Corriere della Sera, 4 agosto 2018
Breve ritratto di Lorenzo Fontana, il ministro guastafeste
MILANO MARITTIMA (Ravenna) Dalla terrazza dell’hotel di Lorenzo Fontana si sente forte e chiaro il risuonare della musica del Papeete beach, la spiaggia di Milano Marittima in cui si ritrova in questi giorni buona parte della Lega di governo. Ma lui, tra gli ombrelloni, non si fa vedere: dicono sia un po’ refrattario ai bagni di sole.
O forse, Lorenzo il guastafeste si è reso conto che il venerdì 3 agosto non era affatto un buon giorno per costringere la Lega su un nuovo fronte, quello dell’abolizione della legge Mancino. Una nuova linea di fuoco che si apre non tanto e non solo con il Partito democratico, con la Comunità ebraica, con l’Associazione partigiani o con Liberi e uguali. Il problema è che, una volta di più, le parole del «ministro alla medievalità» (copyright del pd Alessandro Zan) vanno a infiammare le terminazioni nervose degli alleati a 5 stelle. Tanto che la presa di distanze di Giuseppe Conte è probabilmente la più sonora da quando è premier: «Ritengo che siano sacrosanti gli strumenti legislativi che contrastano la propaganda e l’incitazione alla violenza e qualsiasi forma di discriminazione razziale, etnica e religiosa».
Del resto, il cattolicissimo Fontana aveva cominciato prestissimo a vestire i panni del guastatore: il 2 giugno il governo aveva giurato da neppure 24 ore che lui aveva rilasciato al Corriere una controversa intervista sulle famiglie gay. Peccato che sul tema i 5 stelle non fossero (e non siano) tanto disposti a lasciar correre. La polemica era infatti esplosa alla fine del mese, quando il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Vincenzo Spadafora aveva partecipato al Pride di Pompei per dire che «l’Italia non tornerà indietro sui diritti». Fontana gli aveva tirato le orecchie: «Parla a titolo personale». Eppure, l’argomento è delicato, da trattare con i guanti: colpisce le sensibilità di parecchi esponenti di primo piano del movimento. Al punto che Silvio Berlusconi con i suoi non manca mai di definire i 5 stelle come «un partito così diverso».
Ma lui, Fontana, va diritto per la sua strada. Devotissimo alla Madonna al punto che qualche leghista irriverente lo chiama Mariano, sui principi non transige. A costo di far fare qualche smorfia persino al suo segretario, che ieri è stato costretto a tirare il freno: «Evitare di processare le idee nel nome della libertà di pensiero è una battaglia giusta ma certo non una priorità».
Il ministro veronese annuisce e spiega: «Certo che non lo è. Però è un tema importante per il Paese». Poi, a sorpresa, scandisce: «Io detesto fascismo e razzismo». Addirittura? «Ma certo. Da identitario e cattolico non potrebbe essere diversamente. E io sono anche per sanzionare severamente queste cose. Però, la legge non può essere «utilizzata come una clava per zittire qualsiasi pensiero non omologato. Non si può accusare di razzismo l’intero governo per il caso di Daisy Osakue, quando – come si è visto – di razzismo in questa vicenda non c’era l’ombra». Più in generale, si chiede Fontana, «essere contro l’immigrazione incontrollata è razzismo? Non credo. Non credo proprio. E anche i 5 stelle, che tante volte sono stati attaccati pretestuosamente, dovrebbero pensarci…».