Pierangelo Sapegno-Antonella Mariotti, La Stampa 1/12/2008, 1 dicembre 2008
PIERANGELO SAPEGNO
MILANO
Nicoleta si sposò un giorno qualunque del 2005, mese di settembre. «Io avevo 20 anni. Mio marito 47». Ma se le chiedi come si chiama lui, non se lo ricorda neanche. Non l’ha più visto da allora. Era un barbone, «sarà tornato a dormire sotto qualche ponte», dice. Gliel’avevano presentato qualche giorno prima i suoi protettori, che avevano organizzato tutto: «un tipo sporchissimo, vestito con degli stracci, con la barba lunga e i pidocchi. Faceva senso. Sembrava che non si fosse mai lavato in vita sua».
Alla sua amica Erika, invece, avevano regalato un tossicodipendente: il giorno del matrimonio aveva preso la sua bella dose in omaggio e barcollava con aria interrogativa senza capire bene che cosa stesse facendo. Nicoleta e Erika erano arrivate da Bucarest a Torino 6 mesi prima come schiave del racket. Per non farle tornare a casa con il foglio di via le avevano obbligate a sposarsi, ma quando Erika aveva visto il suo promesso sposo era scoppiata in lacrime e aveva urlato che lei quello lì non lo voleva vedere neanche in cartolina. I boss erano venuti in camera e l’avevano picchiata a sangue. O così o così: matrimoni obbligati. Sede, Beinasco. Da allora sono passati 4 anni. Nicoleta ora vive a Milano, «assieme a un perito chimico». Ha fatto la cameriera in un ristorante. Ha denunciato i suoi sfruttatori. E ha chiesto l’annullamento del matrimonio, perché finto. Niente da fare. Non si può.
Così va il mondo, e questa è la legge. L’avvocato Sara Negri, che difende Nicoleta, spiega come «l’elemento probatorio sia decisivo per far cadere il matrimonio simulato». E qui manca la prova principe, cioè il marito con le pulci, scomparso sotto chissà quale ponte. Allora, «ho tentato con la nullità: un matrimonio avvenuto contro la volontà di uno dei protagonisti non è valido». Bocciata anche così. «Il giudice mi ha spiegato che è una linea di condotta: poi diventa troppo facile sposarsi solo per prendere una scorciatoia e annullare quando si vuole». Ultima strada: la causa penale. Nicoleta si rivolge all’avvocato Lorenzo Zacchero: «Nella causa civile lei è parte, deve portare le prove, e non può essere testimone. Nella causa penale è persona offesa e quindi può testimoniare. E le prove le cerca tutto l’apparato della polizia giudiziaria».
Comunque vada a finire, la storia di Nicoleta è emblematica di un fenomeno che per ora appare quasi senza soluzione. Anche nel Regno Unito il clero anglicano ha lanciato l’allarme dei matrimoni irregolari, perché, dicono, «in alcune diocesi sono addirittura quintuplicati». In Italia non ci sono delle stime precise. Secondo un documento del Pdl, non si sa quanti sono, «ma solo uno su tremila viene scoperto». A Milano da gennaio 2008 a oggi sono stati celebrati 1950 matrimoni civili: di questi uno su 5 coinvolge almeno uno straniero. A voler pensar male, si potrebbe ritenere che circa 400 siano quelli sospetti. Per sposarsi sono sufficienti un passaporto, il nulla osta del proprio consolato, e le spese di cancelleria: in tutto 5,14 euro. Poi, però, nel caso dei matrimoni combinati ci sarebbero le spesa extra.
Un’inchiesta del pm Giovanni Narbone avrebbe scoperto che i finti sposini vengono pagati almeno 4mila euro, o anche di più. L’ultimo caso è avvenuto a Palazzo Dugnani, il 14 giugno di quest’anno: due mariti egiziani con la loro sposa rumena. Ma quando la celebrante, Beatrice Uguccioni, ha chiesto ai futuri mariti come si chiamavano le spose e da che paese venivano, loro non sapevano neanche cosa dire. Sul tavolo di Narbone ci sono almeno una decina di episodi simili, e, come sostiene il consigliere del pd Andrea Fanzago, «si tratta quasi sempre di donne rumene che venderebbero la loro appartenenza alla comunità europea». Il problema, poi, è che la simulazione di matrimonio non è reato. Così ai finti sposi il pm di Milano si limita a contestare l’articolo 495 del codice penale: «falsa attestazione a un pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o di altri».
