Francesca Paci, La Stampa 28/2/2010, pagina 32, 28 febbraio 2010
LEWIS CARROLL-ALICE, LA VERA STORIA
Sebbene prossima alla veneranda età di 145 anni, Alice continua infaticabile a spalancare per milioni di lettori le infinite porte del Paese delle meraviglie. Solo una serratura è rimasta inviolata per tutto questo tempo, quella della vita del suo autore, Charles Lutwidge Dodgson in arte Lewis Carroll, la cui cattiva reputazione è cresciuta di pari passo con la popolarità del romanzo. Mentre il Coniglio Bianco, il Cappellaio Matto, la Regina di Cuori stregavano il ”900 con il contropotere della fantasia, passando dalla musica psichedelica dei Jefferson Airplane di White Rabbit a videogame d’ultima generazione tipo American McGee’s Alice, il genio che li aveva inventati veniva liquidato con i pochi infamanti aggettivi tramandati vox populi: immaturo, maniacale, interessato morbosamente ai minori al limite della pedofilia. Ora che Tim Burton porta sul grande schermo una nuova versione cinematografica di Alice, Castelvecchi pubblica Lewis Carroll, la vera storia del papà di Alice, versione italiana di In the Shadow of the Dreamchild, la biografia di Karoline Leach dedicata all’identità adulta dell’uomo che amava i bambini.
«Carroll era una persona normale con normalissimi gusti sessuali, socievole e interessato al teatro. Su di lui sono state scritte molte bugie» spiega la Leach. A cominciare dalla presunta passione per l’undicenne Alice Liddell, figlia di amici e fantomatica ispiratrice del romanzo: «Tutto risale al suo secondo biografo, Langford Reed, che senza citare fonti trasferisce su Carroll la propria ossessione per le ragazzine. Vent’anni dopo, nel 1952, The White Knight di Alex Taylor costruisce il retroscena della musa bambina da cui sarebbe nato il sospetto di pedofilia». Staremmo ancora lì a far paragoni con la Lolita del professor Humbert, se la Leach non avesse scoperto tra i faldoni dell’archivio Dodgson le tre pagine mancanti del diario del 1863, quelle in cui, in data 27 giugno, Carroll annota i motivi della rottura con la famiglia Liddell. La vera storia del papà di Alice parte da quegli appunti inediti: «Secondo la versione ufficiale, Carroll aveva chiesto in sposa la bimba contrariando i genitori. Falso. Non c’è una riga in cui sia nominata Alice, si parla invece dell’opportunità di un allontanamento per evitare altre voci su Ina, che potrebbe essere la sorella maggiore o la madre, Lorina Liddell detta Ina».
Pare insomma che Charles Lutwidge Dodgson non fosse affatto insensibile alla femminilità matura. «La sua supposta verginità è un’altra balla, Carroll non parla mai chiaramente di sesso nei suoi diari ma aveva rapporti con le donne, alcuni molto intimi» continua Karoline Leach. Nulla da celare se non per la morale vittoriana del primo biografo, il nipote Stuart Collingwood, spaventato dai dettagli scabrosi al punto da disseminare la vita dello zio di misteriosi omissis.
Cosa c’è allora dietro l’unica porta chiusa del Paese delle meraviglie? Per trovare la risposta la giornalista inglese Jenny Woolf ha consultato, per prima, 44 anni di estratti conto della Barclays, la banca dove Carroll era correntista. Il risultato è il volume Mystery of Lewis Carroll (Haus), appena pubblicato in Gran Bretagna: «Era generosissimo sia con i dieci fratelli e sorelle per cui aveva letto fiabe e inventato giochi quando erano bambini, sia con estranei come le ragazze madri e gli orfani delle charity The Homes of Hope e The Society for the Rescue of Young Women and Children. Quando seppe che Henry Kingsley, fratello del celebre scrittore vittoriano Charles Kingsley, stava morendo, gli donò 100 sterline, un sesto del suo stipendio annuale, cifra con cui all’epoca avrebbe potuto comprare una piccola casa». Altro che infantile coscienza tormentata. Secondo la Woolf è ora di riscoprire l’adulto, semplice come Alice che nessuno degli stravaganti personaggi del Paese delle meraviglie riesce a mettere in imbarazzo: «Nelle sue poesie c’è la traccia d’un amore sofferto, la storia con una donna, un dolore. Le relazioni non dovevano essere facili per lui, insegnante nella religiosissima Christ Church di Oxford, una specie di monastero».
Alla sua morte, nel 1898, Charles Lutwidge Dodgson avrebbe voluto essere ricordato come lo scrittore dei bambini. Troppo a lungo forse è stato monopolio dei grandi.