Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Ieri Borse in festa in tutto il mondo. Rialzi spettacolosi e Milano che ha fatto nuovamente il record storico, +11,49% in un solo giorno, una cosa mai vista in tutta la sua storia.
• Mannaggia, lo sapevo che bisognava comprare venerdì.
Ah, vedo che tutto a un tratto s’intende di Borsa. Sì, comprare venerdì per vendere ieri, suppongo. Lei ieri avrebbe comprato o venduto?
• Ma comprato, si capisce. Adesso le Borse rivanno su alla grande.
Mica è detto. Domenica, su Repubblica, è uscito un bell’articolo di Turani. Il ragionamento è questo: non sarà che i mercati, nel loro comportamento folle, ci mandano però un messaggio di verità? E cioè: le quotazioni delle grandi banche si basavano sul presupposto di attivi legati alla finanza, cioè roba che da un anno a questa parte abbiamo valutato come più o meno inesistente. Quindi, se ripuliamo da questi falsi patrimoni i bilanci, che cosa resta? Forse aziende che valgono quello che la Borsa dice adesso, e cioè la metà o un terzo rispetto a prima. Conclusione: prima di rivedere i prezzi dell’anno scorso bisognerà aspettare dieci anni e forse non basteranno neanche dieci anni. Forse non li rivedremo mai.
• Allora tutta questa euforia di ieri che significato ha?
Probabilmente è un rimbalzo – come si dice – “tecnico”, anche se meno “tecnico” del solito dato che, essendo state vietate le vendite allo scoperto, sono mancate le ricoperture... tutto chiaro? Quando si vende allo scoperto, si vende qualcosa che non si ha. Arriva perciò il momento in cui bisogna comprare per consegnare all’acquirente il titolo (o per restituire le azioni a chi ce le ha affittate). Quindi si compra indipendentemente dai prezzi, perché si deve comprare. Questa componente, piuttosto importante nei “rimbalzi tecnici”, stavolta non dovrebbe essere troppo presente perché le vendite allo scoperto sono state proibite. Piuttosto, la prova che gli acquisti di ieri sono un risultato soprattutto psicologico è dimostrato dal fatto che l’Euribor è sceso molto poco: siamo ancora intorno ai 5,31 e Draghi se n’è preoccupato. Il governatore ha detto: «Bisogna che si vada sotto il 5% di interesse». Il punto infatti è tutto lì. Se le banche, presi i soldi dalla Banca centrale, non li fanno circolare, il sistema collassa. Da questa settimana la Banca centrale concederà crediti a rubinetto, cioè non più con il sistema delle aste. Fino ad ora, Francoforte metteva all’asta una certa quantità di miliardi, in genere a tre mesi, e le banche concorrevano ad accaparrarseli offrendo un tasso di interesse. I soldi andavano a quelli che offrivano i tassi più alti. L’Euribor è la conseguenza di questo mercato, nel senso che è la media tra i tassi vincitori delle aste. Da domani, e per un periodo di tempo limitato, i denari scorreranno invece a rubinetto. Cioè una banca che vorrà soldi andrà a chiederli e in linea di massima li otterrà. Questo modo di operare dovrebbe alleviare anche il peso di questo benedetto Euribor a cui, come sa, sono legati i mutui e quindi la vita di milioni di famiglie.
• Quindi se l’Euribor scende, vuole dire che il denaro sta circolando facilmente? Mentre se sale no?
Esattamente. E chi ha comprato ieri non aveva ancora indicazioni su questo punto. E quando queste indicazioni sono arrivate non erano così significative. Quindi, in un certo senso, le Borse hanno comprato perché avevano voglia di comprare, perché s’erano stufate dei ribassi e non vedevano l’ora di rimettere mano al portafoglio. E poi perché ci sono sempre i cassettisti che fanno la loro parte e salvano la situazione.
• I cassettisti? Sarebbero?
Quelli che comprano per tenere le azioni a lungo. Gente cioè che, più che speculare, investe. Il cassettista è per sua natura informato, paziente e ottimista. Compra le azioni quando costano poco e per tutto un certo periodo di tempo non le tocca e non si fa impressionare dall’apparizione del segno meno. Certo, bisogna avere coraggio. Il cassettista col fegato ha comprato la settimana scorsa, quando tutti vendevano. E non ha rivenduto neanche ieri, perché non crede ai discorsi di Turani e pensa che le azioni saliranno ancora e che in ogni caso incasserà i dividendi. Ci sono cassettisti passati alla storia. Per esempio John Pierpont Morgan, il fondatore di quella che oggi conosciamo come Morgan Chase, fu un cassettista celebre: durante il Grande Panico del 1907, Wall Street – sconvolta dai ribassi – stava per chiudere, quando arrivò Morgan e in venti minuti investì 25 milioni di dollari in azioni. Un saggio temerario. Sei anni dopo, quando morì, Wall Street, in segno di lutto, sospese le contrattazioni per due ore. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 14/10/2008]
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