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 2009  aprile 17 Venerdì calendario

Voteremo per il referendum nel giorno dei ballottaggi per le Am­ministrative, cosa che ha fatto arrabbiare l’opposizione e so­prattutto la Confindustria

Voteremo per il referendum nel giorno dei ballottaggi per le Am­ministrative, cosa che ha fatto arrabbiare l’opposizione e so­prattutto la Confindustria. La presidente, Emma Marcegaglia, ha rilasciato una dichiarazione in cui sostanzialmente dice: co­me potranno tassarci per rico­struire l’Abruzzo quando butta­no i soldi per non fare l’Election day? Come mai non hanno anco­ra tagliato le spese improduttive e preso lì i denari per aiutare i terremotati?

Lo sa che non ho capito niente?
Il 7 giugno ci sono le elezioni europee e un bel po’ di elezioni amministrative, per eleggere Consigli comunali e provincia­li. In queste Amministrative esi­ste il ballottaggio: se nessuno dei candidati alla carica di sin­daco o presidente della Provin­cia raggiunge il 50% +1 dei vo­ti, bisogna votare un’altra volta scegliendo tra i due che ne han­no presi di più. Il 2˚ turno si de­ve tenere due settimane dopo il primo, dunque il 21 giugno. C’è poi il referendum elettorale, che si doveva tenere l’anno scor­so e slittò a quest’anno perché venne sciolto il Parlamento e la Costituzione vieta che referen­dum ed elezioni politiche si ten­gano nello stesso anno. Di que­sto referendum elettorale biso­gna fissare la data. La logica vorrebbe che si tenesse il 7 giu­gno, per non disturbare troppo gli elettori e soprattutto rispar­miare soldi. lapalissiano che tenere il referendum in un gior­no diverso è un costo.

Perché non si può tenere il 7 giu­gno?
La Lega vuole che il referen­dum fallisca e per star sicura punta al non-raggiungimento del quorum. Perché il referen­dum abbia valore di legge, biso­gna che si rechino alle urne al­meno il 50% degli elettori. E questa percentuale non viene più raggiunta dal 1997. La Lega vuole che il referendum fallisca perché uno dei tre quesiti taglia certe frasi dall’attuale legge elettorale in modo tale che, se il ”sì” al taglio vincesse, Berlusco­ni non avrebbe più bisogno di allearsi con Bossi per avere la maggioranza assoluta in Parla­mento. Col 35% dei consensi si troverebbe a controllare il 55% dei seggi. Nella riunione che c’è stata l’altro giorno, Bossi e Cal­deroli avrebbero detto a Berlu­sconi: se indici il referendum il 7 giugno, usciamo dalla mag­gioranza, cioè facciamo cadere il governo. Almeno, Berlusconi la racconta così.

Quindi quando si voterà?
La Lega avrebbe voluto che sui tre referendum gli italiani si esprimessero il 14 giugno. Si sa­rebbe trattato di andare a vota­re per tre domeniche di fila: il 7 Europee e Amministrative, il 14 il referendum, il 21 i ballottaggi delle Amministrative. Fino al giorno del terremoto, Berlusco­ni non ha detto una parola. Ma dopo il sisma ha detto qualcosa come: «Bisogna pensarci: vota­re il 14 giugno ci costa un sacco di soldi e quelli sono soldi che invece si possono dare ai terre­motati. Il Partito democratico (che strepitava per il 7 giugno, subito chiamato Election Day) una volta tanto non ha tutti i torti».

Quanto ci costa?
Il Pd, Di Pietro, il Comitato dei referendari sostengono che si tratta di 400 milioni di euro. I leghisti contestano questa ci­fra: dicono che 200 milioni so­no costituiti da denaro virtuale, cioè è il calcolo di costi indiret­ti, per esempio il costo per tene­re i bambini a casa il lunedì suc­cessivo alle elezioni (anche se le scuole saranno comunque chiuse in 19 regioni su 20). Fan­no poi le pulci ad altre voci e insomma, secondo loro, l’aggra­vio di andare a votare per esem­pio il 14 giugno non supera i 160 milioni. Anche i 160 milio­ni, tuttavia, possono risultare difficili da digerire, specialmen­te se per aiutare i terremotati si ricorrerà – come appare presso­ché certo – a una «una tantum» sui redditi che superano i 90 mi­la euro l’anno. Ecco la dichiara­zione ringhiante della Marcega­glia.

Lei ha detto che voteremo per il referendum il 21 giugno.
Sì, ma non è ancora ufficiale, ie­ri l’ufficio di Presidenza del Pdl ha dato mandato a Berlusconi di verificare se non sia possibile rinviarlo di un anno. Votando il 21, si risparmieranno almeno i 63,5 milioni per il personale di pubblica sicurezza da impiega­re nei seggi. Per la Lega non è una soluzione del tutto tran­quillizzante: con una trentina di città che andranno probabil­mente al ballottaggio, il quo­rum potrebbe anche essere rag­giunto. Ma avremo modo di par­larne ancora. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 17/4/2009]