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 2009  aprile 17 Venerdì calendario

E DUBAI CLONA IL PRIMO DROMEDARIO «SARA’ PIU’ VELOCE»


Dopo la pecora Dolly e il to­ro Romeo, ad accrescere l’ab­bondante e varia compagnia degli animali clonati ora è arri­vata una neonata dromedaria, subito battezzata Injaz, nome che in arabo significa «risulta­to ». Il fausto evento è dell’8 aprile scorso e viene conside­rato un successo della zootec­nia dell’università di Dubai, capitale degli Emirati Arabi, dove gli agili camelidi sono i più popolari ed economica­mente importanti animali do­mestici. I dromedari possono infatti essere da corsa, da car­ne, da latte e perfino da bellez­za, con tanto di concorsi. Ap­partengono, per lo più, ad an­tiche razze differenti sia per morfologia che per attitudine, che però sono state moderna­mente ridefinite da nuovi standard descriventi i parame­tri ottimali cui devono mirare gli allevatori. E allora, dato che risulta possibile, tramite clonazione, duplicare il me­glio, perché non farlo anche con i dromedari? Usando co­me punto di partenza appun­to quelli che «incarnano l’idea­le », come è il caso della mam­ma di Injaz, campione della razza da corsa.

La clonazione degli animali domestici, se poi tutto funzio­na, effettivamente può (o po­trebbe) rappresentare un rea­le avanzamento per chi voglia ottenere esemplari che sem­pre più s’avvicinano a stan­dard prefissati. sempre stato il sogno di qualsiasi allevato­re. Tant’è che, quando ancora queste modernità biotecnolo­giche non c’erano, l’unica stra­da percorribile era l’accoppia­mento in consanguineità. Cer­to: un conto è la teoria e un al­tro è la pratica, soprattutto se si scavalcano, ignorandole, le leggi della natura. Staremo, a ogni modo, a vedere quale ef­fettivo miglioramento otter­ranno, laggiù negli Emirati, con i loro dromedari clonati, che dovrebbero risultare velo­cissimi. L’unica cosa che vien subito da pensare, semmai, è che, tra le attitudini dei dro­medari, non appare quella da animali da compagnia. E me­no male, perché – come han­no amaramente scoperto quei proprietari che hanno voluto farsi clonare i loro amatissimi cani e gatti – la clonazione ga­rantisce ben poco quanto a du­plicazione del carattere, per­ché per ciò il ruolo principale non l’ha la genetica, ma piutto­sto le differenti esperienze che gli individui accumulano nel corso della vita.

Tornando ai dromedari, chiaro che a noi italiani non paiano tanto animali domesti­ci. Ci evocano piuttosto luo­ghi lontani, esotici e selvaggi. Salvo, forse, ai pisani, perché in quella città, per secoli, i dro­medari furono di casa, e anco­ra esistono vecchie stampe che ce li mostrano, in carova­na, passare per Piazza dei Mi­racoli o sui Lungarni. Giunse­ro a Pisa, per opera di Cosimo de’ Medici, nel 1622, e venne­ro allevati a San Rossore fino all’ultima guerra, quando ven­nero sterminati per fare bistec­che. Venne descritta, perfino, una razza toscana.

Ancora si ricorda la leggen­daria passeggiata mattutina del capo-cammellaio Giovan­ni Pardini che, nei primi de­cenni del ”900, ogni mattina, inforcati gli occhiali, leggeva il giornale standosene in sella al suo dromedario. Ed era an­che cura del Pardini accompa­gnare i dromedari a Verona dove, interpretando il ruolo dei cammelli, arricchivano la messa in scena delle rappre­sentazioni dell’Aida. Erano al­tro tempi ed altri erano i dro­medari.

Ma, soprattutto, la clonazio­ne ancora non c’era, allora.