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 2008  settembre 18 Giovedì calendario

Panorama, giovedì 18 settembre Prenotano le vacanze con famiglia e amici e all’ultimo momento non si presentano, perché sono partiti per una missione

Panorama, giovedì 18 settembre Prenotano le vacanze con famiglia e amici e all’ultimo momento non si presentano, perché sono partiti per una missione. Armati fino ai denti, irrompono in una casa di latitanti, magari trovano una bambina innocente che si fa la pipì addosso e la coccolano come se fosse una figlia. A un matrimonio squilla un telefonino e uno degli invitati si defila dalla chiesa: è scattato un allarme terrorismo. Un capo di stato straniero a mezzanotte vuole fare una passeggiata nel centro di Roma, senza dare nell’occhio e loro devono scortarlo. La vita da Nocs, il corpo speciale della polizia, è questo e altro. Il 19 settembre il reparto d’élite, che interviene quando il gioco si fa duro, spegnerà le candeline del 30° compleanno e per raccontare la vita dei volontari del Nucleo operativo centrale di sicurezza (Nocs) Panorama ha vissuto tre giorni nella loro base alle porte di Roma. Poco più di 100 uomini pronti a tutto, dalla minaccia dei terroristi kamikaze alla liberazione di ostaggi. Nascondono il loro viso sotto un mefisto e si presentano solo con il nome di battesimo, per evitare rappresaglie o perché devono agire in incognito per scoprire il covo di un latitante. Quando si avvicinarono alla prigione del generale americano James Lee Dozier, rapito nel 1982 dalle Brigate rosse, usarono un camion di traslochi per sfruttare l’effetto sorpresa. Ma non sono Rambo. Armati fino ai denti, sotto la tuta blu scuro hanno cuori di uomini come gli altri, con gioie, paure e una famiglia che si abitua ad aspettarli in ansia a casa. «Organizzi un veglione di Capodanno e poi parti all’ultimo momento per una missione. All’inizio non c’ero mai, in servizio h 24 (giorno e notte, ndr). La gente si stanca di invitarti a cena se dai sempre buca, così ho perso tutti gli amici d’infanzia» racconta Vincenzo, veterano, istruttore capo dei Nocs, occhi verdi, granate per stordire (inerti) sul condizionatore, foto con dedica del «padrino» del corpo speciale, Francesco Cossiga. Ma non si pente e rifarebbe tutto. Anche la telefonata a casa dopo un famoso conflitto a fuoco del 1997. «Mario Moro era uno degli assassini del nostro unico caduto, l’ispettore Samuele Donatoni» racconta Vincenzo. «Lo abbiamo intercettato sotto una galleria sull’autostrada A24 (la Roma-Teramo, ndr) in direzione della capitale. Dopo essere stato speronato è saltato fuori balzando sul cofano del nostro mezzo. Ci ha sparato con la sua pistola a tamburo, ma la macchina era blindata. Rispondendo al fuoco l’abbiamo ferito e catturato». Con Donatoni erano amici per la pelle e andavano spesso a mangiare a casa del padre di Vincenzo. «Sono corso fuori dalla galleria e ho telefonato a casa. Papà, li abbiamo beccati tutti, ho urlato quando ha alzato la cornetta. Mi sono sfogato così» ricorda il veterano dei Nocs.  stato ancora lui a infilarsi in un buco sul monte Voltraio per liberare Augusto De Megni, allora bambino di 10 anni (oggi è un personaggio televisivo, dopo aver vinto la sesta edizione del Grande fratello), dopo 110 giorni di prigionia: il sequestratore Antonio Staffa gli puntava una 357 magnum alla testa. Fino a oggi i Nocs hanno assicurato alla giustizia 237 criminali e compiuto 5.065 missioni, liberando 325 ostaggi. Emilio è da 3 anni nel reparto speciale e aspetta solo il «go», l’ordine che fa scattare un intervento. Occhi marroni, maglietta nera, fa parte della squadra operativa cinofila. Il suo cane d’assalto si chiama Choise, un pastore belga Malinois. Sulla testa, in mezzo alle orecchie dritte come spade, gli hanno piazzato una piccola telecamera, collegata senza fili al monitor contenuto in una valigetta. addestrato a perlustrare e potrebbe trasmettere le immagini a infrarossi di una grotta nascondiglio per un rapito o di una casa rifugio di latitanti. I belgi infilano un auricolare nell’orecchio del cane per comandarlo a distanza. I Nocs, invece, si calano dagli elicotteri con il fedele animale, che azzanna chiunque si comporti in maniera ostile. Il telefonino di Emilio squilla. Lui si leva il passamontagna e sorride di gioia. « la mia compagna che ha appena fatto la prima ecografia: avrò un figlio maschio» esulta. «Oggi ero in servizio e non potevo andare con lei in ospedale». Ma c’è anche chi, come Carlo, ha lasciato la sua città, Forlì, e si è arruolato nell’unità d’élite a causa di una crisi sentimentale. «Un salto nel buio di cui oggi sono orgoglioso» spiega il caposquadra dei sommozzatori. Nel reparto speciale della polizia si sentono tutti fratelli. Non è raro che, se qualcuno parte in missione lasciando moglie e figli in vacanza, siano i colleghi che vanno a prenderli per riportarli a casa. La base dei Nocs ha una città fantasma dove gli uomini si addestrano secondo il loro motto: «Silenziosi come la notte». Un edificio grigiastro su due piani è la «shooting house» per esercitarsi al tiro: all’interno, sagome comandate da computer saltano fuori dal nulla. Possono essere ostaggi, banditi, terroristi: i Nocs devono