Saverio Lodato, Roberto Scarpinato, Il ritorno del principe, Chiarelettere, 2008, 347 pagine, 15,60 euro., 18 settembre 2008
Saverio Lodato, Roberto Scarpinato, Il ritorno del principe, Chiarelettere, 2008, 347 pagine, 15,60 euro
Saverio Lodato, Roberto Scarpinato, Il ritorno del principe, Chiarelettere, 2008, 347 pagine, 15,60 euro. Oscenità. «Il vero potere è sempre ”osceno”. Opera cioè nel ”fuori scena” (ob scenum). Sulla scena, nei luoghi istituzionali, viene inscenata una rappresentazione per il pubblico». Tra gli effetti di alcuni processi penali, il disvelamento al pubblico dell’«oscenità» del potere, come Tangentopoli e Mafiopoli. Postmafia. «Siamo alla postmafia. Se prima si utilizzava la categoria giuridica e concettuale del ”concorso esterno” in associazione mafiosa per indicare i colletti bianchi esterni alle organizzazioni mafiose che colludevano in vario modo con le stesse a livello individuale, ora, in molti casi, sarebbe forse più corretto parlare di concorso esterno delle organizzazioni mafiose negli affari loschi di settori delle classi dirigenti». Mostruosità. «I Riina, i Provenzano, i Concutelli, i Fioravanti, i Chiesa, i Poggiolini non sono – come si vorrebbe far credere – dei mostri, ma sono espressione di una mostruosità italiana che chiama in causa l’identità culturale del Principe [dal titolo del libro di Niccolò Machiavelli], cioè di quella componente della classe dirigente italiana che da sempre ha costruito il proprio potere sul sistema della corruzione, su quello mafioso, e che ha protetto nel tempo i vari specialisti della violenza utilizzandoli per gli omicidi di mafia e per la strategia della tensione realizzata mediante stragi di innocenti». Dorian Gray. «La mia ipotesi è che la criminalità del potere in Italia non sia la mera sommatoria aritmetica di migliaia di condotte criminali di singoli potenti […] piuttosto il ritratto di Dorian Gray di una componente significativa della nostra classe dirigente. La cartina di tornasole della sua segreta identità e, quindi, del reale modo di essere della democrazia e dello Stato». Sudamerica. «A saperla leggere oltre la cortina dell’ufficialità, la storia italiana presenta tratti di maggiore omogeneità con quella di alcuni Stati dell’America Latina, quali il Cile e l’Argentina […] piuttosto che con quella dei più avanzati Stati europei». Differenze: in America Latina «i settori più retrivi delle classi dirigenti hanno proseguito, anche nel secondo dopoguerra, a praticare ”sulla scena” della storia, tramite le dittature militari, quella violenza che, invece, nel salotto buono dell’Occidente europeo dopo la catastrofe della Seconda guerra mondiale e l’overdose di totalitarismi (nazismo, fascismo e franchismo), poteva essere praticata solo nel fuori scena». Chiesa. «L’etica del risultato – il fine che giustifica i mezzi […] è una teorizzazione della cultura laica, ma fin dai tempi dell’imperatore Costantino è sempre stata segretamente praticata da una certa cultura cattolica. Nessun fine è infatti superiore a quello della salvezza dell’anima e della chiesa. Per conseguire tale fine assoluto e superiore, tutti i mezzi sono stati ritenuti giustificabili: dalle guerre sante, ai roghi dell’inquisizione, alle scomuniche, all’alleanza, se necessaria, con dittatori sanguinari». Culture autoctone. «Quelle che non si apprendono sui banchi di scuola, ma si succhiano con il latte fin dai primi giorni e che costituiscono la vera legge della terra del nostro popolo»: la cultura cattolica («nella sua versione controriformista, antirisorgimentale, antiliberale e anticonciliare»), la cultura del familismo amorale («della famiglia intesa come unica vera patria, come unica sede della morale»), il machiavellismo deteriore («non riscattato neanche da fini superiori di interesse collettivo, ma finalizzato solo al conseguimento del proprio particolare elevato a a fine assoluto»), il