Corriere della Sera, 4 agosto 2018
«Così cambierò X Factor». Parla Simone Ferrari che ha preso il posto di Luca Tommassini come direttore artistico
«Solo in Italia succede che mi facciano notare che ho “appena 30 anni” o che guidi team in cui tutti sono più grandi di me. Anche a X Factor credo di essere il più piccolo della squadra creativa». Simone Ferrari non è solo il più piccolo, ma è anche il nuovo direttore artistico del talent di Sky (che riparte giovedì 6 settembre, alle 21.15, su Sky Uno). Lui, regista di importanti cerimonie sportive – il suo show Wondrous Wind nel 2017 ha chiuso gli Asian Aimag Games, le Olimpiadi d’Oriente —, dal 2013 lavora nella società di Marco Balich, di cui è direttore creativo. Ora, prenderà il posto di Luca Tommassini, passato ad Amici. «È una proposta che non mi aspettavo, mi ha stupito – racconta –. La prima reazione è stata chiedere: ma siete sicuri? Con la partenza di Luca per loro si era chiuso un ciclo e ho stimato il coraggio di dire: cambiamo completamente e prendiamo una persona che non ha mai fatto tv». Ha accettato, perché «volevo confrontarmi con questo mezzo e portare a X Factor un’estetica differente, la mia».
Diversa, dunque, da quella di Tommassini. «Abbiamo percorsi molto differenti. Lui ha fatto la storia della tv, come nessuno ha portato un mondo di internazionalità in quella italiana. Però si sente che abbiamo quasi vent’anni di differenza: Luca ha vissuto i grandi show di Madonna e Prince; quell’estetica anni Novanta che ha contribuito a formare. Io ho dei gusti che mi portano a sottrarre, a raccontare con i video attraverso uno stile meno grafico e più cinematografico, a usare le luci in modo installativo. Differenze che spero si vedranno: spero di portare un’altra voce».
Quando X Factor è iniziato in Italia, Ferrari era in quinta superiore: «Me lo ricordo perché un mio conoscente partecipò. No, non è diventato famoso. È lo show più bello che c’è in televisione: è tutto nero, laccato, ci sono i raggi di luce...». Una cura che farebbe bene a tutta la tv italiana, dice: «Siamo un po’ indietro: bisognerebbe fidarsi di più della capacità del pubblico di caprie cosa è bello e cosa no e rischiare. Qui mi hanno dato libertà totale: è un grande banco di prova. Ma la tv è un mezzo che voglio esplorare».
Le piacerebbe lavorare su Sanremo? «Sarebbe incredibile. Mi piacerebbe sperimentare, dalla tv all’opera. Penso al lavoro di Michieletto: è moderno, bello, coraggioso. L’opera è il mezzo per eccellenza per un regista per potersi confrontare con complessità espressive molto forti».
L’obiettivo di Ferrari era curare una cerimonia olimpica entro i 30 anni: «Doveva essere il 24 settembre, il giorno prima del mio compleanno. Poi l’hanno spostata al 27... ma va bene comunque». Entro i 35 cosa sogna? «Mi piacerebbe creare uno spettacolo mio. E poi lavorare su Verdi all’Arena di Verona: quella dinamica da stadio mi divertirebbe molto». Se potesse diventare regista di qualche artista, lavorandone l’immagine, cita Janelle Monáe e Liberato. Lui, che a 16 anni si sognava batterista («poi ho aggiunto degli strati al mio desiderio di comunicare»), dei talent non ama «quando viene attaccata la persona e non quello che fa sul palco. A X Factor non succede però. E i talent si sono evoluti: oggi si presentano non solo persone di talento, ma artisti con identità già forti, tipo i Måneskin». Tra le difficoltà del suo nuovo ruolo, c’è il tempo: «È un problema gigantesco che cerco di trasformare in spunto creativo. Si parla di 15, 16 performance a settimana. Parlare di arte, ogni volta, non è semplice, ma devono essere sempre spettacoli di livello, che facciano dire: wow». Tommassini appariva in video. Lei? «Ho sicuramente una personalità diversa, preferisco parlare attraverso quello che faccio. Ma il fatto che esista e venga riconosciuto non mi dispiace, anche per far capire cosa è il mio lavoro. Quindi sì, credo apparirò anche io».