Maurizio Porro, Corriere della Sera 28/10/2013, 28 ottobre 2013
LA ROMA PAPALINA DI MAGNI AUTORE BEFFARDO DEL CINEMA
Roma, per Luigi Magni, non ha mai fatto la stupida né stasera né mai. Nato in via Giulia, cresciuto a Campo dei Fiori, liceo classico e laurea in lettere, Luigi Magni, il regista morto ieri a Roma a 85 anni (i funerali domani in piazza del Popolo, chiesa degli artisti), ha speso tutta la sua carriera di sceneggiatore, autore di film e musical, parlando di Roma, sua proprietà privata di miti e memorie, anche parodiando e criticando ( Scipione detto anche l’Africano ), creando la maschera di Rugantino ed esplorando il passato per trovare le radici del presente.
Titoli di successo con il boia in agguato mentre frusciano velluti pontifici e si susseguono dialoghi e battute, commozione e ridarola: Nell’anno del Signore nel ‘69 fu primo incasso, 3 miliardi 200 milioni. Dopo Faustina , gentil storia sentimentale di tombaroli, era solo il suo secondo film ma si permise un cast stellare con Manfredi, Sordi, Tognazzi, Salerno e la Cardinale. Come Petrolini, la Magnani, Fabrizi, Sordi, Proietti e Manfredi, con cui fece buona parte di strada, stoppandosi dopo la morte dell’attore, in Magni rivisse lo spirito romano del cantastorie dallo stornello irriverente, della scritta anticlericale sulla statua di Marc’Aurelio.
Profondo studioso della Roma papalina e carbonara, osservò sotto la lente del socialismo reale le condizioni di vita della gente e le oppressioni del potere vaticano. Da questa commedia dell’arte che finisce a cannonate sulla breccia di Porta Pia, Magni si ispira per le maschere di Pasquino e le «pasquinate» del 1825 (Nell’anno del Signore ) e di Rugantino , classico del musical made in Italy di Garinei-Giovannini con Manfredi, poi Montesano, Mastandrea, Brignano. Ma sulla locandina non appariva il nome del deluso Magni, era solo un collaboratore artistico che poi prese parte però a spettacoli come Ciao, Rudy e Il giorno della tartaruga , firmando da solo I 7 re di Roma con Proietti e I figli della Lupa con la Morioni, due spaccati poco scolastici di fantasy capitolino.
Roma, sempre Roma, nient’altro che Roma, nel cui baricentro stava nascosto il mondo: la metà della sua carriera, baciata da tre David di Donatello e altri premi vive così, compresa la Tosca con Monica Vitti, musical melò con colonna sonora di Trovajoli, Arrivano i bersaglieri e La carbonara con Lucrezia Lante della Rovere, l’ultimo atto. E sempre con Manfredi fu autore di un dittico: In nome del papa re, ‘77, il titolo migliore, storia di un carbonaro che si scopre figlio di monsignore, in aperto trasloco col presente terrorista italiano; e In nome del popolo sovrano affresco nazionalpopolare del ‘90 coi garibaldini in arrivo. Infine O’ re , dell’89, è la cronaca di Francesco di Borbone, ma anche lui visto in esilio romano.
Quando è andato fuori tema (La via dei babbuini ) il pubblico rimase perplesso. Magni non aveva il sacro fuoco dell’arte ma doveva lavorare, non poteva permettersi di avere molti sogni, viveva a stretto gomito con la II guerra: in una sosta in birreria conobbe Age e Scarpelli, i più prolifici scrittori di cinema popolare e comico, con molto Totò, quando i critici scrivevano le «scemeggiature»: ma Magni si vantò sempre d’appartenere a quella grande famiglia, prendendo le distanze dal cinema d’Autore. Anch’egli fu prima di tutto, dal ‘56, un abile sceneggiatore dei registi di commedia: Monicelli, Lattuada, Salce, Franciosa e Festa Campanile che, dopo Le voci bianche , brillante storia di un castrato, lo chiamarono a collaborare in teatro al Sistina, dove poi sua moglie Lucia Mirisola sarà una brava costumista.
Se la vena anti pontificia ma non anti religiosa è colmata da una fiction sulla vita di san Filippo Neri con Johnny Dorelli in tonaca (State buoni, se potete ), anche in tv Magni torna ai suoi temi col Generale nell’86. Certo fu scelta coraggiosa quella di dedicarsi, in piena satira anni ‘60, all’Italia disunita dell’800. E nei momenti di vacanza dalla Roma papalina Magni, esperto di rivista e risate, diresse alcuni sketch di film a episodi, la moda d’epoca (Signore e signori buonanotte sulla tv, Quelle strane occasioni , Basta non si sappia in giro , Esercizi di stile ) ma firmò anche Addio a Berlinguer e altri titoli di minor esito. Come Nemici d’infanzia da un suo romanzo, questa volta portando l’azione nella Roma occupata del 1944 dentro l’amicizia adolescenziale di due giovani, e Secondo Ponzio Pilato sempre Manfredi, pentito di aver condannato Gesù, paleo commedia all’italiana.
Maurizio Porro