Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2018  agosto 04 Sabato calendario

Umami, lasciatevi guidare dal quinto gusto

C’è il salato, il dolce, l’aspro, l’amaro, e poi c’è l’umami. Chi frequenta i ristoranti giapponesi lo conosce, gli altri forse no. La zuppa di miso piace perché è salata, e anche perché possiede un altro gusto che soddisfa il palato: l’umami. Fino al 1909 questo gusto non era conosciuto. Meglio, non era stato identificato. Un professore di chimica dell’Università imperiale di Tokyo, Kikunae Ikeda, disse di aver scoperto un altro sapore oltre ai quattro già conosciuti. Umami sta per “saporito”, un gusto che è associato “alla carne, al pesce, e così via”. Ci sono nella cucina giapponese, oggi così di moda in Italia, due cibi che insieme forniscono il gusto umami: l’alga kombu e il brodo a base di tonno bollito essiccato. Per quanto il gusto sia qualcosa di soggettivo, il professore fece numerosi esperimenti, racconta Jonathan Silvertown in A cena con Darwin (Bollati Boringhieri), e arrivò alla conclusione che era anche qualcosa di oggettivo. Umami: con il suffisso mi che in giapponese significa “essenza”.
Di più: “essenza saporita”. Il chimico giapponese voleva identificare la sostanza, perciò fece numerosi tentativi usando le alghe marine. Usò i processi di evaporizzazione, distillazione, cristallizzazione e precipitazione, fino a che, dopo 38 passaggi, trovò una sostanza granulosa composta di cristalli che sapevano di brodo di alghe. Ikeda dimostrò che quei cristalli purificati non erano altro che acido glutammico, e il sale di sodio, il glutammato monopodico, era la sostanza che dava il gusto umami più intenso. All’inizio del secolo XX nessuno sapeva che si trattava del quinto componente del gusto umano e che nella nostra bocca ci sono cinque tipi di cellule che vi corrispondono. L’acido glutammico è presente non solo nelle alghe, ma anche in altri alimenti ricchi di proteine come la carne, ed è fondamentale per segnalarci che stiamo mangiando qualcosa di nutriente. Mangiamo la cosa giusta.
Silvertown spiega come si formi questo acido nelle alghe marine; c’è però anche nel pomodoro cotto e negli alimenti fermentati come la pasta di soia e il miso. E nel parmigiano, la cui granulosità contiene i cristalli di glutammato monosodico. Nella bocca, sulla lingua e nel palato, abbiamo dei recettori che ci avvisano se quello che mangiamo è davvero nutriente o no. Il processo di selezione naturale ci ha portato a questo. Per quanto oggi incriminato, il sodio è un elemento fondamentale per la vita animale. Dei cinque gusti i più sfortunati sono piuttosto l’amaro e l’aspro, ma anche questi sono diventati, o forse stanno per diventare, di moda, come l’amaro dei cavoletti di Bruxelles, verza e broccoli, oppure la senape, che piace ai popoli nordici, insieme al rafano e al wasabi. Prossima volta che mangiate giapponese, pensateci.
Buon umami!