Maurizio Isabella, Il Sole-24 Ore 28/2/2010;, 28 febbraio 2010
GARIBALDI, RE DI LONDRA
Durante tutto l’Ottocento,l’Inghilterra nutrì verso l’Italia una vera e propria passione amorosa, che fece della nostra penisola il paese di gran lungo prediletto dalla società vittoriana. L’interesse per la letteratura, cultura e storia italiana venne filtrato dalla cultura romantica. L’Italia divenne così uno spazio immaginario in cui gli inglesi potevano dare libero sfogo alle proprie emozioni e desideri, e le narrazioni letterarie e storiche dell’Italia diedero ampio spazio a una confusione tra invenzione romantica e rigore filologico. Oltre al romanticismo, al culto per l’eredità artistica e culturale del paese (già esistente nel secolo precedente) venne presto associata anche l’identificazione con la causa nazionale italiana. I viaggiatori inglesi che ritornarono nella penisola dopo il crollo del regime napoleonico erano unanimi nel giudicare che le sue popolazioni, e in particolare quelle del meridione, versassero in uno stato di degrado morale e civile.
Le condizioni dello Stato Pontificio e del Regno delle Due Sicilie in particolare rappresentavano la negazione dei valori morali e civili vittoriani. Decadenza e pittoresco, piacevolezza estetica e immoralità, attrazionee condanna etica andavano di pari passo nelle rappresentazioni inglesi dell’Italia.
Gli osservatori britannici associarono a questa condanna valutazioni squisitamente politiche, convinti che le ragioni di tale decadenza fossero da attribuire ai governi restaurati, veri e propri esempi di crudele dispotismo e di amministrazione inefficiente.
Proprio grazie alla combinazione tra riappropriazione romantica e proiezione dei propri valori, il Risorgimento italiano divenne la questione di politica internazionale più popolare nell’opinione pubblica britannica, e la sua memoria continuò a esser celebrata anche dopo il suo completamento con la presa di Roma nel settembre del 1870.
La popolarità internazionale di Garibaldi fu per lo più un prodotto dalla stampa britannica, tanto che si può affermare come la creazione del suo mito sarebbe inimmaginabile senza la mobilitazione e l’appoggio a suo favore di tutta la società vittoriana. Tale appoggio fu senza dubbio amplificato dallo straordinario sviluppo, insuperato all’epoca da qualsiasi altro paese europeo, dei mezzi di comunicazione, della sfera pubblica e della società civile britannica. L’entusiasmo per le gesta eroiche di Garibaldi e l’ammirazione per il successo della sua spedizione spiegano come centinaia di semplici cittadini britannici, e moltissime donne, sentirono il bisogno di offrire il proprio sostegno, e si identificarono con le sue imprese. Nel corso degli eventi del 1860 dall’Inghilterra arrivarono a Garibaldi considerevoli somme di denaro, raccolte nel corso di eventi pubblici organizzati ad hoc sia da associazioni di lavoratori che da Gentlemen’s Club come l’Atheneum, e migliaia di volontari pronti a combattere al suo seguito. La visita di Garibaldi in Inghilterra nel 1864 fu occasione della più grande manifestazione pubblica dell’epoca vittoriana.Anche se l’arrivo a Londra nel 1859 dei liberali napoletani liberati dalle carceri borboniche suscitò entusiastiche manifestazioni pubbliche di sostegno, quello che avvenne con la visita di Garibaldi fu senza precedenti: 500mila persone in tripudio accolsero e acclamarono l’eroe a Londra, tanto che la sua carrozza impiegò più di cinque ore per attraversare la città. La sua presenza inaugurò una vera e propria moda garibaldina, che produsse souvenir, canzoni d’occasione, paccottiglia varia e, naturalmente, incoraggiò la vendita di camicie rosse. Come ha dimo-strato Lucy Riall, ancora una volta la causa italiana, ora incarnata dalla persona stessa di Garibaldi, doveva il suo successo all’essere allo stesso tempo ecumenica e capace di produrre reazioni e passione diversissime, anche opposte tra di loro, e di esprimere patriottismi alternativi. Garibaldi fu infatti ospite dei duchi di Sutherland, nella cui residenza londinese incontrò Lord Palmerston, Gladstone, Lord Derby e Lord Russell, ma in città egli rese visita anche a Mazzini, e partecipò a eventi organizzati sia dal Reform Club che al Crystal Palace dove un ricevimento fu specificamente organizzato per i ceti popolari. Per il «Times» la visita era stata una dimostrazione di unità nazionale, in cui tutte le classi erano accorse a celebrarlo. Ma senza dubbio l’eccitazione popolare per l’eroe e la presenza di rappresentanze sindacali durante le manifestazioni pubbliche rimandavano a una sua riappropriazione popolare che non si accordava necessariamente con la rassicurante interpretazione liberal-moderata data al Risorgimento. La sua improvvisa decisione di non visitare Manchester, Newcastle e Glasgow fu subito attribuita alla volontà politica del governo di non eccitare umori radicali e antigovernativi, e la regina Vittoria e i conservatori furono molto sollevati dalla sua partenza dopo dodici giorni .
Lo stesso intreccio tra auto-celebrazione identitaria e sincera adesione al patriottismo italiano, e la stessa pluralità di interpretazioni politiche possono esser ritrovate nella vastissima produzione artistica, storica e letteraria che la cultura vittoriana dedicò all’Italia. La storiografia britannica sul Medioevo e il Rinascimento italiano fu molto vasta e influente. Gli uomini di cultura vittoriani furono divisi sui meriti e demeriti dei due periodi, entrambi interpretati come momenti supremi di civiltà economica, artistica, letteraria e di convivenza civile. Come è noto, John Ruskin vide nel Medioevo il momento di massimo sviluppo della libertà e di espressione culturale, e il Rinascimento come periodo di dispotismo e decadenza, mentre per altri scrittori come John Addington Symonds, autore della popolare Renaissance in Italy, era stato il Rinascimento, periodo in cui i despoti erano stati espressione di regimi democratici, a rappresentare il vero zenit della storia italiana e della cultura in generale. In entrambi i casi il messaggio più o meno esplicito che la storia italiana consegnava ai lettori vittoriani era che l’Inghilterra contemporanea rappresentava oggi quello che l’Italia era stata per il mondo nell’epoca medioevale o rinascimentale. Il suo studio offriva riflessioni sulle ragioni di tale splendore (che poteva dar adito a un certo autocompiacimento da parte del pubblico per il benessere e la superiorità civile del proprio paese), ma anche sulle possibilità più o meno imminenti e sulle ragioni che avrebbero potuto causare un declino. L’idea che l’età vittoriana rappresentasse un nuovo Rinascimento, d’altra parte, era rafforzata dal diffondersi di una architettura pubblica e privata che a Londra come a Manchester imitava i palazzi fiorentini. Allo stesso tempo, la storiografia britannica su Medioevo e Rinascimento e l’arte, inclusa quella dei Preraffaelliti, reinterpretava tali secoli in senso protonazionale, proiettando indietro nel tempo il patriottismo dell’Italia ottocentesca.
Anche il Risorgimento italiano dunque rappresentava un secondo Rinascimento, un revival della civiltà italiana dopo secoli di decadenza. Come scrisse Symonds, a conclusione dell’ultimo volume della sua opera sul Rinascimento, concentrato sulla decadenza della cultura italiana prodotta dalla controriforma, «Graziea Dio io che scrivo queste pagine, tu che le leggi, abbiamo davanti a noi in quest’anno di grazia lo spettacolo di un’Italia risuscitata!».