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I corsivi di sabato
Capocomico
La Stampa
È più forte di me: Beppe Grillo mi è simpatico. Ho visto tutti i suoi spettacoli, mi travolge, mi fa ridere; quando sveste gli abiti del capopopolo e riveste quelli del capocomico, quando lungo la strada delle picche (che non abbandonerà) sale al paradosso e al surreale, cioè alla precisa misura della messa in ridicolo del potere, mi fa ridere e mi fa anche riflettere. Giovedì ha pubblicato un video garbato e leggero a fianco di un nero in spiaggia, e fingeva desolato di telefonare a Salvini - sono ovunque! - e quando il nero entrava in acqua richiamava i bambini - uscite, presto! - e infine se lo ritrovava fra i piedi al bar, a prendere una birra - bevono, proprio come noi!. Ci voleva, in questi giorni di allucinante disputa al rasoterra. Poi ieri, senza ironia e senza commenti, ha messo sul blog la bellissima e struggente lettera ricevuta da un ergastolano, e inviata in copia al ministro Bonafede. In effetti la comicità, in questo caso, risiede nella governativa e bambinesca raffica di promesse di inasprimento pene (in cui erano specialisti pure i governi precedenti): per chi avvelena i cani, per chi aggredisce gli infermieri, per chi rapina i benzinai, secondo l’offerta della cronaca del giorno. Nella lunga lettera l’ergastolano delinea la spietatezza del carcere, spiega che più carcere non serve, specie quello senza speranza dell’ergastolo ostativo (fine pena il 31 dicembre 9999, cioè mai). Alla sfinita causa della saggezza ha portato più Grillo in due giorni che l’intera opposizione in due mesi.
È più forte di me: Beppe Grillo mi è simpatico. Ho visto tutti i suoi spettacoli, mi travolge, mi fa ridere; quando sveste gli abiti del capopopolo e riveste quelli del capocomico, quando lungo la strada delle picche (che non abbandonerà) sale al paradosso e al surreale, cioè alla precisa misura della messa in ridicolo del potere, mi fa ridere e mi fa anche riflettere. Giovedì ha pubblicato un video garbato e leggero a fianco di un nero in spiaggia, e fingeva desolato di telefonare a Salvini - sono ovunque! - e quando il nero entrava in acqua richiamava i bambini - uscite, presto! - e infine se lo ritrovava fra i piedi al bar, a prendere una birra - bevono, proprio come noi!. Ci voleva, in questi giorni di allucinante disputa al rasoterra. Poi ieri, senza ironia e senza commenti, ha messo sul blog la bellissima e struggente lettera ricevuta da un ergastolano, e inviata in copia al ministro Bonafede. In effetti la comicità, in questo caso, risiede nella governativa e bambinesca raffica di promesse di inasprimento pene (in cui erano specialisti pure i governi precedenti): per chi avvelena i cani, per chi aggredisce gli infermieri, per chi rapina i benzinai, secondo l’offerta della cronaca del giorno. Nella lunga lettera l’ergastolano delinea la spietatezza del carcere, spiega che più carcere non serve, specie quello senza speranza dell’ergastolo ostativo (fine pena il 31 dicembre 9999, cioè mai). Alla sfinita causa della saggezza ha portato più Grillo in due giorni che l’intera opposizione in due mesi.
Mattia Feltri
Fascisti
Fascisti
la Repubblica
L’estrema destra è al governo: Salvini all’Interno, Fontana alla Famiglia. Poco importa stabilire se il termine “fascista” corrisponda alle due persone (formalmente, si tratterebbe di leghisti); decisivo, piuttosto, è registrare l’appassionato e incontrastato seguito che la loro azione politica riscuote tra i fascisti italiani vecchi e nuovi. Semplicemente entusiasti, e per comprensibili ragioni. Utile ricordare, anche, che leghista, formalmente, era pure lo sparatore di Macerata, ideale socio fondatore di un eventuale Ku Klux Klan italiano. Ora il problema è capire come e quanto coloro che hanno dischiuso le porte del potere all’estrema destra, ovvero i Cinquestelle, saranno in grado di fare da contrappeso e da calmiere alla robaccia che è nell’aria: il suprematismo bianco e l’integralismo cattolicista (che sta al cattolicesimo come l’islamismo sta all’Islam), i miliziani uncinati e le curve nazi le cui felpe il ministro dell’Interno (che avrebbe il compito di combattere la violenza) indossa con puerile soddisfazione. In questo quadro, oggettivamente pessimo, lo stop di Conte e Di Maio alla richiesta di abolire la legge Mancino contro l’istigazione all’odio razziale è importante. Bisogna registrarlo con soddisfazione e incassarlo con speranza. Non è secondario scoprire che esiste, tra i grillini, perfino qualche pulsione antifascista. In tempi grami è realistico prendere quello che c’è di buono, e cercare di considerarlo importante.
