10 giugno 2011
Il nuovo premier Ricasoli è un accentratore
Lo chiamano «il Barone di Ferro». Ha un carattere duro e poco incline ai compromessi il successore di Cavour. Lunedì 10 giugno 1861, Bettino Ricasoli, nuovo capo del Governo, appena incaricato da Re Vittorio Emanuele II, rende noto che il suo «Ministero sarà composto da uomini di provata virtù e competenza, che non baderanno ad alcun interesse particolare, ma solo a provvedere a quello generale del Paese, che richiede unità senza tentennamenti». Ricasoli è intransigente, fiorentino di 52 anni, lingua tagliente. Ha sommo rispetto dell’opera politica di Cavour, ma è più centralista. Il Conte era consapevole delle differenze sociali ed economiche delle «nuove province d’Italia». Non era insensibile al progetto del suo ministro Minghetti, che caldeggiava un decentramento amministrativo su base regionale. Le particolarità del Mezzogiorno, le sue carenze, ma anche le sue ambizioni, gli suggerivano di concedere forme di autonomia, da valutare, ma non da escludere. Ricasoli è del parere opposto. Ritiene che lo Stato debba essere unitario, avere leggi univoche. Lui, che piemontese non è, estenderà l’ordinamento piemontese a tutti i territori del Regno. Non vorrà nessuna Regione, ma 59 province, affidate a un prefetto, alle dirette dipendenze del Governo, il suo. E’ una linea politica condivisa dalla borghesia industriale del Nord, che guarda al Mezzogiorno come a un vasto mercato da occupare (Maurizio Lupo, La Stampa 10/6/2011)