Potrebbe essere anche per questo che i matrimoni finti continuano ad aumentare e nascono come funghi un po’ dappertutto. A Modena erano nomadi italiane, anche piuttosto attempate, che sposavano degli extracomunitari, facendosi pagare tra i 6 e i diecimila euro per dire sì e salutare la compagnia. Il 25 agosto del 2008 il blitz della polizia ha bloccato tre matrimoni. Solite scene, con i mariti egiziani che cadevano dalle nuvole: «Sono così agitato che non mi ricordo più come si chiama lei». L’indagine scattata da quella operazione riguarda almeno venti matrimoni: e in alcuni casi le future mogli avevano 60 o 70 anni. I mariti, tutti venti o poco più. Questa volta la magistratura punta al racket, cercando di provare «l’esistenza di una organizzazione finalizzata all’introduzione di clandestini in Italia tramite nozze simulate a pagamento».
Che sia il racket o no, però qualcosa di strano accade attorno a questi matrimoni combinati. Quando Sara Negri andò al comune di Beinasco per chiedere il certificato di nozze di Nicoleta, una delle impiegate le fece cenno di seguirla in una stanza. Poi chiuse la porta: «Io me lo ricordo bene quel matrimonio, era una cosa incredibile. Queste due ragazze carine con dei mostri impresentabili. Uno che barcollava e l’altro con l’alito di vino che bucava i muri». Il marito gliel’avevano lavato quel giorno, dice Nicoleta: «Non so dove, ma gli avevano fatto una doccia e gli avevano comprato un vestito decente». Tutti i testimoni erano come lui: residenti in casa comunale, cioè senza fissa dimora. Ma come?, e nessuno disse niente?, protestò Sara. L’impiegata alzò le spalle: «Boh. C’era anche un vigile lì».
Avvocato ma lei non crede che io sia bello? Ma è sicuro che Kathrina non fosse innamorata di me?». La coppia in fase di rottura nello studio di Gian Ettore Gassani, matrimonialista, per le pratiche della separazione era piuttosto particolare: lei 22 anni e lui 81, lei bielorussa e lui italiano al primo matrimonio.
Quanti di questi casi dovete affrontare negli ultimi tempi?
«Troppi direi. E i numeri crescono sempre di più. Il fenomeno dei matrimoni misti è triplicato negli ultimi dieci anni, e di conseguenza anche i problemi legati alle separazioni e non solo per casi estremi come quello dell’anziano con la ragazza dell’Est. Ma ci sono truffe vere e proprie dove la ”parte italiana” è ben consapevole di quello che fa».
A che cosa si riferisce? Matrimoni combinati per ottenere la cittadinanza?
«Esatto. E se spesso l’uomo anziano crede davvero che il matrimonio con la badante che viene dell’Europa dell’Est sia ”vero”, per la donna italiane le cose stanno diversamente».
In che senso?
«Diciamo che le signore italiane di una certa età sono molto più furbe e si fanno pagare per il matrimonio. Le tariffe variano tra i diecimila e i ventimila euro: insomma le pensionate sono tutt’altro che ”ingannate” dall’extracomunitario e ci guadagnano, compiendo il reato di favoreggiamento di immigrazione clandestina».
Ci sono cifre su questi casi?
«Direi che un quinto dei matrimoni tra donne italiane di una certa età e per esempio i nordafricani sono unioni-truffa: i dati esatti possono averli solo le procure. Ma tra i problemi più gravi ci sono anche le sottrazioni di minori in crescita esponenziale».
Cioè?
«Le unioni miste, anche quelle senza inganno, finiscono male nel 75 cento dei casi per problemi culturali. Questo emerge nelle aule di giustizia. E finisce che il coniuge straniero esce dall’Italia portandosi via il figlio, nel caso delle mogli dell’Est e dei mariti di fede musulmana che ritornano nei loro paesi di origine facendo perdere le loro tracce. Così bambini italiani a tutti gli effetti, con amicizie italiane, e cresciuti nella nostra cultura vengono sradicati».
Come si può evitare con norme più severe sui matrimoni misti?
«Basterebbe organizzare corsi prematrimoniali anche per unioni civili. Se due italiani si sposano sono in qualche modo costretti al corso dal parroco. Ci deve essere un intervento dei servizi sociali perché il fenomeno delle separazioni nei matrimoni misti è ormai a livelli tali da ingolfare i tribunali: a Roma una separazione su tre riguarda coppie miste. E’ ormai un’emergenza, e sta interessando anche altre grandi città come Milano e Torino».
ANTONELLA MARIOTTI