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 2008  settembre 18 Giovedì calendario

l’Unità, giovedì 18 settembre Quella notte del 20 settembre 1958 fu una notte memorabile: e non certo per l’anniversario della breccia di Porta Pia

l’Unità, giovedì 18 settembre Quella notte del 20 settembre 1958 fu una notte memorabile: e non certo per l’anniversario della breccia di Porta Pia. A mezzanotte le «case chiuse» venivano… chiuse. Quanti nostalgici fecero l’ultima visita con la morte nel cuore! Due di questi sono da ricordare: Vincenzo Talarico e Mario Soldati, due frequentatori abituali e inconsolabili. Andarono alla mesta cerimonia nella «casa» piú elegante di Roma, a Via degli Avignonesi, e lí celebrarono il rito del mesto addio. Vorremmo fare due osservazioni conclusive. La prima. Il dibattito parlamentare fu di grande interesse per la qualità degli interventi. E se l’impegno dei favorevoli fu certamente piú alto e piú qualificato di quello dei contrari, la grande maggioranza vi ha portato passione e dottrina in un confronto sempre civile e rispettoso. Altri tempi nelle Aule parlamentari! La seconda. Sulla legge Merlin si è realizzato un vero e proprio «compromesso storico» nei termini nei quali fu proposto da Enrico Berlinguer: un incontro tra le componenti fondamentali della società italiana: la cattolica, la comunista e la socialista. E non fu un’intesa spartitoria, quali quelle che avvenivano quotidianamente specie nelle Commissioni parlamentari, ma un incontro politico e ideale al quale ciascuno portò la sua specifica identità culturale. Le motivazioni a favore addotte nel discorso dal comunista Terracini sono culturalmente diverse da quelle di altri altrettanto elevati interventi, dei socialisti Rizzo e Cortese e dei democristiani Cingolani e Boggiano Pico, ma l’approdo fu comune. Lina Merlin, bersaglio privilegiato dei giornali satirici e delle battute anche salaci dei «maschi latini», affrontò la questione delle «case chiuse» praticamente da sola, ma con il suo coraggio e la sua tenacia riuscí a raggiungere lo scopo. E ci vollero dieci anni durante i quali non ebbe cedimenti, ripensamenti. Combatté una battaglia totalmente disinteressata che non poteva avere fini elettorali per ovvie ragioni: le donne interessate erano circa tre-quattromila, non tutte erano d’accordo con lei, come risulta anche dal suo libro scritto insieme a Carla Barberis (Voltolina), moglie di Pertini (con il quale ebbe scontri violentissimi, ma per ragioni di partito). Una battaglia coraggiosa, anzi temeraria perché gli interessi che colpiva erano enormi e i lenoni, i tenutari, i proprietari delle case erano gente priva di scrupoli: non si organizzarono solo per condurre una robusta campagna fatta di denigrazione e avvilente retorica e di volgarità, di allarmismo sul pericolo di diffusione delle malattie veneree in conseguenza della chiusura delle «case», ma arrivarono alle minacce. La Merlin non scese su quel terreno, ma chi sfoglia i giornali dell’epoca constata che il tema fu tenuto vivo per quasi dieci anni. E se lei non scese su quel terreno, altri che sostennero la sua battaglia rivelarono qual era il carattere dell’opposizione alla proposta. Per fare un esempio, il deputato democristiano Caronia ne ricordò qualcuna nel suo intervento nella seduta della Camera del 24 gennaio 1958, quando ormai la proposta è alla vigilia della definitiva approvazione: «…Avevo preparato una raccolta di lettere, pervenutemi nei giorni scorsi… In gran parte sono lettere di povere donne le quali invocano il nostro appoggio alla proposta di legge Merlin… Vi sono lettere di ben altro tono le quali rivelano quali interessi si agitano dietro la regolamentazione della prostituzione. Di una ricordo queste frasi: Siamo otto giovani, vigorosi e… abbiamo tirato a sorte a chi di noi toccherà infilarti cinque pallottole in pancia, se apri ancora il becco per sollecitare la chiusura delle case chiuse» (e Caronia non era certo un protagonista della battaglia). All’indomani dell’approvazione del disegno di legge, in un articolo per il quindicinale del Movimento giovanile socialista La Conquista, Lina Merlin riassume i motivi sociali, etici, religiosi che l’avevano indotta alla decennale battaglia: «Questione di costume anche il gran parlare sulla proposta per l’abolizione della regolamentazione della prostituzione e contro lo sfruttamento della prostituzione, ossia della ”legge Merlin” che avrebbe potuto indifferentemente portare il nome di ogni parlamentare civile e moderno, che avesse voluto attuare l’impegno costituzionale dell’art. 388 sulla uguaglianza dei cittadini senza distinzione di sesso; dell’art, 32 sui limiti imposti dal rispetto della persona umana; dell’art. 41 sulla iniziativa economica privata che non può svolgersi in modo da recare danno alla dignità umana… L’Italia non poteva piú conservare un sistema antistorico, antisociale oltre che iniquo se considerato solo dal punto di vista umano e… antireligioso per i cristiani di tutte le chiese… Quale vantaggio verrà all’Italia? Certamente chi attende un utile pari a quello che potrebbe rendere la scoperta di una miniera di uranio non sarà soddisfatto; ma nessuno potrà negare che uno scossone abbastanza vigoroso è dato ad una struttura purulenta, che pone la donna ad un livello inferiore… Quale vantaggio verrà al socialismo? Quello di aver conquistato nuovo slancio continuando la sua migliore tradizione emancipatrice degli oppressi col porgere la mano alle piú povere, alle piú reiette. E non è cosa da poco». La Merlin non fu un personaggio di spicco nel panorama politico, ma ha offerto un esempio altissimo di dedizione degno delle migliori tradizioni del socialismo umanitario. Perché si è impegnata per riscattare la dignità di donne degradate, ridotte a strumenti di piacere dell’uomo e disprezzate, bollate come «puttane» e addirittura come degenerate, portatrici di alterazioni neurobiologiche. Continuò la sua battaglia per la difesa dei diritti delle donne, non nel Partito socialista ma in un organismo cattolico: il CIDD (Comitato italiano per la difesa della donna). Personaggio contraddittorio fino all’ultimo! Ne fu vice-presidente dal 1950 al 1975 insieme ad altre quattro vice-presidenti democristiane. stata dimenticata: di lei sopravvive solo il suo nome per indicare la legge che aveva chiuso le «case chiuse». Fino al 1972 fu ospite nella Casa della laureata, del- 89 l’Associazione italiana laureate di Milano. Successivamente tornò a Padova, dove morí, ospite dell’Opera Immacolata Concezione, il 16 agosto 1979. Nota il suo biografo e omonimo, Tiziano Merlin: «Gli striminziti articoli, usciti sui quotidiani padovani Il Gazzettino e Il Mattino quando Lina muore, nella loro genericità piú che con le loro macroscopiche imprecisioni, evidenziano l’assoluta mancanza di informazione degli estensori. Lina era morta da almeno un quindicennio». Giuseppe e Gianna Tamburrano