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 2011  giugno 10 Venerdì calendario

REFERENDUM DELLA DISCORDIA

Le sottopongo questa mia non peregrina osservazione che, credo, potrebbe essere utile a chi cerca di orientarsi nei meandri del voto referendario. L’art. 48 della Costituzione italiana è limpido e inequivocabile: il voto «è un dovere civico» . L’art. 75, sul referendum abrogativo, non è in contraddizione con il 48 ma, certamente, non codifica e non santifica in nessun modo l’astensione. Neppure la riconosce come «diritto» ; semmai, come facoltà. Chi si astiene concorre all’eventuale fallimento del referendum per mancanza di quorum ma, certamente, non ha adempiuto al dovere civico di votare e neppure al compito politico di difendere esplicitamente con un «no» secco e visibile le leggi oggetto del referendum.
Gianfranco Pasquino
Bologna

Caro Pasquino,
Lei mi invita a una riflessione che è al tempo stesso una dichiarazione di voto. Ecco ciò che penso dei referendum su cui siamo chiamati a votare domenica prossima. Penso anzitutto che nessun Paese (e meno che mai l’Italia, così dipendente dall’importazione di energia) possa privarsi del diritto di ricorrere un giorno all’energia nucleare. Capisco le preoccupazioni e le diffidenze di una grande parte della pubblica opinione. Capisco l’orrore provocato dalla recente tragedia giapponese. Ma l’esclusione del nucleare dall’orizzonte di un Paese moderno mi sembra una tragica automutilazione. Che cosa diranno e faranno i nostri figli e nipoti quando constateranno che i drammi di Three Mile Island, Cernobyl e Fukushima avranno permesso di mettere a punto sistemi molto più sicuri? Che cosa diranno quando si accorgeranno che i Paesi più avanzati avranno trovato una soluzione al problema delle scorie? Che cosa penseranno di noi quando constateranno che la rinuncia al nostro nucleare non ci renderà comunque meno vulnerabili al nucleare degli altri? Sulla cosiddetta privatizzazione dell’acqua mi basta rinviare il lettore all’editoriale di Massimo Mucchetti sul Corriere della Sera di ieri e ripeterne le conclusioni: «Per fermare le dispersioni, assicurare acqua corrente ai dieci milioni di cittadini che l’hanno a intermittenza, collegare alle fogne e ai depuratori il 20-30%che è isolato, servono investimenti dai 65 ai 120 miliardi di euro» . Come realizzare queste opere, soprattutto in un Paese che ha un debito superiore al proprio prodotto interno lordo, senza l’apporto decisivo del capitale privato? Sul legittimo impedimento posso osservare soltanto che il quesito, dopo la sentenza con cui la Corte costituzionale ha fortemente ristretto l’applicazione del Lodo Alfano, è inutile. O, per meglio dire, è utile soltanto a chi desidera esprimere la propria opposizione al governo e al presidente Consiglio. È un desiderio democraticamente ineccepibile. Ma i referendum non sono mozioni, risoluzioni, voti di sfiducia. Sono, come i diamanti, «for ever» o, quanto meno, destinati a influire lungamente sulla vita del Paese. Non si possono usare per scopi di giornata. Per queste ragioni le confesso, caro Pasquino, che sono stato tentato dall’idea di disertare le urne. Ma sono giunto alla conclusione a cui è giunto anche lei: chi ha una opinione deve esprimerla. È quello che farò domenica.