Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  giugno 10 Venerdì calendario

DiNardo Antonio

• 1 settembre 1946. Funzionario del ministero delle Infrastrutture indagato per gli appalti del G8 2009 • «“Di Nardo Antonio - clan Casalesi”. È il titolo dell’informativa che riferisce due note della direzione investigativa Antimafia di Napoli, una del 14 marzo 2003 e una dell´8 luglio 2003. “La società “Soa nazionale costruttori organismo di attestazione spa” con sede a Sondrio è di fatto occultamente riconducibile a Antonio Di Nardo”. Tra i soci della società figurano tra gli altri, il parlamentare del Pdl Paolo Russo e Giuseppe Mastrominico. “Quest’ultimo - scrivono i carabinieri - è cugino di Pasquale Mastrominico che, a sua volta, è cognato di Rachele Iovine, sorella del boss dei casalesi Antonio Iovine detto ‘o Ninno’”. La Direzione antimafia di Napoli descrive anche i legami tra Antonio Di Nardo e Carmine Diana, titolare della “Impregica Costruzioni srl”. “Diana - si legge nell’informativa - è ritenuto legato al noto Francesco Bidognetti, esponente dei casalesi”. E ancora: “Di Nardo è l’imprenditore che gestisce occultamente il ‘Consorzio Stabile Novus’, che ha sede a Napoli e che è associato alla ‘Opere Pubbliche e Ambiente Spa’ di Francesco Maria De Vito Piscicelli”, l’imprenditore che rideva la notte del terremoto. Per i pm fiorentini, Di Nardo “fa anche da intermediario tra De Vito Piscicelli e un certo Rocco Lamino, per la restituzione di un prestito da usura di 100mila euro”. Di Nardo, e Lamino, sono definiti in un’intercettazione dello stesso De Vito Piscicelli, “soggetti pericolosi. Da quella gente che è meglio che ci stai lontano. Se si sgarra è la fine...”» (Marino Bisso, “la Repubblica” 16/2/2010) • «Per essere un funzionario del ministero dei Lavori Pubblici, Antonio Di Nardo, finito nell’inchiesta sulla Protezione Civile, aveva frequentazioni chiacchierate. Ci sono due note della Dia di Napoli (marzo e luglio 2003, pm Raffaello Falcone) che lo collegano al clan dei casalesi. La prima ruota attorno alla Soa Nazionale Costruttori, un’impresa composta tutta da campani ma nata a Sondrio e diffusasi poi con sedi a Brugherio (Mi), Cagliari, Napoli, Caserta e Giugliano in Campania (Na): gli inquirenti la ritengono “occultamente riconducibile a Antonio Di Nardo”. Tra i soci, oltre al parlamentare del Pdl Paolo Russo, compare Giuseppe Mastrominico, cugino di Pasquale, che a propria volta è il cognato Rachele Iovine. Un legame di parentela, non difficile in un piccolo comune come San Cipriano D’Aversa (Ce), che però porta dritto all’ultimo boss latitante del clan casalese, quell’Antonio Iovene, detto “’o ninno” datosi alla macchia ben prima che il processo Spartacus ne decretasse la pena dell’ergastolo, che di Rachele è fratello. Una storia delicata quella della Soa. Il 7 maggio del 2002, Giacomo Monchieri si presenta ai carabinieri di Monza e racconta. Parte dall’inizio: dalla richiesta ricevuta da Di Nardo di contribuire alla creazione della società “alla quale avrebbero partecipato personaggi politici e dipendenti del Ministero dei Lavori Pubblici” e dei contrasti che poi sorsero, prima sui compensi, poi anche sulle procedure adottate dalla società per fornire le certificazioni alle aziende che assisteva. Fu quando i rapporti divennero insanabili che accaddero due episodi inquietanti. Il 21 marzo del 2002 “ignoti malviventi, dall’inflessione dialettale campana, aggredirono e rapinarono” Roberto Monchieri, figlio di Giacomo, nella sede milanese della Soa di Brugherio. Il 9 maggio in una telefonata minatoria, Roberto riconobbe la voce di chi lo aveva aggredito a marzo. Pochi giorni dopo il padre incontrò Paolo Russo che aveva provato a fare da paciere all’interno della società. Lo mise a verbale a Monza: Russo gli comunicò di essere in procinto di lasciare l’azienda e di non voler fare da intermediario con Di Nardo. Le sue quote, assieme a quelle di altri, finirono ai Mastrominico. [...] Un’altra amicizia di Di Nardo porta dritta nelle terre di Casal di Principe, e, precisamente, all’imprenditore Carmine Diana, titolare dell’Impregica. Nell’autunno del 2000 ilpmRaffaele Cantone si interessò di lui poiché aveva acquistato “alcuni ettari di terreno che, in realtà, erano nella disponibilità” di Francesco Bidognetti, Cicciotto ’e mezzanotte, boss oggi all’ergastolo. In quello stesso anno la sua ditta lavorava al centro direzionale di Napoli, alla “Torre B” del Tribunale. Non deve apparire più di tanto strano che nel 2003 la stessa Impregica avesse un appalto con la Provincia di Caserta. Una roba da 240mila euro che però era rimasta incagliata al Tar del Lazio per un contenzioso. È in quel periodo che l’orecchio degli inquirenti inizia ad ascoltare le conversazioni tra Diana e Di Nardo. E tra loro e un tal “Giovanni” che lavora all’Eur, ha un cellulare intestato alla Siae, e pare avere una certa influenza sul tribunale amministrativo di Roma. Le intercettazioni ci informano delle loro intenzioni: Diana vuole ottenere una sospensiva dal Tar per non essere buttato fuori dal cantiere. Dalle intercettazioni appare come i tre lavorino per ottenere un’udienza il 9 luglio del 2003 e una successiva sospensiva del procedimento. Sarà un caso, ma è proprio quello che succede (la sentenza del dicembre 2003 darà poi ragione a Diana anche nel merito). Con un piccolo giallo. Nel sito del tar dove tutto è trasparente l’ordinanza di sospensiva numero 200303356 del 9 luglio 2003 non c’è» (Eduardo Di Blasi, “l’Unità” 19/2/2010).