Fabio Martini, La Stampa 18/9(2008, 18 settembre 2008
Alle sette della sera si chiusero tutti nello studio di Gianni Alemanno e lì dentro accadde qualcosa che aiuta a capire come mai il Campidoglio sia diventato il colle degli annunci smentiti
Alle sette della sera si chiusero tutti nello studio di Gianni Alemanno e lì dentro accadde qualcosa che aiuta a capire come mai il Campidoglio sia diventato il colle degli annunci smentiti. E’ martedì 9 settembre, nell’ufficio del sindaco di Roma sono riuniti Alemanno, il suo capo di gabinetto Sergio Santoro, l’assessore all’Urbanistica Marco Corsini e il capo di gabinetto del ministero dei Beni culturali. Sono lì convenuti per motivare nel modo più convincente il no definitivo al parcheggio sotto il Pincio, a suo tempo voluto dalla giunta Veltroni e ora sostenuto dai costruttori romani. Il sindaco apre la riunione con uno stentoreo: «Io sono nettamente contrario e ora troviamo la formulazione migliore per rigettare il progetto». Ma a quel punto, da parte dei più stretti collaboratori del sindaco, parte la corsa al distinguo. Da parte dell’assessore Corsini, che esprime tutti i suoi dubbi, ma anche del capo di gabinetto del sindaco, che dice: «Sarebbe stato meglio se a questa riunione fossero stati presenti anche i costruttori...». Alemanno, scherzando ma non troppo: «Scusa, ma tu sei il capo di gabinetto mio o di Francesco Giro?», il sottosegretario ai Beni culturali di Forza Italia, che è l’unico pdl favorevole al parcheggio. Due ore più tardi il siparietto a porte chiuse si conclude nel modo più ovvio: si fa come vuole il sindaco. Ma è eloquente la sequenza che si è dipanata nello studio dove si decidono i destini di Roma. Spinte e controspinte dei poteri forti della città sono arrivate fin lassù, sino a circondare la scrivania del sindaco. E infatti quella decisione sul Pincio non è piaciuta ai più forti tra i poteri forti della Capitale: i costruttori. Quelli che a Roma hanno fatto sempre il bello e il cattivo tempo, quelli che ai tempi delle speculazioni più invadenti erano chiamati i palazzinari. Certo, la bocciatura del parcheggio ha finito per colpire la famiglia Cerasi, che avrebbe dovuto costruirlo, ma è ben altro quel che mette in ansia gli imprenditori del mattone. Lo spiega Giancarlo Cremonesi, che dei costruttori romani è il presidente: «Ancora una volta la cultura del ”non fare” rischia di non far realizzare bene le infrastrutture necessarie a elevare la qualità della vita dei cittadini». In quegli ambienti fa paura il valore simbolico più che quello pecuniario dello stop al parcheggio, si teme che si diffonda come un contagio il rispetto dei vincoli. Il più potente dei costruttori romani, uno degli uomini più ricchi d’Italia, l’ingegner Francesco Gaetano Caltagirone, come sempre è invisibile. Non si vede, non si sente, anche se si intuisce come abbia votato, visto che pochi giorni prima del ballottaggio Alemanno-Rutelli a sorpresa invocò una «discontinuità» nella guida della città. Dicono che l’ingegnere non sia entusiasta dei primi mesi di Alemanno, anche se è flebile l’unico segnale di quel dissenso: l’improvvisa equidistanza con la quale Il Messaggero ha seguito la polemica su fascismo e antifascismo, la vicenda che ha visto in difficoltà proprio il sindaco, sin lì sostenuto senza riserve dal giornale dell’ingegner Caltagirone. Gli altri poteri forti - il Vaticano, l’indotto della cultura, i commercianti - per ora stanno alla finestra. E i salotti? Certo, è ancora presto per capire come si stiano orientando questi luoghi agrodolci che accompagnano salite e discese dei nuovi vip. Ma proprio la querelle del Pincio, che tanti problemi ha creato ad Alemanno, si è accesa nella terrazza di Guia Sospisio. E’ fine luglio e tra un divano e l’altro Marina Ripa di Meana si ritrova davanti il costruttore Cerasi e gli dice: «Lei sta commettendo un crimine contro la cultura, un gesto di volgarità per quattro zozzi soldi!». Lui replica: «Ma stia zitta, si occupi di cose frivole...». Qualcun altro si intromette: «Lasciatela stare, è ubriaca...». A quel punto si accende un tric-trac di «vaffa», «cozza», «babbiona», dal quale persino un intellettuale raffinato come Carlo Ripa di Meana può aver trovato alimento per la sua alfine vittoriosa battaglia contro il parcheggio. Ma a sentire il sindaco e i suoi uomini non c’è ostilità da parte di chi conta e pesa. Dice Umberto Croppi, assessore alla Cultura e regista della campagna elettorale di Alemanno: «In una città complessa come Roma esistono grandi poteri, legittimamente costituti, che diventano forti quando possono dettare l’agenda della città. Nella vicenda del Pincio, di non facile soluzione, il segnale è questo: il governo è tornato in mano alla politica. Naturalmente noi non siamo dei pasdaran». E che i «palazzinari» possano star tranquilli lo conferma indirettamente il sindaco. In una lettera a L’Espresso in edicola oggi il sindaco fa un annuncio clamoroso: «Il piano regolatore va rivisto perché è nato già vecchio». E dunque se il piano casa annunciato dal governo riaprirà la partita dell’edilizia popolare, il sindaco Alemanno investirà quasi tutto sulle periferie dove da tre giorni ha imposto un’ordinanza che colpisce prostitute e clienti. Perché, poteri forti o no, il primo sindaco ex missino di una grande città è riuscito a vincere perché ha sfondato là dove un tempo la sinistra era forte: nei quartieri popolari. Stampa Articolo