Sergio Romano, Corriere della Sera 28/10/2013, 28 ottobre 2013
LA SVIZZERA IN TRINCEA LA GUERRA DEL SEGRETO BANCARIO
Il segreto bancario in Svizzera è, a seconda del momento, da abolire al più presto o da salvare ad ogni costo, come baluardo della nazione. Non stupisce quindi l’enfasi con cui dal Corriere è stata annunciata il 18 ottobre la prossima fine del segreto bancario sui conti in Svizzera. La decisione del Consiglio federale svizzero ha d’altronde confuso persino l’agenzia Swissinfo, la quale ha annunciato che dal 1° novembre verranno inviati «sotto forma di rapporto numeri di conto, informazioni su transazioni di capitali o saldi di conti attualmente coperti dal segreto bancario o d’ufficio». Prontamente numerosi lettori svizzeri del sito del Corriere hanno precisato che le cose non stavano così ed era inutile sperare che in Svizzera alcunché sarebbe cambiato. La legge che entra in vigore fra qualche giorno, rafforza semplicemente il perseguimento penale del riciclaggio internazionale. Essa non è da mettere in relazione con la Convenzione Ocse sulla reciproca assistenza amministrativa in materia fiscale siglata dalla Svizzera il 15 di questo mese, evitandole intanto di finire sulla lista nera dei paradisi fiscali. Lo strumento prevede sì lo scambio su richiesta e spontaneo d’informazioni con gli Stati firmatari che con essa firmeranno degli accordi specifici, ma dovrà passare per una non scontata ratifica parlamentare e soprattutto evitare d’essere rifiutata per via referendaria dal popolo svizzero.
Flavio Meroni
flaviomeroni@bluewin.ch
Caro Meroni,
Conosco gli argomenti con cui la Svizzera e le sue banche si sono battute per conservare il segreto bancario. Hanno sostenuto, con ragione, che la confidenzialità non è sempre sinonimo di affari loschi e tenebrosi. Se tutti abitassimo case di vetro e tutti avessero il diritto di guardare nella casa dell’altro, quanti di quegli occhi apparterrebbero a persone oneste e civili, capaci di valutare con equilibrio la ricchezza del vicino? Ho l’impressione che la trasparenza integrale avrebbe l’effetto di dare fiato ai movimenti populisti e di aumentare considerevolmente il lavoro delle polizie nazionali e di Interpol.
Ma non tutte le banche svizzere hanno capito abbastanza rapidamente che i loro argomenti erano stati indeboliti da alcuni fattori. In primo luogo gli istituti di credito della Confederazione hanno lungamente adottato un atteggiamento burocraticamente miope verso gli eredi degli ebrei annientati nei lager tedeschi. In secondo luogo, sono stati troppo ospitali, per molti anni, con uomini politici che si arricchivano a spese dei loro connazionali, e hanno reso il loro esilio più gradevole quando sono stati cacciati dal loro Paese. In terzo luogo, sono stati non meno ospitali con coloro che aprivano un conto in Svizzera per non pagare le tasse in patria. So che la tentazione di sottrarsi al proprio esattore delle imposte esiste ovunque e può diventare persino umanamente comprensibile quando lo Stato toglie ai suoi cittadini una parte sproporzionata del loro capitale. Ma le banche svizzere hanno difeso il segreto anche quando la grande crisi del 2008 costringeva i governi europei ad aumentare la pressione fiscale e quello degli Stati Uniti a combattere più duramente l’evasione. Dopo avere lungamente e impunemente tratto profitto dai nostri vizi e dai nostri peccati, le banche svizzere non hanno capito che il clima era cambiato e che tutti i governi sarebbero diventati molto più aggressivi e intransigenti.
So che nulla può essere deciso in Svizzera senza l’accordo dei cantoni. Ma spero che gli elettori diano una prova di buon senso e che il Paese non corra il rischio di rimpiangere in futuro una democrazia un po’ meno diretta.