10 giugno 1981
Rapito Roberto Peci
«spia infame» per le Br
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Come interpretare il discorso che il Papa ha pronunciato ieri rivolgendosi ai nuovi ambasciatori accreditati presso la Santa Sede, a cui Benedetto ha creduto urgente far sapere che si deve «adottare complessivamente uno stile di vita rispettoso dell’ambiente e sostenere la ricerca e lo sfruttamento di energie appropriate che salvaguardino il patrimonio della creazione e siano senza pericoli per l’uomo»? In Italia, domenica e lunedì, si votano quattro referendum e uno di questi riguarda il nucleare: il pontefice ha voluto dire che il nucleare non è un’energia appropriata? Benedetto, tenendosi a discorsi generali («l’ampiezza delle catastrofi ci interroga», «è l’uomo che viene prima», «i prodigi di cui è capace la tecnica vanno di pari passo con i disastri sociali ed ecologici», «la tecnica genera orgoglio»), ha anche dato un’indicazione di voto?
Mi viene buona questa domanda: i referendum sono
un fatto tecnico o anche politico? Questi referendum, per esempio: c’è un
contenuto politico?
C’è sempre un contenuto politico. La legge che
regola i referendum fu varata all’inizio degli anni Settanta con lo scopo di
abrogare il divorzio, inopinatamente approvato in Parlamento contro l’opinione
del partito dominante – la cattolica Dc – grazie a un’iniziativa congiunta dei
partiti laici, e in particolare dei liberali e dei radicali. La legge nacque
quindi con un intento politic impedire al nostro stato di vestire un abito
meno confessionale. La lunga sequenza dei referendum successivi (alcuni dei
quali capitali: aborto, scala mobile, nucleare, preferenza unica) dice che la
consultazione referendaria ha sempre un contenuto politico forte. Quindi, anche
questi di domenica prossima: il raggiungimento del quorum e una quota
schiacciante di sì sarebbe un colpo per il governo. Del resto, è stato proprio
Berlusconi a caricare la consultazione di senso politico.
Perché?
Berlusconi ha fatto di tutto per depotenziare i
referendum, segno che gli attribuiva grande importanza. Prim ha evitato –
d’accordo con Maroni – che i referendum si svolgessero insieme alle elezioni
amministrative, concomitanza che avrebbe garantito il raggiungimento del
quorum. Questa mossa è costata, al bilancio dello Stato, 350 milioni, non
pochissimo in un momento come questo. Second ha cancellato, con un articolo
inserito nel decreto Omnibus, le precedenti norme sul nucleare, dato che dopo
Fukushima era facile prevedere una mobilitazione di massa per dire no alle
centrali. E però s’è riservato due commi per ripensarci l’anno prossimo e, a
causa di questo, la Cassazione ha stabilito che al quesito sul nucleare gli
elettori dovranno rispondere lo stesso. Il Cav era indifferente a questa mossa?
No, perché ha fatto ricorso alla Consulta (perdendo). Terz sia Berlusconi che
Bossi hanno lasciato libertà di coscienza agli elettori, volendo rappresentare
in questo modo una pretesa indifferenza rispetto al risultato. Ma hanno poi
negato questa indifferenza annunciando, tutti e due, che non sarebbero andati a
votare. Comportamento legittimo, ma grave per un politico. Politici che si
rifiutano di votare negano la stessa regola del gioco che li fa esistere.
Come nasce questa faccenda del quorum?
Il legislatore stabilì il quorum per evitare
referendum su materie da poco. Deve votare il 50% +1, se no il risultato non è
valido. I radicali hanno scassato il sistema organizzando referendum di massa,
anche otto per volta, su questioni importanti sì sul piano dei princìpi, ma
poco capaci di scaldare i cuori. Dalla metà degli anni Novanta, non c’è
referendum che raggiunga il quorum. L’istituto sembrava morto, e adesso invece
vive di nuova vita perché le probabilità di superare il 50% dei votanti
sembrano più alte del solito.
Come mai?
Il nucleare e il desiderio di mandare a casa
Berlusconi che nel paese sembra a questo punto piuttosto forte. Uno dei
referendum è proprio antiberlusconiano, quello relativo al legittimo
impedimento. Se si raggiungesse il quorum e una notevole maggioranza votasse
per l’abrogazione sarebbe difficile non dare una valutazione anti-berlusconiana
al voto. La Lega non ha ancora chiarito che cosa vuole fare della sua alleanza
con Berlusconi proprio perché aspetta i risultati di domenica e lunedì.
Ma è giusto che la soluzione di problemi di
questa importanza sia affidata a un popolo poco informato, a una conta di “sì”
e di “no”?
La tenacia con cui si insegue – da parte di chi
starebbe dalla parte del “no” – l’obiettivo del non quorum, impedisce un
impegno informativo completo, totale, che aiuti a farsi un’idea del problema
sul tappeto. L’affidarsi al popolo è il fondamento della democrazia che lo
stesso Berlusconi ha tante volte divinizzato. Sarebbe strano metterlo in
discussione proprio adesso. [Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 10 giugno 2011]
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