fra il 1995 e il 2007 è calato a un ritmo quasi costante, dall’11% iniziale al 6%. Ma l’andamento non è stato omogeneo a livello territoriale. Nel Centro Nord si è passati in media dall’8% di disoccupati del 1995 al 4% del 2007 (la metà), mentre al Sud il tremendo tasso di partenza del 18% è calato solo all’11% e per di più a macchia di leopardo: i due terzi non hanno registrato progressi e sono rimasti inchiodati a un livello del 13% o superiore. Caso limite la provincia di Vibo Valentia (in Calabria) dove la quota dei senza lavoro è addirittura cresciuta dal 9 al 14%.
Le cose sono andate anche peggio se si considera che i flussi migratori dal Sud al Nord, molto forti negli Anni 50 e 60 ma poi quasi interrottisi, sono ripartiti con decisione proprio nel 1995, che fa da anno di partenza dell’analisi dell’Isae; in teoria questo avrebbe potuto svuotare di disoccupati il Sud, e invece non è successo, perché la crescita economica del Mezzogiorno è stata insufficiente anche a dare lavoro a chi restava. Gli investimenti sono stati concentrati a Nord, e nelle regioni settentrionali c’è stato anche il maggiore incremento di consumi, e questo a sua volta ha reso il Sud, in senso relativo, sempre meno interessante per ulteriori investimenti. L’emigrazione ha anche impoverito il Meridione attraverso il fenomeno che gli anglosassoni chiamano «brain drain»: mentre una volta da Sud a Nord emigravano soprattutto potenziali operai, muratori eccetera, adesso la manovalanza nel Settentrione è costituita sempre più da lavoratori stranieri, mentre dal Sud al Nord emigrano in massima parte diplomati e laureati, privando il Mezzogiorno di competenze di ogni tipo, cioè di capitale umano.
Ci si è messa anche la globalizzazione: molte produzioni sono state spostate dall’Italia verso l’Est Europa o l’Asia, ma il Nord ha compensato concentrandosi sulle manifatture a più alto valore aggiunto o sui servizi mentre per il Sud è stata una perdita secca di posti di lavoro. C’è da aggiungere che la forte presenza della criminalità organizzata in diverse zone del Meridione disincentiva i capitali del Nord e quelli stranieri a produrre al Sud.