Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  febbraio 28 Domenica calendario

QUANDO SIMENON FACEVA IL COWBOY

Una storia che rimanda ai tempi in cui il West era ancora un posto violento e senza legge, in cui malgrado già si sentisse il rombo di motori delle prime automobili continuava a essere lecito ammazzare un uomo armato, mentre l’uccisione di un cavallo altrui era punita con l’impiccagione immediata. Territorio di Cormac McCarthy? Sì, ma il romanzo in questione è, sorprendentemente, firmato Georges Simenon. E pur prestandosi poco, forse, a un trattamento in chiave epica, sarebbe piaciuto in modo particolare a Sergio Leone per il suo tema così classico del genere e in particolare del regista di Il buono, il brutto e il cattivo: il tema cioè dell’amicizia tradita e del lungo e doloroso percorso che gli ex sodali debbono compiere per sanare una ferita rimasta aperta attraverso i decenni.
Ormai sessantottenne, John Evans detto Curly John non ha mai cessato di rimuginare quanto gli accadde ben 38 anni prima, quando solo la sua prontezza nel rispondere al fuoco lo salvò dall’imboscata tesagli da un sicario, e subito dopo apprese la fine dell’alleanza con il suo coetaneo, socio e compagno di avventure Andy Spencer. Inopinatamente questi, in occasione delle proprie nozze con la figlia di un uomo molto ricco, annunciò di voler annullare il patto che lui e John avevano vergato adolescenti e firmato addirittura col sangue, giurando di condividere per sempre i frutti delle loro iniziative future. Dopodiché, a spartizione avvenuta, John apprese che nella fetta di ranch toccata a Andy era stato trovato un giacimento ricchissimo. Pur non avendo prove tangibili della malafede dell’amico, John ruppe allora i rapporti con lui né mai più li riprese, pur continuando entrambi a gravitare intorno alla stessa cittadina; e da lontano assistette alla scalata di Andy, partner di molte imprese lucrose fino a diventare un tycoon di portata nazionale.
Oggi John, con ancora la bocca amara, entra casualmente in possesso del baule coi documenti di un losco personaggio dei vecchi tempi morto senza eredi, un ingegnere minerario che guarda caso fu il primo, se non a scoprire, a intuire il valore del giacimento poi finito nelle mani di Andy. E in questo baule c’è una lettera in cui qualcuno comunica a qualcun altro la decisione di tendere un’imboscata - quella imboscata! - all’ignaro John. La lettera dimostra che un mandante volle far togliere di mezzo John Evans, ma non sembra possibile stabilire chi costui fosse, in quanto i nomi di destinatario e scrivente sono illeggibili. In ogni caso il documento getta John in uno stato di grande inquietudine e lo spinge a mettersi in caccia di quella verità che ha cercato di ignorare per tanto tempo. Alla sua maniera un po’ goffa ma decisa, l’anziano allevatore intraprende dunque una indagine che lo porta a rivisitare zone del passato remoto e a interrogare superstiti. Nel frattempo il suo ex amico Andy sta subendo un imprevisto tracollo finanziario, che lo porta addirittura davanti a una commissione d’inchiesta federale...
Con eleganza il creatore di Maigret rende omaggio al mito della frontiera partendo dalla propria esperienza personale. La storia si svolge infatti nel 1947, l’anno in cui Simenon fu in America, e i luoghi sono quell’Arizona nella quale lo scrittore soggiornò: piccoli centri dove la domenica si va in chiesa in calesse (proprio per condurre la sua inchiesta John si decide a acquistare un’autovettura e ad assumere un giovane cowboy come autista), e dove il passato sregolato e violento è ancora un ricordo molto vivo. Il risultato, diversamente da altri romanzi di Simenon, non è tanto un giallo in cui per risolvere l’enigma il lettore ha gli stessi elementi del poliziotto, quanto un’inchiesta, dove apprendiamo quello che apprende il protagonista di pari passo con lui. Così durante il percorso verso l’atteso dénouement finale, con un risvolto che non si deve rivelare, la vita e i fermenti dei tempi eroici, spesso disonesti e spietati, riemergono agli occhi stupiti di John, che da ragazzo ingenuo e entusiasta ne aveva ignorata una gran parte mentre ora vede ricomporsi il quadro di una società inquieta, avida e feroce, tra saloon, giocatori d’azzardo, speculatori di ogni tipo e cinici sfruttatori: fantasmi fortemente presenti in questi luoghi, per i quali l’autore prova una affascinata curiosità che trasmette al lettore da par suo.