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 2008  ottobre 14 Martedì calendario

Anche adesso che è diventato un papavero e fa il presidente della Federcalcio montenegrina, Dejan Savicevic è rimasto a suo modo geniale

Anche adesso che è diventato un papavero e fa il presidente della Federcalcio montenegrina, Dejan Savicevic è rimasto a suo modo geniale. A 42 anni possiede infatti gli stessi parametri di quando ne aveva 20: come la sveglia puntata (quasi) sempre dopo mezzogiorno. Ed è seguendo i ritmi del suo sonno che il Genio è rimasto un uomo libero, come quando svolazzava per il campo prima che Fabio Capello lo ingabbiasse all’ala destra: nessun impegno fisso, niente stipendio. Da presidente federale, come da giocatore, la sua compagna di viaggio resta la qualità. Della vita e delle idee. Dejan Savicevic, come si costruisce dal nulla una nuova Federazione calcistica? «Non è facile. Ci sono tanti problemi da superare. Noi siamo partiti con soli 3 dipendenti. Adesso ne abbiamo 15. C’erano da curare i rapporti con la Fifa e l’Uefa, bisognava pensare alle licenze per i club e alla contabilità, dovevamo trovare i c.t. per la Under 17, la Under 19 e la nazionale maggiore. La Fifa e l’Uefa ci hanno dato una mano». Qual è oggi il più grosso problema del calcio in Montenegro? «Quello delle infrastrutture. I nostri club non hanno campi per allenarsi. Lavorano, e quindi li distruggono, sui campi dove si giocano le partite». Con Platini come va? «Tutto bene. Ma anche con Blatter i rapporti sono buoni. Blatter è stato in visita da noi venerdì. Era contento, ha visto che cosa abbiamo fatto. Avevamo iniziato con due locali, in 25 metri quadrati». Quanto guadagna il presidente della Federcalcio in Montenegro? «Guadagno? Io sono volontario. Ho rifiutato uno stipendio proprio per non avere alcun tipo di obbligo. Non mi va di andare in ufficio dalle 9 del mattino alle 5 di sera. Se avessi avuto uno stipendio non avrei avuto scampo. Per vent’anni ho fatto il calciatore professionista e avevo orari da rispettare. Adesso non mi passa per la testa di timbrare il cartellino. Nella mia carriera ho sofferto così tanto gli allenamenti al mattino... ». Ha mai pensato di coinvolgere il Milan e la Federcalcio italiana per favorire lo sviluppo del calcio nel suo Paese? «La Federazione italiana è sempre stata a nostra disposizione. Ci avevano promesso di giocare in una città del Sud per non costringerci ad un viaggio troppo lungo e sono stati di parola. Purtroppo noi siamo frenati dai visti». I visti? « un problema grosso. Intanto, senza visti, avremmo avuto almeno 2-3 mila tifosi a sostenerci domani sera. E poi non riusciamo a migliorare le cose. Siccome il livello dei nostri allenatori è veramente scarso, io ho nel cassetto un progetto per mandarne una cinquantina a Milanello, alloggio vicino a Varese e tutto il resto. Ma servono 50 visti e noi non possediamo una struttura che possa seguire tutto». Addirittura... «Ho in mente anche una pubblicazione con i metodi di lavoro di Ancelotti da distribuire a tutti i nostri club. Vorrei mandare i nostri allenatori da Spalletti visto che a Roma gioca Vucinic e poi a Firenze dove gioca Jovetic: speriamo di entrare al più presto in Europa, così avremo finalmente via libera». Com’è in questo momento la vostra nazionale? «Abbiamo alcuni infortunati, non siamo al cento per cento. Anche Vucinic non è al meglio, si allena solo da un paio di giorni. Abbiamo pareggiato le due partite in casa con Irlanda e Bulgaria, che sono certamente più forti di noi, e siamo stati più vicini di loro alla vittoria». Speranze per domani sera contro gli azzurri? «Venire a giocare in Italia contro i campioni del mondo e pensare di fare risultato è da pazzi. Perdere non sarebbe una vergogna, anche se a voi mancano 3-4 giocatori. Pure noi però abbiamo i nostri punti di forza e se dovessimo trovare un’Italia magari non concentrata al massimo...». E qual è il vostro punto di forza? «L’attacco. Abbiamo buoni giocatori, Vucinic e Jovetic in testa». Ha visto la partita dell’Italia a Sofia? «Si, certo. Non mi è sembrata noiosa come ho letto da qualche parte. Anzi. Ho visto ritmo e pressione, una partita maschia come dite voi. La difesa italiana è veramente fortissima con Zambrotta e l’altro esterno... Come si chiama?». Dossena. «Dossena. Ma anche Chiellini e Cannavaro mi sono piaciuti. Vi è mancata un po’ di creatività ma gli azzurri non hanno mai subìto». A Sofia ci sono state scintille tra le tifoserie. «Con i nostri tifosi non ci saranno problemi. Né a Lecce né a Podgorica ». Quando la Bulgaria ha giocato in Montenegro i suoi tifosi hanno per caso provocato? «Si. Quando hanno pareggiato si sono messi a gridare Jugoslavia, Jugoslavia ». Sa che in Italia è arrivato Mourinho, un personaggio speciale? Anche tutto quello che fa diventa speciale. « ridicolo. Lui è un bravo allenatore e prende appunti per non dimenticare le cose. Le sue imprese più importanti sono quelle con il Porto. Con una squadra come l’Inter è invece condannato a vincere, altrimenti si dice che ha fallito. Però alla fine in campo vanno i giocatori». Come si spiega la Mourinhomania dilagante? «Beckham non è mai stato tra i primi dieci giocatori al mondo eppure era più famoso di tutti e dieci messi assieme. Si è sempre parlato di lui più di Zidane, Ronaldo e Ronaldinho. C’è gente che sa vendersi bene, che conosce l’arte delle pubbliche relazioni». Che dice del Milan? arrivato Ronaldinho, è tornato Sheva. «E se n’è andato Gilardino perché non si trovava bene. Inzaghi era sempre più pronto di lui. Comunque Gilardino sta dimostrando di essere un grande attaccante. Mi dispiace soltanto che il Milan, quando era possibile, non abbia preso Ribéry: con la palla al piede salta sempre due o tre avversari. Io poi avrei dato più fiducia a Gourcuff: uno senza classe non avrebbe potuto giocare le partite che ha giocato lui. Con la Roma ha massacrato tutti nel primo tempo, poi c’è stato quel regalo dell’arbitro...». Che cosa prevede Dejan Savicevic per il suo Milan? «Credo che ritornerà in Champions League ma non sono così sicuro che potrà vincere lo scudetto». Allegria. «Ovviamente gli auguro di vincerlo, anche se c’è sempre l’Inter di mezzo. Però siamo soltanto all’inizio: riparliamone a marzo, prima della nostra seconda partita con l’Italia. Magari le cose saranno cambiate». Alberto Costa