Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Le ultime notizie sul terremoto finanziario che sta sconvolgendo il pianeta sono le seguenti. American International Group, cioè Aig, la più grande compagnia d’assicurazione del mondo, che ieri era praticamente data per spacciata, ha avuto un prestito di 85 miliardi di dollari dalla Fed, che, in cambio, s’è fatta consegnare il 79,9% delle azioni diventando così padrona del gruppo. Questo esborso ha messo però in crisi la stessa Fed che non ha capitali illimitati e ha chiesto al ministero del Tesoro di mettere a disposizione nuovi fondi (attraverso aste a cui potranno partecipare anche altre banche). Aig deve restituire i soldi in due anni e, intanto, «vendere ordinatamente» quello che ha. Come si capisce, la chiusura del gruppo non è affatto scongiurata. Wall Street, che l’altra sera aveva registrato un buon fine seduta grazie alla notizia – giunta in extremis – del salvataggio di Aig, ieri è di nuovo andata giù di oltre il 3% (Aig del 45%) trascinando con sé le Borse europee: Milano -2,22, Parigi -2,14, Francoforte -1,75 per una perdita complessiva di valore di altri 123.8 miliardi di euro. Il conto perdite complessivo delle Borse europee in una settimana si avvicina ai 600 miliardi di euro. Le perdite americane del solo sistema bancario stanno intorno ai 1500 miliardi di dollari. Negli Stati Uniti, le due aziende messe peggio sono in questo momento Goldman Sachs e Morgan Stanley, che starebbero pensando di fondersi. A Londra starebbero per fondersi Hbos (valore in Borsa dimezzato l’altro ieri) e Lloyds. Washington Mutual (o WuMu) dovrebbe essere acquisita da JP Morgan.
• Questi nomi sconosciuti mi mettono in agitazione. A casa mi domandano tutti se stiamo peggio del Ventinove o no.
Nel 1929 le autorità americane decisero di non intervenire e che il mercato facesse da sé. Il collasso generale che ne seguì portò a tre anni di ribassi consecutivi. Se ne uscì prima con un piano di rilancio dell’economia basato sulla realizzazione di grandi opere pubbliche (la mente di questo piano era l’economista John Maynard Keynes), poi con la guerra. Sia la realizzazione di grandi opere pubbliche che la guerra vanno considerati interventi dello Stato. Quindi, dal Ventinove impariamo questo: che di fronte a catastrofi economiche immani come quella – e come questa – senza intervento dello Stato non si va da nessuna parte.
• Questa è una catastrofe immane?
Sì, e finora le conseguenze generali non sembrano tanto gravi perché la mano pubblica è intervenuta con decisione: il ministero del Tesoro americano o la Federal reserve negli Stati Uniti, e in Europa la Bce, che ha tenuto aperti i cordoni della borsa, o la Banca d’Inghilterra, che l’anno scorso ha salvato Northern Rock, o la Merkel che in Germania ha imposto una serie di fusioni tra banche regionali. Bernanke è uno studioso del Ventinove e una volta ha sostenuto che, ripresentandosi quelle circostanze, lui manderebbe a bombardare di banconote le città.
• Perché allora far andare a picco Lehman?
Perché il sistema, in quel momento, poteva sopportare quel fallimento. Ieri infatti Barclays ha tirato fuori un miliardo e 100 milioni di sterline e comprato un bel po’ di attività della Lehman. Sollievo e parecchi posti di lavoro salvati (naturalmente bisogna essere disposti a lasciare New York e andare a Londra). Invece la morte di Aig, ieri, avrebbe avuto conseguenze incalcolabili: tutto il pianeta è in qualche modo connesso con quella banca.
• Non c’è un’ingiustizia in questo?
Parecchie ingiustizie. Le banche, uniche responsabili di questo sfacelo (che hanno provocato per ingordigia), e che dovrebbero andare a quel paese, troppe volte invece si salveranno. Il contrasto all’inflazione mondiale – già eccitata dall’aumento delle materie prime – sarà più debole, perché continuando a immettere liquidità nel sistema si toglie valore al denaro. D’altra parte, i debitori sognano sempre di essere salvati dall’inflazione, specialmente se la loro esposizione è a tasso fisso. Le banche, finora sempre iscritte al partito dei creditori, stavolta si trovano dall’altra parte della sbarra. Infine, i salvataggi pubblici confermeranno che il problema non è indebitarsi ma essere abbastanza grossi (cioè contrarre debiti abbastanza giganteschi) da rendere obbligatorio il salvataggio. Così gli ex amministratori delegati mascalzoni, che adesso se ne stanno a prendere il sole ai Caraibi con le loro liquidazioni miliardarie, appena possibile ricominceranno a far danni.
• Quindi?
Quindi, con i soldi che abbiamo compriamoci della terra o dei quadri, e non pezzi di carta. Oppure godiamoci la vita. Oppure – come ha consigliato un grande economista a un grande giornale proprio ieri – mettiamo i soldi sotto il materasso. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 18/9/2008]
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