Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Voteremo per il referendum nel giorno dei ballottaggi per le Amministrative, cosa che ha fatto arrabbiare l’opposizione e soprattutto la Confindustria. La presidente, Emma Marcegaglia, ha rilasciato una dichiarazione in cui sostanzialmente dice: come potranno tassarci per ricostruire l’Abruzzo quando buttano i soldi per non fare l’Election day? Come mai non hanno ancora tagliato le spese improduttive e preso lì i denari per aiutare i terremotati?
• Lo sa che non ho capito niente?
Il 7 giugno ci sono le elezioni europee e un bel po’ di elezioni amministrative, per eleggere Consigli comunali e provinciali. In queste Amministrative esiste il ballottaggio: se nessuno dei candidati alla carica di sindaco o presidente della Provincia raggiunge il 50% +1 dei voti, bisogna votare un’altra volta scegliendo tra i due che ne hanno presi di più. Il 2˚ turno si deve tenere due settimane dopo il primo, dunque il 21 giugno. C’è poi il referendum elettorale, che si doveva tenere l’anno scorso e slittò a quest’anno perché venne sciolto il Parlamento e la Costituzione vieta che referendum ed elezioni politiche si tengano nello stesso anno. Di questo referendum elettorale bisogna fissare la data. La logica vorrebbe che si tenesse il 7 giugno, per non disturbare troppo gli elettori e soprattutto risparmiare soldi. lapalissiano che tenere il referendum in un giorno diverso è un costo.
• Perché non si può tenere il 7 giugno?
La Lega vuole che il referendum fallisca e per star sicura punta al non-raggiungimento del quorum. Perché il referendum abbia valore di legge, bisogna che si rechino alle urne almeno il 50% degli elettori. E questa percentuale non viene più raggiunta dal 1997. La Lega vuole che il referendum fallisca perché uno dei tre quesiti taglia certe frasi dall’attuale legge elettorale in modo tale che, se il ”sì” al taglio vincesse, Berlusconi non avrebbe più bisogno di allearsi con Bossi per avere la maggioranza assoluta in Parlamento. Col 35% dei consensi si troverebbe a controllare il 55% dei seggi. Nella riunione che c’è stata l’altro giorno, Bossi e Calderoli avrebbero detto a Berlusconi: se indici il referendum il 7 giugno, usciamo dalla maggioranza, cioè facciamo cadere il governo. Almeno, Berlusconi la racconta così.
• Quindi quando si voterà?
La Lega avrebbe voluto che sui tre referendum gli italiani si esprimessero il 14 giugno. Si sarebbe trattato di andare a votare per tre domeniche di fila: il 7 Europee e Amministrative, il 14 il referendum, il 21 i ballottaggi delle Amministrative. Fino al giorno del terremoto, Berlusconi non ha detto una parola. Ma dopo il sisma ha detto qualcosa come: «Bisogna pensarci: votare il 14 giugno ci costa un sacco di soldi e quelli sono soldi che invece si possono dare ai terremotati. Il Partito democratico (che strepitava per il 7 giugno, subito chiamato Election Day) una volta tanto non ha tutti i torti».
• Quanto ci costa?
Il Pd, Di Pietro, il Comitato dei referendari sostengono che si tratta di 400 milioni di euro. I leghisti contestano questa cifra: dicono che 200 milioni sono costituiti da denaro virtuale, cioè è il calcolo di costi indiretti, per esempio il costo per tenere i bambini a casa il lunedì successivo alle elezioni (anche se le scuole saranno comunque chiuse in 19 regioni su 20). Fanno poi le pulci ad altre voci e insomma, secondo loro, l’aggravio di andare a votare per esempio il 14 giugno non supera i 160 milioni. Anche i 160 milioni, tuttavia, possono risultare difficili da digerire, specialmente se per aiutare i terremotati si ricorrerà – come appare pressoché certo – a una «una tantum» sui redditi che superano i 90 mila euro l’anno. Ecco la dichiarazione ringhiante della Marcegaglia.
• Lei ha detto che voteremo per il referendum il 21 giugno.
Sì, ma non è ancora ufficiale, ieri l’ufficio di Presidenza del Pdl ha dato mandato a Berlusconi di verificare se non sia possibile rinviarlo di un anno. Votando il 21, si risparmieranno almeno i 63,5 milioni per il personale di pubblica sicurezza da impiegare nei seggi. Per la Lega non è una soluzione del tutto tranquillizzante: con una trentina di città che andranno probabilmente al ballottaggio, il quorum potrebbe anche essere raggiunto. Ma avremo modo di parlarne ancora. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 17/4/2009]
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