Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Se uno si distrae un attimo, e invece di seguire gli interessanti tormenti del Pdl, guarda verso il Pd, che cosa vede?
• Che cosa vede?
Vede la marcia trionfale di Matteo Renzi verso la segreteria, coronata dal quarto appuntamento fiorentino alla Leopolda, celebrato con migliaia di militanti arrivati da tutt’Italia e l’attenzione spasmodica dei mezzi di comunicazione. Come sappiamo, questa marcia trionfale si concluderà con le primarie dell’8 dicembre e, al momento, non sembra che gli altri tre concorrenti (Cuperlo, Civati e Pittella) abbiano qualche speranza di infastidire il sindaco di Firenze. Anche se nel discorso di ieri Renzi ha ammonito a non cantare vittoria troppo presto: «Vincere è un’espressione da non usare in generale, occhio alla sindrome New Zealand che stava avanti 8-1 e ha perso 9-8».
• Che altro ha fatto?
Lo slogan dice che i quattro punti su cui bisogna concentrarsi sono «Italia, Europa, lavoro, educazione». Le proposte vere riguardano la legge elettorale, la riforma della giustizia, un piano per il lavoro, un coinvolgimento dell’Europa nelle questioni mediterranee. Aggiungo: l’abolizione del Senato, che è evidentemente connessa alla riforma elettorale, e l’introduzione di una Camera delle autonomie. E poi un principio generale e che ha l’aria di essere davvero irraggiungibile: tutto il nostro sistema dovrebbe diventare semplice e comprensibile ai cittadini. Per esempio, dice Renzi, sul lavoro: «Sessanta, settanta norme traducibili in inglese, contro le duemila di oggi. Io voglio difendere l’italianità della qualità, non l’italianità delle aziende». Sul lavoro Renzi ha ancora detto: la seconda regione d’Italia, con sei milioni di abitanti, è quella dei disoccupati: «Quando ci candidiamo in questa regione, perdiamo sempre. Non ci votano perché non diamo né speranza né entusiasmo. Non ci votano perché non diamo l’idea di cambiare. Da qui al primo maggio presenteremo il nostro piano sul lavoro, partendo dalla formazione: i centri per l’impiego vanno radicalmente rivoluzionati».
• Quale legge elettorale s’immagina?
Quella dei sindaci. Cioè si vota in due turni direttamente per il presidente del Consiglio. Se nessuno raggiunge il 51%, si va al secondo turno tra i primi due. Il meccanismo consente al sindaco (al presidente del Consiglio) di portarsi dietro un certo numero di parlamentari che gli garantisce la maggioranza. Funziona, naturalmente, se la Camera è una sola. Purtroppo, per varare una legge simile, bisogna modificare la Costituzione».
• Perché?.
L’articolo 92 della Carta prescrive che il presidente del Consiglio sia nominato dal capo dello Stato, e non dal popolo sovrano. È grazie a questo che, per esempio, il presidente Napolitano ha potuto far entrare a Palazzo Chigi Mario Monti. Ma una soluzione ci sarebbe, ed è il cosiddetto doppio turno di lista: si va a un ballottaggio non tra i due candidati premier, ma tra le due liste più votate e si assegna il premio di maggioranza a quella che vince il secondo turno. L’ostacolo qui è politico, perché Berlusconi non vuol sentire parlare di sistemi a due turni.
• Non è strano che il prossimo leader del centrosinistra metta tra le priorità del suo programma la riforma della giustizia?
C’è qui evidentemente un calcolo, ed è quello di prender voti nell’elettorato del centrodestra, molto sensibile su questo tema. Eppure non ha risparmiato battute al Cavaliere: «Dobbiamo finirla con chi in questi anni ha proposto una giustizia ad personam ma allo stesso tempo dobbiamo dire cosa pensiamo noi al riguardo». O ancora: «Parliamo di futuro per questo qui non abbiamo parlato di Berlusconi». Sempre a proposito di giustizia e malagiustizia, poi, Renzi ha portato l’esempio più eclatante e più recente, quello di Silvio Scaglia: «Scaglia affittò un volo privato per andare dai magistrati, e si fece arrestare. Da quel momento, 3 mesi di carcere e 9 mesi ai domiciliari. Dopo 12 mesi fu liberato. Poi giudicato innocente. Ma vi sembra normale che noi in questi vent’anni abbiamo parlato di giustizia dedicata ad uno solo, e che un cittadino innocente venga messo in galera?». Renzi non l’ha ricordato, ma un altro elemento clamoroso del caso Scaglia è che la Procura Distrettuale Antimafia volle continuare nella sua linea accusatoria nonostante i magistrati romani (pm e gip) avessero già archiviato la posizione. In ogni caso, Renzi ha detto che la giustizia va riformata, ma non ha ancora spiegato come: separazione delle carriere e dei Csm? Limiti alle intercettazioni telefoniche? Revisione della forma processo in modo da renderlo più veloce? Finché si limiterà a dire, genericamente, che la giustizia va riformata applaudiremo (più o meno) tutti. È sul come, invece, che cascherà probabilmente l’asino.
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