fascismo. Fascismo. «Il fascismo con il suo mix micidiale e sinergico di culture autoctone radicate nei secoli e transgenerazionali [custodisce] tratti essenziali del vero genoma dell’identità culturale di massa del Paese e delle sue classi dirigenti – quella che è stata definita la spaventosa normalità italiana – mentre sia il canone liberale del XIX secolo, sia lo spirito della Costituzione [sono] espressione di culture elitarie, di realtà sociali corpose ma da sempre strutturalmente minoritarie». Normalità. «La ”normalità” fascista si interrompe a causa dell’intervento di un eccezionale fattore extrasistemico che consente di aprire una ”parentesi” nella storia nazionale: quella che porta all’emanazione della Costituzione del 1948, altra creatura artificiale di ristrette élite culturali, destinata dunque a essere riassorbita nel tempo dalla normalità nazionale […] La nostra Costituzione superò noi stessi e la nostra storia, fu un gettare il cuore oltre l’ostacolo, indicando un modello da raggiungere: la costruzione di uno Stato democratico di diritto che superava le possibilità etiche delle culture autoctone delle classi dirigenti e delle masse». Confisca. Chiusa la parentesi costituzionale, il ritorno alla normalità, a partire dalla partitocrazia e la correntocrazia, «cioè la confisca di quote determinanti e strategiche dell’autorità statale da parte di oligarchie private, con la conseguente trasformazione delle istituzioni in luoghi della politica ”messa in scena”, ove si provvedeva in realtà alla mera registrazione dk decisioni e di transazioni assunte dalle oligarchie nel ”fuori scena”». Insomma, dopo la parentesi liberale e rivoluzionaria della Costituente riprese immediatamente vigore il ”fuori scena” del Principe? «Possiamo tranquillamente affermarlo. Il Principe coniuga abilmente la contrattazione politica ufficiale con quella sottobanco. Nel senso che la modalità di contrattazione violenta destinata a restare occulta agevola la soluzione pacifica palese». Ed è subito storia di progetti di golpe, di stragi, storia pesante. «La strage di Portella della Ginestra del 1947 e le stragi neofasciste degli anni settanta sono atti di violenza politica dissuasivi, finalizzati a stabilizzare il sistema dei rapporti di forza esistenti». Dirigenti. «La storia politica italiana è stata segnata dalla figura del Principe: la componente più arcaica e premoderna della nostra classe dirigente il cui modo di praticare la lotta politica si è declinato, oltre che in termini palesi e legittimi, anche in forme criminali le cui principali espressioni sono state la corruzione, lo stragismo e la mafia». Mafia S.p.A. «Il fatturato delle mafie ruota intorno a novanta miliardi di euro, pari al 7 per cento del Pil, l’equivalente di cinque manovre finanziarie; come dire che la Mafia S.p.A. è la più grande impresa italiana e quindi uno dei poteri forti del Paese. Infine […] il metodo mafioso spiantato dal suo terreno di elezione classico e trapiantato in quello della criminalità dei colletti bianchi dilaga come metodo vincente dal Nord al Sud del Paese». Minoranze. «Fino ad oggi mi pare che questo Paese sia stato spesso salvato dalle sue minoranze. La stessa Unità d’Italia fu opera di una ristretta minoranza: i garibaldini, i carbonari, i mazziniani, i cavouriani e pochi altri che si inventarono una nazione che non esisteva. Il nostro patto sociale fondante – la Costituzione del 1948 – fu […] opera di una minoranza che non rifletteva le culture di massa di un Paese abitato allora in massima parte da una folla sterminata di povera gente ignorante che per secoli non aveva avuto la possibilità di sperimentare un potere democratico. Quella Costituzione ci ha salvati in passato e continua tutt’oggi nei momenti più critici […] L’ancoraggio all’Europa e la resistenza costituzionale sono due punti fermi». Varchi. «Proseguendo nell’inventario dei passaggi