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 2018  agosto 04 Sabato calendario

Le confessioni di Lisa Jobs, figlia di Steve Jobs. «Diceva: da me non avrai nulla»

«Papà, ma quel computer della Apple l’avevi chiamato Lisa pensando a me?» «Niente affatto mia cara: è una sigla che sta per Local Integrated Systems Architecture». Per molto tempo Steve Jobs ha negato di aver dedicato una delle sue prime macchine, uno sfortunato pc presto soppiantato dal Macintosh, a Lisa Brennan Jobs, la sua prima figlia. Salvo ammettere la cosa molti anni dopo durante una vacanza nella villa di Bono sulla Costa Azzurra, rispondendo a una domanda del capo degli U2.
Geniale e brutale: le luci e le tenebre di Steve Jobs, il suo temperamento impossibile coi dipendenti, li abbiamo raccontati tante volte. Ma nella sua tormentata avventura umana il fondatore della Apple è stato duro anche coi suoi cari e soprattutto con la prima figlia, Lisa, riconosciuta tardivamente, dopo aver negato per anni di esserne il padre. Ora lei, ormai quarantenne, racconta in un libro la storia del suo tormentato rapporto con un uomo che descrive come «avaro di denaro, di parole e di affetto». Ma che, pure, non ha mai smesso di attrarla col suo magnetismo, dandole luce con la sua sola presenza.
In «Small Fry», un libro che verrà pubblicato tra un mese ma del quale «Vanity Fair» offre alcune anticipazioni, Lisa ripercorre la sua disperata ricerca di strappare un po’ di tenerezza a un padre scontroso, irrequieto, diffidente. Icona vivente del nostro tempo fino alla sua prematura scomparsa (nel 2011 quando è stato ucciso da un tumore al pancreas), l’uomo che con le sue creazioni tecnologiche ha cambiato il nostro stile di vita, continua a essere studiato in tutte le pieghe del suo carattere. A incuriosire è soprattutto l’enigma irrisolto di un personaggio noto per la brutale sincerità dei suoi giudizi, duro con gli altri e anche con se stesso nell’enunciare le sue verità scomode, ma capace, al tempo stesso, di negare l’evidenza, anche per anni.
Nel racconto di Lisa – la figlia prima respinta, poi accettata, ma sempre tenuta a distanza che, dopo aver studiato a Palo Alto, ad Harvard e al King’s College di Londra, ha fatto la giornalista per «Vogue», il magazine di Oprah Winfrey e altre testate – troviamo sia le sue verità brutali, sia l’ostinato rifiuto della realtà. In uno degli ultimi incontri, quando Steve era ormai sul suo letto di morte, Lisa racconta di essere andata in bagno prima di salutarlo e di essersi spruzzata sul viso dell’acqua di rose, senza rendersi conto che il profumo di questa essenza naturale sarebbe cambiato in pochi minuti: «Mi chinai per salutarlo. Poi, mentre mi allontanavo, mi richiamò: Lisa, hai l’odore del water di un gabinetto».
Un addio amaro per Lisa, che, anche dopo il riconoscimento, non è mi riuscita a integrarsi nella famiglia di Steve Jobs. Lui, abbandonata una volta incinta Chrisann Brennan – sua compagna per cinque anni, fin dai tempi del liceo – sposò successivamente Laurene Powell. Dalla quale – dopo aver sostenuto a lungo di essere sterile – ha avuto altri tre figli. Quando Chrisann partorì in una fattoria, Steve non c’era, ma arrivò tre giorni dopo. Negò di essere il padre, ma scelse il nome di Lisa, insieme alla madre. 
Per due anni Chrisann lavorò come donna delle pulizie e cameriera per allevare la figlia mentre Steve rifiutava di contribuire in alcun modo. Costretto poi dal tribunale a sottoporsi a un test genetico che stabilì la sua paternità, Steve cominciò a versare gli alimenti. Cifre sempre molto limitate che costrinsero madre e figlia a vagare per le case di amici – 13 traslochi in pochi anni – per sbarcare il lunario. 
Anche dopo la prova del test genetico, Steve continuò a negare l’evidenza arrivando a definirsi sterile. Solo quando Lisa aveva otto anni Jobs cominciò a trattarla come una figlia. Ma sempre con freddezza. Lisa ricorda che una volta gli chiese una delle sue Porsche: non solo ricevette un diniego, ma si beccò un irato «ricordati che da me non avrai mai nulla». Un’asprezza forse frutto dei vuoti e dei rancori che hanno segnato la vita del fondatore della Apple fin dalla nascita: abbandonato dai genitori ventenni – una studentessa e un siriano che poi diventerà docente universitario – e dato in adozione ai Jobs, una famiglia di umili origini.