Ennio Caretto, Corriere della Sera 14/10/2008, pagina 6., 14 ottobre 2008
WASHINGTON
Fino a un anno e mezzo fa, essere chiamato «Mister mutui subprime» era un onore in America. Ma da quando i mutui hanno innescato la più grave crisi finanziaria globale dal ’29, è divenuto un disonore. Mr. Subprime, al secolo il settantenne Angelo Mozilo ( foto), un italo- americano figlio di un macellaio di New York, è destinato a passare alla storia come il primo dei supermanager «cattivi», quelli che giocarono nell’edilizia come si gioca al casinò, rovinando oltre un milione di sottoscrittori e risparmiatori, ma che andandosene intascarono egualmente centinaia di milioni di dollari. Quale presidente della Countrywide, la massima società privata di mutui del Paese, Mozilo popolarizzò infatti la formula «Nina» («No Income No Asset», nessun reddito nessun patrimonio): casa a tassi d’interesse crescenti a chi non poteva permetterselo. La caduta della Countrywide, acquistata il luglio scorso dalla Bank of America, e la sua personale aprirono la strada alla strage delle teste eccellenti di Wall Street.
Nessuno più di Mozilo, un finanziere perennemente abbronzato, appassionato giocatore di golf, testimonia delle follie americane d’inizio millennio. Forte di due lauree, in legge e in economia, nel 1969 Mozilo fondò la Countrywide a Boston insieme con David Loeb, un noto investitore. Al decesso del partner ne assunse il controllo e tornò in California, dove fondò anche la IndyMac, una banca che vendette nel ’97, passata alle cronache nell’attuale crisi come la prima a fallire e a essere assunta in amministrazione controllata dalla Federal Reserve. Sotto la sua guida, la Countrywide diventò un colosso, e dal mercato più sicuro, quello dei ceti medio e alto, passò nel 2004 al mercato più incerto, quello degli umili e delle minoranze. Passo che segnò l’inizio della fine dell’allegra finanza del 2000.
Quanto Mozilo abbia guadagnato nei sette anni delle vacche grasse non si sa con precisione, a Wall Street si parla di mezzo miliardo di dollari. Nel 2006, la rivista Forbes lo collocò al settimo posto dei manager più stipendiati, 141 milioni di dollari in 12 mesi. Risulta inoltre che nel 2005 avesse venduto azioni della Countrywide per 160 milioni. La sua liquidazione è stata oggetto di aspre polemiche: Mozilo vi avrebbe rinunciato, ma per il 2008 avrebbe percepito una somma principesca, oltre 30 milioni di dollari. Sulla Countrywide, andata alla Bank of America per appena 2 miliardi e mezzo in uno scambio azionario, le autorità di un paio di Stati hanno aperto un’inchiesta.
Ancora un anno fa, quando licenziò 1.200 dipendenti in seguito a un deficit di 1 miliardo e 200 milioni di dollari, la stella di Mozilo pareva intramontabile. Facevano quadrato attorno a lui i «Foa», da Friends of Angelo, politici potenti come la speaker della Camera Nancy Pelosi e il presidente della Commissione bancaria Chris Dodd, entrambi democratici. Ma il suo destino era segnato. A gennaio, l’università di San Diego, dove era stato invitato a parlare di finanza, dovette disdire per le proteste del pubblico. Il «Dream builder», costruttore di sogni come era stato chiamato, era decaduto a «Godzilla pay», il Godzilla dei compensi.
Ennio Caretto