che hanno contribuito ad aprire dei varchi al dilagare della corruzione, va ricordata la riforma dei reati contro la pubblica amministrazione varata da una maggioranza di centro-sinistra con la legge 234 del 16 luglio 1997. Viene abolito il reato di abuso di ufficio ”non patrimoniale”, cioè quello del pubblico ufficiale che commette un atto contrario ai suoi doveri di ufficio, per fini diversi da quelli di procurare a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale. Si decriminalizzano così tutta una serie di condotte finalizzate alla gestione clientelare del potere. L’abuso patrimoniale rimane reato ma la pena viene sensibilmente ridotta, da cinque a tre anni. Con tre conseguenze: niente più custodia cautelare per i colletti bianchi, niente più intercettazioni e termini di prescrizione accorciati». Europa. «Fino agli inizi degli anni novanta la corruzione sistemica veniva finanziata tramite l’inflazione. La dilatazione senza limiti della spesa pubblica consentiva di foraggiare gli enormi costi della corruzione e di alimentare giganteschi circuiti clientelari. Basti pensare che il giro di affari della corruzione aveva generato un indebitamento pubblico tra i 150 mila e i 250 mila miliardi con 15-25 mila miliardi di relativi interessi annui sul debito. […] I rigidi parametri economici imposti dal trattato di Maastricht hanno fatto venir meno la possibilità di finanziare la corruzione con la dilatazione a gogo della spesa pubblica e con l’inflazione […] A questo punto [il sistema corruttivo italiano] ha iniziato a nutrirsi del tessuto connettivo del corpo sociale, mediante il progressivo e programmatico smantellamento dello stato sociale e il trasferimento delle risorse a potentati e lobby private». Privatizzazione occulta. «Consiste nello smantellamento e nel degrado programmato del pubblico mediante il dirottamento dei fondi statali verso privati ai quali si devolve il compito di svolgere gli stessi servizi e le stesse prestazioni che potrebbe svolgere il pubblico». Esempio, nella sanità: «Lo smantellamento progressivo di settori importanti della sanità pubblica, mediante il dirottamento dei fondi statali dagli ospedali pubblici alle cliniche private convenzionate di cui sono spesso soci palesi o occulti esponenti del ceto politico, loro parenti o prestanomi […] Così mentre le cliniche private prosperano e fanno affari d’oro con i soldi statali, gli ospedali pubblici vengono condannati al degrado e alla fatiscenza a causa della mancanza di fondi. La gente muore perché in caso di emergenza non si trova un posto in rianimazione in nessun ospedale […] La malasanità figlia della malavita politica causa più morti delle guerre di mafia». Finanziamenti. «Un altro filone aurifero per la nuova corruzione è quello dei finanziamenti erogati dalla Comunità europea con la finalità di consentire alle aree depresse di recuperare il ritardo accumulato, in maniera tale da uniformare il panorama economico all’interno dell’Ue. Un fiume di miliardi di euro che, stante la riduzione coatta della spesa pubblica statale […] è divenuta per tanti una greppia alternativa alla quale attingere a mani basse […] Mentre in Irlanda, in Spagna e in altri Paesi i fondi europei hanno fatto da volano al decollo economico, in Italia – patria del Principe – il fiume dell’oro di Bruxelles viene prosciugato lungo il suo percorso mediante mille canali di drenaggio che ne dirottano il corso verso i tanti rivoli della corruzione». Ingranaggi. «La mafia è anche uno dei tanti complicati ingranaggi che nel loro insieme costituiscono la macchina del potere reale nazionale; macchina che scrive il corso della storia collettiva operando in parte sulla scena, ma in gran parte dietro le quinte». Censure. «In occasione dell’assoluzione di Andreotti in primo grado Bruno Vespa dedicò all’evento una puntata trionfale della trasmissione televisiva Porta a porta. Quando