Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Oggi è il 1° dicembre, la parola dicembre evoca il Natale, la parola Natale evoca i regali, la parola regali fa venire in mente che quest’anno, con la crisi, gireranno molti meno regali, dunque il Natale si annuncia triste, molto triste…
• È così?
Mica detto. Siamo stati sommersi da sondaggi che a forza di percentuali descrivono con sicurezza la miseria che ci circonda. Un piangersi addosso impressionante. Per esempio la Confcommercio, l’associazione che riunisce i padroni dei negozi: i consumi caleranno dell’1%, se non dell’1,5%, gli italiani investiranno in acquisti solo otto miliardi (tutti prevelvati dalle tredicesime), anche se il fatturato complessivo risulterà più alto di un punto o un punto e mezzo, per i poveri commercianti significherà una perdita secca perché rispetto all’anno scorso l’inflazione sta al 2,5. Gli si chiede: che cosa compreremo? Rispondono: il cesto di Natale, la macchina per il caffè, i rasoi, le tivù a schermo piatto (a proposito, in America lo schermo piatto va forte, BestBuy venerdì scorso vendeva tv al plasma da 49 pollici a 630 euro). Regge la roba costosa, dato che ai ricchi la crisi fa un baffo, reggono i giocattoli perché con i bambini come si fa?, giù abbigliamento e libri, deludente l’elettronica, pessimi piante e fiori. Gli risponde il Codacons, cioè i consumatori dell’avvocato Carlo Rienzi: «Ma quale meno 1%, gli acquisti di alimenti scenderanno del 5%, quelli di giocattoli del 10%, quelli dell’abbigliamento del 20%, liberalizzate i saldi piuttosto» eccetera.
• Dobbiamo spararci?
Ieri i nostri tavoli sono stati sommersi da previsioni, tabelle, indagini e questionari. Si leggono anche delle amenità, rifilate ai poveri redattori con aria serissima. Per esempio, quelli di Elation, che fanno affari con i regali, dicono che «l’incertezza generale, comunque percepita, […] porterà ad avere come driver degli acquisti sui regali l’utilità in primis e successivamente il rapporto qualità/prezzi». A parte quel driver degli acquisti, che meriterebbe l’intervento dei carabinieri, ma l’anno scorso gli italiani badavano forse soprattutto all’inutilità dell’oggetto da regalare e si industriavano a far sì che costasse molto ma valesse poco?
• Non dobbiamo credere ai sondaggi?
Beh, una prima considerazione riguarda l’inflazione. I prezzi sono scesi e probabilmente i commercianti ci andranno piano, quest’anno, prima di applicare i furbi rincari con cui ci hanno vessato negli anni scorsi. Il rischio che la gente non entri in negozio alla fine è concreto. Ma il caso americano è istruttivo: per tutto ottobre e novembre si è preconizzata la catastrofe, e cioè la fuga dallo shopping e specialmente sotto Natale. Appuntamento per il Black Friday, il venerdì successivo al Giorno del Ringraziamento, dedicato per tradizione agli acquisti da mettere sotto l’albero. Tra parentesi: si chiama ”Black Friday”, cioè ”Venerdì Nero”, perché è il giorno chiave del commercio statunitense, quello che fa il 40% del fatturato di tutto l’anno, quello che dovrebbe portare i conti dei negozi da rossi a neri. Questo Black Friday cadeva venerdì scorso…
• Com’è andata?
Lei sa già, perché Gazzetta ne ha parlato ieri, che un commesso trentaquattrenne di Wall Mart a Long Island è morto schiacciato dalla folla che premeva per entrare. Questa notizia terribile ci dice però che «il mercato dei regali di Natale si presentava con una domanda molto sostenuta» come direbbero gli economisti. Sulle prime è parso che, nonostante le file anche di cinquemila persone cominciate fin da mezzanotte, i risultati non sarebbero stati così soddisfacenti. I commercianti affrontano il Black Friday buttando giù i prezzi e quest’anno hanno spinto sugli sconti fino a offrire merce con tagli del 50 o addirittura del 70%. Quindi non è detto che la ressa, a saldo, rappresenti un profitto. Beh, i primi dati, diffusi ieri, sono confortanti: ShopperTrack Rct, che ha messo sotto osservazione 50 mila operatori, parla di un aumento del venduto del 3%.
• Proprio gli americani? Non erano quelli che stavano peggio di tutti?
Potrebbero aver messo la testa a posto. In California sono sparite le carte di credito e la gente ha comprato soprattutto con i contanti. BestBuy ha finito i soldi per il resto prima che aprissero le banche! Teniamo presente questo punto, però: gli americani fanno gli sconti prima delle feste e non dopo, come capita da noi. Significa qualcosa? Potrebbe servirci da lezione? Pensiamoci. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 1/12/2008]
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