la Repubblica, 4 agosto 2018
Operazione Modric, i vantaggi del fisco che la serie A sfrutta
A Nyon, tra i corridoi dell’Uefa, già se ne parla come una sorta di “legge Beckham”, quella che in Spagna diede il via allo sbarco dei marziani. Ma all’italiana. Un passepartout per il ritorno di campioni attratti dalla possibilità di trasformare in guadagni sostanzialmente netti tutte le entrate “extra”: è la mini tassa per gli stranieri che decidono di trasferirsi in Italia. E non è un caso che, dopo Ronaldo all’orizzonte della nostra Serie A sia comparso pure Modric. L’Inter ci sta provando sul serio, certa di avere gli strumenti per convincerlo. Avrebbe una sua promessa, o almeno quella di Vlado Lemic, il suo agente, da qualche ora a Milano. Il Real ha detto no, vuole i 750 milioni della clausola e non è disposto a fare sconti anche perché se l’uscita di CR7 era pianificata, quella di Modric non lo è affatto. Ma Lemic ha chiesto all’Inter di aspettare domani, quando vuole chiedere al Real ( che però ha i suoi vertici negli States e non torneranno fino a mercoledì) che Modric sia liberato: come Cristiano Ronaldo. Non a 100 milioni ma a 40 tra prestito – a 15 milioni – e diritto di riscatto a 25. Spiegherà che il regista croato (aveva la parola del Madrid per liberarsi a gennaio) vuole andare all’Inter subito, pure guadagnando un paio di milioni in meno dei 10 che gli garantisce per altri due anni il Real. E come lui Kovacic, nel mirino del Milan. Attratti (anche) da una prospettiva destinata a diventare calamita per campioni. Con la mini tassa sui redditi prodotti all’estero non vale per gli stipendi pagati da società italiane – si può ora applicare un’unica imposta sostitutiva da 100mila euro: dura 15 anni e il requisito fondamentale per accedervi è non essere stato residente in Italia in 9 anni dei 10 precedenti.
Certo Cavani o Pogba, che dall’Italia sono passati, sono esclusi. Ma i vantaggi sono evidenti e potrebbero anche alleggerire i bilanci dei club. «Anche l’ingaggio potrebbe non essere del tutto considerato di fonte italiana», secondo Sergio Sirabella, esperto nella fiscalità d’impresa e internazionale. «Una parte dello stipendio – spiega – come i bonus per competizioni come la Champions League o le tournée promozionali di precampionato, potrebbe essere coperta dal regime sostitutivo in quanto l’attività è prestata all’estero. In questo modo il netto che il calciatore chiede come ingaggio sarebbe più vicino al lordo per il club di calcio». Di fatto, abbasserebbe i costi anche per le società italiane. Ma la chiave sono le sponsorizzazioni: tutti i grandi campioni pubblicizzano grandi marchi all’estero e giocando qui quei redditi sarebbero quasi esentasse. «La domanda da farsi però – continua Sirabella – è: come definire se il calciatore sta svolgendo l’attività pubblicitaria in Italia o all’estero? Se un calciatore sottoscrive un contratto di sponsorizzazione con un marchio internazionale e realizza uno spot all’estero, ma la pubblicità viene diffusa anche in Italia, una parte potrebbe essere considerata di fonte italiana, e quindi tassata secondo le regole ordinarie dell’Irpef. I criteri per quantificare il reddito prodotto in Italia potrebbero essere vari. Fondamentale è presentare un interpello all’Agenzia delle Entrate per capire quali siano i redditi coperti dal regime sostitutivo». E in effetti più di un club si è mosso interpellando l’Agenzia delle entrate sui criteri di applicazione della flat tax: «Per le squadre di calcio è importante, potrebbe essere di grande appeal in fase di negoziazione dei contratti con i calciatori. Ma chi si trasferirà ora potrà applicare il regime fiscale soltanto a partire dal 2019».