Federico Geremicca, La Stampa 1/12/2008, 1 dicembre 2008
Mentre la polemica intorno all’aumento dell’Iva per le pay-tv spacca il mondo politico, alle prese con l’ennesimo caso di conflitto d’interessi del premier, in arrivo dalla periferia nuvoloni scurissimi s’addensano sul maggior partito d’opposizione
Mentre la polemica intorno all’aumento dell’Iva per le pay-tv spacca il mondo politico, alle prese con l’ennesimo caso di conflitto d’interessi del premier, in arrivo dalla periferia nuvoloni scurissimi s’addensano sul maggior partito d’opposizione. La drammatica vicenda dell’assessore napoletano Nugnes, offrendo l’occasione di rielencare i più recenti casi di malapolitica e corruzione nella gestione del potere locale, conferma un dato non contestabile. La predisposizione a ruberie e malaffare attraversa ormai orizzontalmente entrambi gli schieramenti, così da aver tolto alla sinistra (e alla destra del tempo che fu) il rivendicato e presunto monopolio in materia di «questione morale». Non è una gran scoperta - si osserverà - ed è probabile sia così. Il problema è, però, che c’è chi ancora fatica a trarne tutte le conseguenze. L’inchiesta di Napoli (e un’altra, ancor più pesante, che sarebbe sul punto di esser chiusa nel capoluogo campano) per il Pd rappresenta solo l’ultima pietra di un «rosario» di scandali giudiziari che sta flagellando amministrazioni e partito, da Nord a Sud. Genova con l’indagine sulle mense, l’Abruzzo con l’arresto di Del Turco, Firenze con due assessori nel mirino (uno dei quali, Graziano Cioni, in corsa per il dopo Domenici), Crotone con le indagini su politica e ”ndrangheta sono i casi più noti di questa catena di guai. Ma in Comuni più piccoli, quelli che di rado conquistano le prime pagine dei giornali, non è che le cose vadano diversamente. E così, se ce ne fosse bisogno, le vicende degli ultimi mesi testimoniano che davvero la «questione morale» non ha più paladini immacolati. Dovrebbe discenderne che sulla «questione morale» è impossibile per chiunque costruire una politica, e tentare di raccogliere consensi. Non è un bene, naturalmente. Però è un fatto. Che fa a pugni, talvolta, con certe presunzioni di «diversità» che ancora affollano, per esempio, il cosiddetto «immaginario veltroniano». Non è qui tanto in causa il frequente richiamo a certo berlinguerismo di maniera, oppure l’evocare il tema come aspirazione e meta cui tendere (l’onestà dovrebbe pur essere un prerequisito nella selezione delle classi dirigenti!): è in discussione, più concretamente, il riproporre oggi - facendone discendere opzioni politiche - un’attuale, presunta diversità. Qualcuno forse ricorderà quale fu lo slogan che segnò (un mese fa) la grande manifestazione del Circo Massimo, a cui centinaia di migliaia di militanti accorsero alla ricerca di indicazioni politiche che dessero certezze dopo le polemiche dell’estate: «esiste un’altra Italia» (sottinteso: quella onesta e pulita del Pd). E secondo molti è ancora in questa fascinazione da «questione morale», da partito «diverso», che va cercata la chiave della discussa e disastrosa alleanza (col senno di prima e anche con quello di poi...) con l’Italia dei Valori di Tonino Di Pietro. In verità, la «via etica» alla conquista del governo del Paese avrebbe dovuto essere definitivamente accantonata già prima della deprimente sequela di scandali e indagini di questi mesi: essendo stata proprio la presunta «superiorità morale» nei confronti dell’avversario politico il cemento di quell’antiberlusconismo così criticato da Walter Veltroni. A maggior ragione dovrebbe esserlo dunque adesso, nonostante le ripetute tentazioni offerte da quel che a volte accade nello schieramento avverso. Inoltre, è noto che la micidiale logica cosiddetta «giustizialista» può comportare prezzi alti e, soprattutto, non ammette cedimenti e deviazioni. Per esser chiari: nessuno può oggi contestare al leader del Pd i comportamenti (a volte risalenti al passato) di questo o quell’amministratore locale, ma certo gli si può chiedere di esser conseguente. In questo senso, anche se passata quasi sotto silenzio, la decisione del leader democratico di permettere a Graziano Cioni - nonostante tutto - di partecipare alle primarie per la scelta del candidato sindaco a Firenze è incomprensibile. Il garantismo, qui, c’entra poco. La scelta, infatti, è discutibile e contraddittoria non solo sul piano etico (che pure dovrebbe avere un rilievo), ma anche su quello politico. Che segnale manda ai cittadini e che forza avrebbe - in caso di vittoria alle primarie - la candidatura di Cioni, indagato per corruzione, a sindaco di Firenze? Insomma, di fronte alla catena di scandali che va in scena in provincia, nessuno può chiedere a Veltroni di rispondere di scelte passate: ma di esser coerente con le affermazioni di oggi, questo almeno sì. Stampa Articolo