Michele Smargiassi, la Repubblica 28/10/2013, 28 ottobre 2013
HO RACCOLTO FOTO, LETTERE E BANDIERE ROSSE MA NESSUNO VUOLE FARE IL MUSEO DEL PCI
Rossa, ovviamente. Il museo del Pci, il museo che imbarazza tutti, sta tutto in una rossa chiavetta usb, chiusa come una reliquia in una scatolina che Mauro Roda porta sempre con sé, nella sua borsa da executive democratico. Centinaia di ore di filmati, audio, documenti, foto di oggetti di settant’anni di storia del comunismo italiano pesano un po’, in tasca. «È storia, storia d’Italia, io sono solo un momentaneo custode... «. Vorrebbe passare il testimone. Ma chi lo vuole, un museo del Pci?
Roda è il presidente di “Fondazione 2000”, una delle istituzioni che, quando nacque il Pd, custodirono i beni materiali ereditati dal vecchio Pci. E anche i mali materiali: «Ci accusarono di voler mettere in cassaforte il patrimonio per non darlo al nuovo partito, ma c’erano soprattutto debiti da pagare. Vendemmo un bel po’ di immobili». E fu così, svuotando sezioni, che Roda e una cinquantina di suoi omologhi in mezza Italia si trovarono fra le mani un’enorme quantità di oggetti, carte, reliquie. «Solo a Roma, col trasloco di Botteghe Oscure, c’erano 1300 metri di documenti a cui trovare posto. Il Pci era un accanito archivista, lavorava per la Storia... ».
L’idea venne da sé. S’avvicinava il 2011, settantesimo della scissione di Livorno. «Facciamo una mostra». Fondazione Gramsci e Cespe misero le mani nelle cantine del comunismo. Frugarono. Tirarono fuori i pezzi migliori. Si fece la mostra: Avanti Popolo, a suo modo un successo: Roma, Livorno, gran finale a Bologna con 30 mila visitatori... e poi? Poi tutto di nuovo negli scatoloni, da rispedire indietro. Ma a Roda qualcosa gli rodeva dentro. «Ci sono cose straordinarie lì dentro. Non possiamo disperderle e seppellirle di nuovo». E non lo rispedì.
L’ufficetto di Roda, al piano terra della sede del Pd bolognese, è un caos di memorie. Da una cornice, spunta una bandiera rossa di panno pesante ricamata a lettere d’oro: «Centuria italiana Gastone Sozzi», è una bandiera della guerra di Spagna: «Questa è stata sull’Ebro», borbotta Roda con reverenza. Il museo che non c’è sarebbe pieno di cose così, intrise d’un passato imponente. Il torchio che stampava l’Unità clandestina durante il fascismo. Le lettere di Togliatti in inchiostro verde. Il messaggio che don Dossetti scrisse al leader Pci morente a Yalta. Fotografie, a pacchi. Volantini, giornali, poster. Filmati dei congressi, delle parate delle prime feste dell’Unità, vero teatro politico di strada. E cose ancora più curiose. Una bobina di rame è un discorso di Togliatti dei primi anni Cinquanta: il nastro magnetico non era ancora stato inventato, ma la voce del Migliore si poteva registrare così, e il Webster Chicago di metallo nero la sa ancora evocare. «Il Pci era all’avanguardia nell’uso dei nuovi media... «, sorride Roda. Eccome: ecco i dischi di vinile coi discorsi dei leader da amplificare nelle piazze. I fotoromanzi, genere popolare virato in propaganda. Non sarebbe un museo di scartoffie. Ed è già pronto.
Ma nessuno lo vuole. Tutto è chiuso a Bologna, in un luogo segreto. Prima però, lavorando per mesi in una casa del popolo, un gruppo di ex-compagni ha duplicato tutto in formato elettronico. Eccola, la chiavetta del passato del Pci, lampada di Aladino che nessuno osa strofinare per farne uscire il genio della storia. «Ho bussato a molte porte. Molte. Nessuna risposta». Roda non dice dire quali, ma è facile: grandi cooperative, associazioni di sinistra. Niente. Sorrisi, imbarazzi, cortesi dinieghi, «non è ancora il momento... «.
L’uomo col museo in tasca insorge: «Ma il Pci è sparito ormai da un quarto di secolo! Quanto tempo deve passare?». Sarebbe un museo un po’ di parte... «Ma di quale parte? Il Pci ha fatto del bene alla democrazia italiana. E comunque è storia. Perfino nei paesi dell’Est, dove le responsabilità erano diverse, hanno fatto musei al passato comunista. Imbarazzo? Dovremmo essere imbarazzati per il degrado della politica, per la catastrofe del neoliberismo... «. Attento, Roda, la prenderanno per un estremista... «Ma per favore», ride, «ho 61 anni, nel Pci ero un amendoliano tranquillo... Ho diretto la Confcoltivatori... «. Scuote la testa. «Il Pci non tornerà più. Ma qui c’è il racconto di una politica fatta per passione. Dov’è oggi?», e rimette con delicatezza la chiavetta in tasca.