Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  aprile 17 Venerdì calendario

LE DONNE, I VIAGGI, I TORMENTI NEL MONDO DEL GIOVANE GUSTAVE


Come si narra nella parte conclusiva di Viaggio in Oriente, Flaubert nell´ottobre del 1850 fece il suo ingresso a Istanbul accompagnato dall´amico Maxime du Camp, dopo aver visitato Egitto, Libano e Siria. I due amici avevano viaggiato insieme e raccontato insieme le loro peripezie, esperienza che piacque molto a entrambi. Du Camp, rampollo di una famiglia molto ricca, erudito e specialista di letteratura e arte, si dimostrò un amico fidato e devoto, seppur un po´ freddo. Sei anni dopo sarebbe stato lui a dividere in episodi Madame Bovary per la Revue de Paris della quale aveva assunto la direzione. Nel corso dei loro innumerevoli viaggi in lungo e in largo, mentre Du Camp documentava il Medio Oriente scattando le prime fotografie con una sua stravagante macchina fotografica, Flaubert era in pena per se stesso e per il proprio futuro. Era assillato, insomma, dalle proprie preoccupazioni.
Problema principale di Flaubert - per meglio dire suo lancinante dolore - era la sifilide che aveva contratto a Beirut. Medicava le proprie lesioni suppuranti e usava farmaci nel tentativo di lenire almeno in parte il dolore, arrovellandosi per cercare di capire se avesse contratto quel malanno da una partner "turca" o cristiana, e parlò diffusamente della questione nelle sue lettere con una nota di sarcasmo.
Essendo in viaggio da oltre un anno - anche non tenendo conto della sifilide - Flaubert era spossato e stanco. I capelli avevano iniziato a diradarsi, i denti a dondolare. In più desiderava ardentemente casa sua, sua madre, la vita che conduceva a Rouen.
A Istanbul Flaubert rispose a una lettera ricevuta dalla madre, dalla quale venne a conoscenza del matrimonio di un amico e del desiderio materno di sapere se avesse per caso in mente di sposarsi anche lui. Quando da giovane sognavo che un giorno sarei diventato uno scrittore, rileggevo spesso questa lettera datata 15 dicembre 1850, scritta da "Costantinopoli", traendo proprio dalle sue parole eccezionali forza e conforto nelle difficoltà che andavo incontrando mantenendomi da solo e dovendo condurre in Turchia la vita di uno scrittore.
Flaubert scrive: «Mi chiedi quando sarà il matrimonio, facendo allusioni all´annuncio di matrimonio di Ernest Chevalier�. Quando? Spero mai». Il giovane aspirante scrittore ventinovenne ricorda poi alla madre i suoi principi, i suoi ideali di vita, sottolineando che è di gran lunga troppo tardi, ormai, per cambiarli. «Anche io mi sono "sistemato", nel senso che ho trovato il mio posto, il mio centro di gravità. Per me il matrimonio sarebbe un´apostasia: il solo pensiero mi terrorizza». Alcune frasi dopo, egli spiega chiaramente la prospettiva che in seguito si sarebbe sviluppata nel pensiero moderno da Nietzsche a Thomas Mann sul rapporto tra arte e vita: «Puoi descrivere il vino, l´amore, le donne e la gloria a condizione di non essere un ubriacone, un amante, un marito o un soldato semplice di truppa. Se partecipi intensamente alla vita, non la vedi con chiarezza: ne soffri troppo o ne godi troppo». Flaubert scrive a sua madre con la sensazione profonda che l´artista debba essere stravagante, debba condurre una vita fuori dall´ordinario, debba essere per certi aspetti una creatura anomala: «Per tutto ciò, sono rassegnato a vivere come ho vissuto: solo, con una moltitudine di grandi uomini come miei unici amici, e per compagno un orso, il mio orso di stoffa». Rivolge poi alla madre le frasi che io ho rivolto a me stesso prima di compiere trent´anni come Flaubert, frasi nelle quali cercavo di credere con tutto me stesso: «Non mi interessa nulla del mondo, del futuro, di ciò che la gente dirà, di ogni genere di istituzione, e nemmeno della gloria letteraria, che in passato ero solito sognare per notti e notti a occhi aperti supino nel letto». (...)
Flaubert ha sviluppato una tecnica speciale, così che la voce narrante del romanzo si accosti quanto più possibile ai pensieri e ai sentimenti interiori dei suoi personaggi. Questa voce, questa tecnica narrativa, è stata imitata e si è diffusa in Francia e successivamente in tutto il mondo, andando incontro a un riconoscimento positivo da parte degli studiosi di Flaubert piuttosto che dei suoi lettori, ed è nota come "stile indiretto libero". Questo stile narrativo, che Flaubert in realtà sviluppò più che scoprire, non distingue tra i pensieri dei personaggi e i contesti e gli eventi ai quali costoro partecipano. La prosa di tanto in tanto affronta i pensieri intimi e i problemi del protagonista facendo affidamento sul vernacolo di quel personaggio e sulla sua espressione; oltre a ciò, la voce dello scrittore non fornisce al lettore indicazioni quali "lei pensò" o "egli considerò". Le descrizioni dei panorami e dei vari ambienti, come è giusto che sia in un romanzo, rappresentano le condizioni mentali del protagonista sia tramite dettagli descrittivi, sia nella scelta delle parole. In questo modo i lettori percepiscono in modo intimo il mondo e gli eventi descritti, vedono gli ambienti attraverso gli occhi dei protagonisti, come condizionati dalle loro emozioni, le loro preoccupazioni, la loro scelta espressiva. Dopo Jane Austen e Goethe, lo "stile indiretto libero" che Flaubert sviluppò e praticò ordinariamente per quanto meticolosamente (tanto che un lettore avrebbe potuto supporre che i sentimenti di Madame Bovary corrispondessero ai pensieri di Flaubert) ebbe una grande influenza e fu felicemente utilizzato in molti Paesi non Occidentali come la Turchia, dove l´arte del romanzo e dell´espressione della narrazione moderna si sono evoluti dopo l´epoca di Flaubert. Questo stile ebbe un ruolo determinante non soltanto nella formazione dell´arte del romanzo in stati-nazione "in ritardo" rispetto ad altri, ma anche nella comparsa e nell´adozione di lingue nazionali tramite la letteratura e, naturalmente, in maniera predominante, grazie al romanzo. Il Flaubert che io amo e ammiro, il Flaubert col quale mi identifico, è questo secondo autore. Un grande scrittore che, nelle ampie trame e nell´ambito del canovaccio del romanzo, scoprì un nuovo modo per entrare - repentinamente, proferendo solo poche parole - nella vita intima dei suoi personaggi. Uno scrittore che poteva accostarsi a questi ultimi con la profonda compassione e l´empatia che esige l´arte del romanzo e che di conseguenza poté in seguito dichiarare, con grande semplicità, "Io sono Madame Bovary!".