il Fatto Quotidiano, 4 agosto 2018
Sugarfree, quattro amici al Festivalbar. Sono rimasti in tre
Erano “affetti da una strana forma di cleptomania”, che se li è portati via (metaforicamente, eh): il successo, per gli Sugarfree, è durato appena un lustro – dal 2004, anno di uscita del singolo Cleptomania, al 2009, quando il frontman Matteo Amantia Scuderi viene sostituito da Alfio Consoli, la chitarra passa da Luca Galeano a Salvo Urzì e il tastierista Vincenzo Pistone abbandona il gruppo. Dopodiché, le déluge, che a Catania suona quasi come una bestemmia, ma tant’è.
Negli anni la formazione è cambiata diverse volte, in un tira-e-molla artistico e sentimentale degno di un fogliettone. Dal 2015 la band si è stabilizzata, e al momento è composta da Amantia Scuderi (voce e chitarra), Giuseppe Lo Iacono (batteria) e Carmelo Siracusa (basso e contrabbasso). La fluidità è nel dna del gruppo, nato “nel 2004 dalla fusione e dal rimescolamento di due precedenti formazioni”, spiega il vocalist Amantia. “Io ho poi deciso di mollare nel 2009 per motivi artistici: in quel periodo avevo parecchi brani da far uscire, ma la casa discografica imponeva una linea in cui non mi ritrovavo più. Così ho lasciato gli Sugarfree e intrapreso una carriera da solista: album, sperimentazioni, tanta musica elettronica, tutti progetti che tuttora porto avanti”. La reunion, con alcuni almeno, è di qualche anno fa: “Sono venuti a trovarmi in studio i miei vecchi colleghi: ‘Che vogliamo fare?’, ci siamo detti. Siamo tutti adulti per decidere se vogliamo rimettere in piedi la band e riprovarci. E così abbiamo fatto”.
Tutti catanesi, e a oggi non ancora quarantenni, gli Sugarfree iniziano giovanissimi a suonare cover rock degli anni 50-60. La fama arriva nel 2004 con il singolo Cleptomania, inciso da Warner e seguito dall’album (di debutto) Clepto-manie, già disco d’oro in prevendita. Nel 2006 partecipano sia a Sanremo con Solo lei mi dà sia al Festivalbar con Inossidabile, mentre due anni dopo escono con Scusa ma ti chiamo amore, tratto dall’omonimo film (a sua volta tratto dall’omonimo romanzo) di Federico Moccia. Del 2008 è anche il secondo album, Argento; il terzo invece, Famelico, uscirà nel 2011, quando il gruppo si è già disfatto e rifatto.
Amantia annuncia il ritorno a fine 2014, e nel 2015 la band è pronta a risalire sul palco, con un “Live Tour”. Ma quanto è stato difficile tornare, riproporsi, senza ripetersi? “In molti, e per parecchi anni, ci hanno chiesto un clone dei nostri brani passati, ma abbiamo sempre resistito alla tentazione, restando il più possibile fedeli al nostro percorso artistico. Chiaramente è stata durissima: in questo mondo, ritornare dopo tanto tempo – soprattutto per chi, come noi, ha avuto molta visibilità – non è facile. In ogni caso, ci siamo ancora; in ogni caso, facciamo concerti; in ogni caso, giriamo l’Italia. Ancora una volta. Al momento stiamo lavorando a un nuovo album: dovrebbe uscire dopo l’estate”.
Strada facendo, qualcuno si è perso: non tutti i membri, infatti, hanno continuato e coltivato il sogno della musica. “Il tastierista (Vincenzo Pistone, ndr), che ha mollato prima di tutti, si è trasferito da Catania a Milano e lavora, credo tutt’oggi, per un’azienda telefonica. Ha cambiato proprio vita. Il chitarrista (Luca Galeano, ndr), invece, ha mollato per motivi personali, ma è un professionista e continua a suonare”.
E lei, Matteo, ha mai pensato di mollare tutto e rifarsi una vita fuori dalla sala di registrazione e giù dal palco? “Ovviamente sì. Sono sempre stato tormentato dai dubbi, e non ho preso tanto bene nemmeno la fama. All’epoca ero molto giovane, avevo 24 anni, ma già due figli: è stato difficile vivere il successo nell’ambito più intimo e familiare. Dopo l’album da solista mi sono fermato, dedicandomi solo al centro culturale in provincia di Catania da me fondato insieme ad alcuni amici, e che tuttora gestisco: lì organizzo corsi di musica, eventi, concerti live, mostre di fotografia e di arte, proiezioni… Per un paio d’anni non ho neanche scritto canzoni: non mi andava proprio… Poi, pian piano, è tornata la voglia di scrivere, di esprimermi con la musica”.
Quanto sono cambiati musicalmente gli Sugarfree di oggi? “All’epoca eravamo una grande squadra, c’era un forte collante. Ora invece siamo più isolati: stiamo cercando le persone giuste per ricostituire tutto lo staff, al di là dell’aspetto squisitamente artistico. Poi, non dimentichiamo che all’inizio eravamo supportati dalla Warner: era tutto più semplice, ovviamente”.
Oggi invece passate per “meteore”… “È un’etichetta un po’ triste, però in effetti, se meteora è uno che ha avuto successo e poi l’ha perso, allora sì, ovvio che sono una meteora. Non mi piace come definizione, ma che ci posso fare?… Oggi come oggi vivo tutto più serenamente: sono una persona più consapevole e matura. So benissimo che è difficile tornare ai numeri di 15 anni fa. Ma non ho un piano B: voglio restare a lavorare in ambito musicale, anche come produttore. Sono consapevole del fatto che il successo potrebbe non tornare mai più, ciononostante non mi allontanerei mai dal mondo della musica”.