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 2011  giugno 10 Venerdì calendario

Fofi, l’eretico di sinistra contro la sinistra errata - Colto, curioso, intel­ligente, e fazioso

Fofi, l’eretico di sinistra contro la sinistra errata - Colto, curioso, intel­ligente, e fazioso. L’intellettuale per­fetto. Goffredo Fo­fi, che come tutti i veri intellettuali detesta l’ intellighenzia , è una delle menti più lucide della sini­­stra, ed è forse per questo che la disprezza. Eterno contestato­re, il critico militante che per de­cenni ha contribuito a dettare le linee letterarie e cinemato­grafiche della Sinistra oggi am­mette la sua delusione per il ’68; irride quello che fu il princi­pale laboratorio di cervelli pro­­gressisti, ovvero il Dams e i suoi laureati («al Festival di Venezia il pubblico dominante sono lo­ro, e ridono quando c’è da pian­­gere e viceversa, battono le ma­ni­quando c’è da fischiare e vice­versa: schiavi delle ultime mo­de, hanno gusti “barbarici”»); prende le distanze dai mamma­santissima della politica, del giornalismo e della cultura del­la sinistra «ufficiale», tutti com­plici prezzolati di un regime or­mai trentennale (dieci anni di craxismo e venti di berlusconi­smo), che compiacciono o ac­cettano senza reagire; e sma­schera il «vuoto di valori» e la «pochezza dei progetti» di una sinistra «che oggi è talmente di destra da non far più nemme­no­parte dell’Internazionale so­cialista! ». Del resto, come scrive nel pez­zo- manifesto che sta al centro della sua nuova raccolta di scrit­ti, Zone grigie ( Donzelli), per Fo­fi siamo ormai in presenza di tre culture dominanti: «la cultu­ra di destra, la cultura della “zo­na grigia” - quella dominante, la zona di chi vede solo con gli occhi del “particulare” e si la­scia volentieri dirigere da altri ­e la cultura di infime minoran­za di non- consenzienti... La cul­tura di sinistra invece è morta da tempo». E, qualche tempo fa,in un’intervista era arrivato a dire:«In questo detestabile pre­sen­te è più vitale l’orrore berlu­sconiano che almeno ci tiene svegli, del soporifero conformi­smo di sinistra ». Eretico e impie­toso. Abituato a diffidare del to­gliattismo ai tempi di Togliatti e del veltronismo ai tempi di Vel­troni, Goffredo Fofi ha pesantis­simi dubbi anche sulla sinistra «pseudo-nuova»,la super-sini­stra di governo e di opposizio­ne, «negata sia alla concretezza che alla coerenza tra i fini e i mezzi», capeggiata da leader «più yankee di Obama e più ca­­pitalisti di Marchionne». Un ri­tratto perfetto. Straniero nelle patrie lettere, come la sua rivista ignorata nei salotti intellettuali, Fofi è a suo modo un profeta. Inascoltato. Scrive le cose peggiori che si possano leggere sulla sinistra «che si è fatta complice volonta­ria o “innocente” del disastro antropologico e morale del Pae­se », e nessuno, da sinistra, ha il coraggio, o la decenza, di ri­spondere. Affetta dall’ormai no­to e notoriamente inguaribile complesso di superiorità mora­le e culturale, l’ intellighenzia non ama le voci critiche, tanto meno se sussurrate dentro le mura di casa, e così si tappa le orecchie, mentre vorrebbe cu­cirgli la bocca. E dalla bocca di Fofi- an­tiberlusconiano radica­le, antiamericanista vi­scerale, anticapitalista to­tale - fuoriesce un lungo, sofferto, impietoso la­mento per il conformi­smo e la viltà dell’Italia di oggi, di destra (ed è scon­tato per chi è convinto di appartenere a una mino­ranza ereticale) e soprat­tutto di sinistra. Critico dalla vocazione minorita­ria, animatore di riviste elitarie come Quaderni piacentini e fondatore di fogli corsari come Linea d’om­bra , Goffredo Fofi da Gubbio fa a fette l’«orribile buonismo di Roberto Benigni», il «compa­gno Veltroni» che ha regalato Roma alla destra, la sinistra «obamista», la riduzione del­l’area progressista a «un mani­polo di neostalinisti e a un bran­co di “vendicatori” capitanati da Di Pietro», il giornalismo (tutto,di destra e di sinistra)«re­sponsabile principale del disar­mo morale e civile del paese», l’editoria (tutta,di destra e di si­nistra) «trasformista per voca­zione commerciale, spudorata­mente fedele al primato del mercato ma col bisogno di dar­si titoli di nobiltà chiamando la merce cultura»,la moda-osses­siva dei festival e saloni cultura­li, da Mantova a Torino, dove «si consumano delle idee al­trui, perlopiù delle idee qualsia­si ».Addirittura-una vera dissa­crazione della sinistra engagé di lotta e di palcoscenico- irride l’agitazione della corporazione dei cento e più autori per i tagli del Fus, «che ha molte ragioni, anche se non tutte sacrosante», visto che «spesso i denunciato­ri non sono tanto più onesti dei denunciati» e che setacciano denaro dallo Stato da sempre «per mantenere in piedi carroz­zoni di intrattenimento di ogni specie e colore». E Fofi ha detto «intratteni­mento ». Anche se la sinistra fa finta di capire «Cultura».