L’estrema destra è al governo: Salvini all’Interno, Fontana alla Famiglia. Poco importa stabilire se il termine “fascista” corrisponda alle due persone (formalmente, si tratterebbe di leghisti); decisivo, piuttosto, è registrare l’appassionato e incontrastato seguito che la loro azione politica riscuote tra i fascisti italiani vecchi e nuovi. Semplicemente entusiasti, e per comprensibili ragioni. Utile ricordare, anche, che leghista, formalmente, era pure lo sparatore di Macerata, ideale socio fondatore di un eventuale Ku Klux Klan italiano. Ora il problema è capire come e quanto coloro che hanno dischiuso le porte del potere all’estrema destra, ovvero i Cinquestelle, saranno in grado di fare da contrappeso e da calmiere alla robaccia che è nell’aria: il suprematismo bianco e l’integralismo cattolicista (che sta al cattolicesimo come l’islamismo sta all’Islam), i miliziani uncinati e le curve nazi le cui felpe il ministro dell’Interno (che avrebbe il compito di combattere la violenza) indossa con puerile soddisfazione. In questo quadro, oggettivamente pessimo, lo stop di Conte e Di Maio alla richiesta di abolire la legge Mancino contro l’istigazione all’odio razziale è importante. Bisogna registrarlo con soddisfazione e incassarlo con speranza. Non è secondario scoprire che esiste, tra i grillini, perfino qualche pulsione antifascista. In tempi grami è realistico prendere quello che c’è di buono, e cercare di considerarlo importante.
Michele Serra
Paradiso
Paradiso
il Giornale
E se l’aldilà non c’è, ce ne faremo uno noi, un paradiso apposta per stare insieme tu e io, oltre la vita, all’infinito. È un pensiero di Sergio Claudio Perroni, scrittore siciliano di proverbiale intransigenza, con gli altri, con la vita, e anche con se stesso. La sua visione demiurgica da a quelle parole non un significato simbolico, allusivo, ma letterale e senza una prospettiva religiosa, trascendente, se è vero che in premessa scrive: «Ama impetuosamente, senti forsennatamente, non c’è altra vita». Ma il paradiso è una bella invenzione ed è triste rinunciarvi. E così ce ne possiamo inventare uno a nostra immagine e somiglianza. Il libro di Perroni Entro a volte nel tuo sonno (La nave di Teseo editore) è una raccolta di frammenti di un discorso amoroso con mille riflessioni sulla vita e sul destino. Sono pensieri che era arrivato il momento di far conoscere anche in forma di capricci, di contrappunti. «al mondo intero al cuore del mondo». Perroni, come i grandi moralisti, ci rivela quello che noi pensiamo, non parla di sé o per sé ma per conto dell’umanità. Le sue sono rivelazioni, illuminazioni, avvertimenti, da una posizione di assoluta neutralità. Baudelaire dedicava i suoi Fiori del male all’hypocrite lecteur, mon semblable, mon frere. Nella complicità, la confidenza può essere completa, fino all’estremo riconoscimento della sublimazione amorosa: «Le donne non smettono mai di partorire il proprio figlio, diventano madri del fratello, madri del marito, del padre che le ha messe al mondo, madre di ogni maschio che amano».
E se l’aldilà non c’è, ce ne faremo uno noi, un paradiso apposta per stare insieme tu e io, oltre la vita, all’infinito. È un pensiero di Sergio Claudio Perroni, scrittore siciliano di proverbiale intransigenza, con gli altri, con la vita, e anche con se stesso. La sua visione demiurgica da a quelle parole non un significato simbolico, allusivo, ma letterale e senza una prospettiva religiosa, trascendente, se è vero che in premessa scrive: «Ama impetuosamente, senti forsennatamente, non c’è altra vita». Ma il paradiso è una bella invenzione ed è triste rinunciarvi. E così ce ne possiamo inventare uno a nostra immagine e somiglianza. Il libro di Perroni Entro a volte nel tuo sonno (La nave di Teseo editore) è una raccolta di frammenti di un discorso amoroso con mille riflessioni sulla vita e sul destino. Sono pensieri che era arrivato il momento di far conoscere anche in forma di capricci, di contrappunti. «al mondo intero al cuore del mondo». Perroni, come i grandi moralisti, ci rivela quello che noi pensiamo, non parla di sé o per sé ma per conto dell’umanità. Le sue sono rivelazioni, illuminazioni, avvertimenti, da una posizione di assoluta neutralità. Baudelaire dedicava i suoi Fiori del male all’hypocrite lecteur, mon semblable, mon frere. Nella complicità, la confidenza può essere completa, fino all’estremo riconoscimento della sublimazione amorosa: «Le donne non smettono mai di partorire il proprio figlio, diventano madri del fratello, madri del marito, del padre che le ha messe al mondo, madre di ogni maschio che amano».