Business Week, 1 dicembre 2008, 1 dicembre 2008
Dei tre amministratori delegati dell’industria dell’auto americana che stanno chiedendo aiuto al Congresso, quello di General Motors, G
Dei tre amministratori delegati dell’industria dell’auto americana che stanno chiedendo aiuto al Congresso, quello di General Motors, G. Richard Wagoner jr., è il più a rischio. I politici ripetono che un cambio al vertice di Gm è urgente, i commentatori continuano a chiedere la testa di Wagoner dalle pagine dei giornali. Per settimane Wagoner ha detto che sarebbe rimasto in carica nonostante i 34 miliardi di dollari di perdite degli ultimi 3 anni. Ma dopo l’incontro al Congresso del 19 novembre, ha spiegato ai giornalisti di essere pronto a fare un passo indietro per il bene di Gm. Se l’ad si dimetterà, Gm probabilmente arruolerà un interno, come il presidente Frederick A. "Fritz" Henderson. Henderson, che ha passato in Gm metà dei suoi 49 anni di età, è una creatura di Detroit. Come Wagoner ripete da mesi che gli sforzi per ristrutturare Gm permetteranno all’azienda di tornare florida quando l’economia migliorerà. Ma Henderson non è Wagoner. L’attuale ad è misurato e pacato, il suo probabile successore è franco e diretto. Affronta i problemi con energia e rapidità, ed è per questo che in questi anni gli sono stati affidati compiti difficili. intervenuto per risollevare la divisione europea di Gm, in perdita da anni: ha annunciato 12 mila esuberi ed ha lavorato per introdurre il marchio Chevrolet nel Vecchio Continente: e nel 2006 il gruppo europeo ha fatto utili per 357 milioni di dollari. Quindi ha semplificato la strategia di Gm in Asia, concentrandola unicamente su Chevrolet. Tornato tre anni fa a Detroit, Henderson ha passato il tempo a negoziare con i sindacati consentendo a Gm di risparmiare miliardi di dollari all’anno. E ora che è evidente come Gm possa risollevarsi iniziando a tagliare almeno tre dei suoi otto marchi, alcuni ricordano come proprio Henderson, intervistato da Business Week, due anni fa avesse ricordato che ”nessun marchio ha il diritto divino di esistere”.