reagire all’improvviso usando colpi veri senza fare errori. Non manca la palestra per tenersi sempre in forma, il poligono per i tiratori scelti e il campo di atletica. Molti Nocs sono primatisti. Uno di loro è stato a Pechino come giudice olimpico di pentathlon. L’unico del gruppo che si rivolge a tutti con il lei, e lo pretende, è il comandante, Paolo Gropuzzo. Ma non è questione di distacco: i suoi uomini si lancerebbero nel fuoco per questo triestino classe 1960. «La mia vita nei Nocs dura da 5 anni. Non ho una famiglia, un po’ per circostanze e un po’ per scelta. Per noi il segreto è l’equilibrio, anche privato, perché i sacrifici sono tanti» racconta Gropuzzo, che può farsi fotografare senza mefisto. Capelli a spazzola, fisico da culturista, ha dedicato la vita alla Polizia. Nel 2005 fece irruzione con i suoi uomini in un appartamento di Roma dove si era nascosto uno dei terroristi degli attentati alla metropolitana di Londra. Poteva indossare una cintura esplosiva, per fortuna stava solo pregando rivolto verso la Mecca. I Nocs si addestrano per qualsiasi eventualità, anche le più imprevedibili. Se, per esempio, un terrorista ha in pugno una granata e la sta per lanciare, un agente deve afferrargli la mano. Un altro l’avvolgerà velocemente con del nastro adesivo per evitare che molli la bomba facendola esplodere. Le scorte per le personalità a rischio sono una specialità del reparto. «Il sacrificio della vita per un poliziotto è da mettere in conto, soprattutto se fai parte di un’unità come la nostra» spiega Gropuzzo. «Se si comincia a sparare, il compito del caposcorta è fare da scudo con il proprio corpo alla persona protetta e portarla via prima possibile» proprio come nei film. I Nocs si devono anche adattare alle abitudini delle personalità sotto scorta. Per esempio, il segretario di Stato Usa Condoleezza Rice si sveglia alle 5 del mattino per pedalare sulla cyclette. In vacanza in Toscana l’ex premier britannico Tony Blair non si perdeva la sua corsetta quotidiana, e i Nocs dietro in pantaloncini corti e pistola. Invece l’ex presidente israeliano Moshe Katsav, ospite al Quirinale, decise di fare una passeggiata a piedi, a mezzanotte, nel centro di Roma senza dare nell’occhio. Non di rado gli uomini del gruppo devono cercare di risolvere imprevisti, come durante una visita del presidente George W. Bush. Gli americani decisero di far passare il corteo presidenziale dall’ingresso secondario dell’ambasciata a Roma, ma quando arrivò la limousine blindata della Casa Bianca ci si accorse che il cancello era troppo stretto. Gli americani non sapevano come risolverla. Alla fine venne fatto presente che Bush poteva fare 3 metri a piedi. I potenti regalano ai Nocs di tutto per ringraziarli. Il narghilé del presidente egiziano Hosni Mubarak, ospite lo scorso mese in Sardegna nella villa di Silvio Berlusconi. Oppure la pistola mitragliatrice con grilletto, con sicura e meccanismi in oro massiccio, del re saudita. Nel quartier generale dell’unità speciale di polizia fa bella mostra di sé la bandiera delle Brigate rosse che si trovava nella prigione di Dozier. Il generale americano liberato dai Nocs è venuto a trovarli lo scorso anno. A Lino, uno dei veterani dell’audace azione, ha detto: «Grazie a voi sono nato una seconda volta». «I Nocs sposano un valore, la missione, che alla fine diventa più importante della mamma, della fidanzata e della vita stessa» sostiene Doc. «Poi con il passare del tempo la famiglia diventa un appoggio importante per superare i sacrifici, anche se talvolta i matrimoni sono falliti a causa dell’amore per il reparto». Doc è il medico dei Nocs, che li segue nelle azioni più pericolose. Si chiama Gianluca, ha 44 anni ed è confessore, amico e psicologo degli uomini. Occhi azzurri, sposato, due figli piccoli, ogni volta che si infila il mefisto e segue l’azione spera in cuor suo di non sentire mai la frase: «Doc, uomo a terra». Una volta a Bitonto, durante un’irruzione alla ricerca di un latitante, «una bambina si fece la pipì addosso dallo spavento» ricorda Gianluca. «Soffriva di insufficienza renale. Sono un medico, mi sono levato il mefisto e l’ho presa in braccio per tranquillizzarla». Da lui i Nocs vanno anche per convincerlo a rimetterli in sesto per la prossima missione, piuttosto che marcare visita. Il lato meno conosciuto degli agenti speciali è il volontariato a favore dei poveri. Ma anche l’aiuto fornito al cappellano militare per tenere a posto il santuario di Veroli. Vincenzo, il veterano che ha sparato a banditi e terroristi, passa per il buon samaritano del gruppo. «Una volta in Sardegna ho fermato tutti perché una lumaca attraversava la strada» racconta. «Invece durante un appostamento un pastore maremmano stava per scoprirci: era a 5 centimetri dalla mia arma. Avrei dovuto eliminarlo, ma ci ha annusato e per fortuna se n’è andato». A ogni uscita rischiano la vita, però lo stipendio non è proporzionato: i più giovani prendono 1.200 euro al mese. Ma le motivazioni economiche non sono certo prevalenti. Sull’ultima pagina del libro fotografico per il trentennale c’è la foto di due agenti distrutti dalla fatica che si abbracciano. La didascalia spiega tutto: «Non siamo supereroi, ma uomini». Fausto Biloslavo