invece il giudizio di primo grado venne ribaltato e la Corte di Cassazione, confermando la sentenza della Corte d’Appello, ritenne accertato con sentenza definitiva che Andreotti aveva avuto rapporti organici con la mafia sino agli anni ottanta restando coinvolto in fatti gravi, lo stesso Vespa non ne fece cenno al suo pubblico […] Dopo l’inizio del processo per mafia a carico del senatore Andreotti, la Rai fu autorizzata a riprendere tutte le udienze. Era stata quindi inserita nel palinsesto Rai la programmazione di trasmissioni quotidiane e anche settimanali di scene tratte dalle udienze. Dopo le prime due trasmissioni, che avevano registrato un’audience molto elevata, la programmazione fu cancellata. La Rai si accollò l’onere delle spese già anticipate e liquidate». Costituzione materiale. «[…] La mafia attiene a una modalità di esercizio violento e illegale del potere in Sicilia da parte di settori portanti della classe dirigente. Quella classe dirigente non è capace di autoriformarsi epurando la violenza dalla competizione sociopolitca per l’accaparramento delle risorse. Tale compito, dunque, non può essere assolto che dalla classe dirigente nazionale contro la volontà di quella locale. Ma poiché il gioco degli equilibri nazionali fa sì che la prima non possa reggersi senza il contributo della seconda, il problema ha natura macropolitica e appare insolubile come il cane che si morde la coda […] Qui sta il segreto della irredimibilità della mafia e il suo essere una componente della costituzione materiale del Paese. I Riina e i Provenzano passano, il Principe, il sistema di potere che li alleva, resta». Omissioni. «[…] Io credo che la vera politica giudiziaria non si realizza tramite le azioni che sono sottoposte al controllo critico della pubblica opinione, ma tramite le omissioni che si sottraggono a ogni controllo. Mi riferisco a coloro che teorizzano che la giurisdizione dovrebbe tenere conto delle compatibilità di sistema, perché altrimenti il sistema reagisce con leggi che subordinano la magistratura al potere politico per tenerla sotto controllo. Secondo alcuni di costoro, occorrerebbe, dunque, nell’interesse stesso della giurisdizione, abbassare il tiro autolimitamdo le indagini che portano verso l’alto e operare invece a pieno ritmo sulla struttura della mafia militare nella speranza di debellarla completamente […] Si tratta di una politica giudiziaria perdente, che invece di curare la causa del male interviene solo sul sintomo». Forbici. «L’Italia presenta fra i Paesi Ocse uno dei range maggiori di differenza regionale tra Nord e Sud. Questa forbice [che] tende ad accentuarsi […] è causata in buona parte dalle differenze di comportamento delle rispettive classi dirigenti pubbliche. La sinergia del Sud tra management del sottosviluppo, corruzione, sistemi criminali, criminalità mafiosa determina lo zavorramento di tutta l’economia meridionale allargando di anno in anno il fossato con un Nord nel quale la corruzione viene almeno in parte riassorbita dal ciclo economico globale e da politiche pubbliche improntate all’efficienza». Pericoli. «L’attuale ordinamento centralistico dello Stato ha in parte frenato l’allargamento della forbice tra Nord e Sud. Ma nel 2009 si completerà l’attuazione della riforma in senso federale del titolo V della Costituzione […] A quel punto la differenza della qualità della governance tra Settentrione e Meridione potrebbe scavare un solco tale tra le due parti del Paese da determinare quella che alcuni esperti hanno definito il rischio di una ”secessione tecnologica”. […] Con l’ulteriore pericolo di un rilancio in alcune aree – come la Sicilia al centro dell’area strategica del Mediterraneo – di un’economia parallela da porto franco – quale era quella di Tangeri – per attrarre capitali sporchi di tutte le specie compensando così la perdita di competitività sul terreno dell’economia legale».