Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Prodi, ottenuta la fiducia alla Camera, è salito al Quirinale e si è dimesso.
• Non doveva presentarsi oggi al Senato? Che cosa ha determinato questo cambiamento?
Napolitano lo ha convocato ieri mattina. I due hanno parlato una mezz’ora. Il Capo dello Stato deve essere stato piuttosto pressante: gli ha ribadito che la prova di forza al Senato, indipendentemente dal risultato, avrebbe solo esasperato la situazione e reso ancora più difficile la fase successiva. Lo ha quindi invitato a prendere in considerazione l’ipotesi di incassare la fiducia alla Camera, che è comunque un risultato, e di dimettersi subito dopo, senza presentarsi oggi al Senato. Prodi, anche se ha comunicato ufficialmente la sua decisione solo in serata, deve aver subito accettato, forse chiedendo il reincarico o comunque la gestione dell’ordinaria amministrazione fino alle elezioni. Il clima politico poi s’è fatto subito diverso. L’Udeur ha fatto sapere che non avrebbe partecipato al voto di Montecitorio e in questo modo i “no” dei mastelliani non si sono visti (ma Fabris ha detto che al Senato, casomai, sarebbero andati e avrebbero votato contro). Berlusconi, presente una volta tanto al dibattito, ha evitato di prendere la parola, probabilmente per non esasperare il clima. Berlusconi, poco prima delle 13, ha anche dichiarato che Prodi potrebbe benissimo restare in carica per approvare una modifica alla legge elettorale: trasformare i venti premi di maggioranza regionali in un solo premio di maggioranza nazionale, in modo da rendere molto meno probabile l’eventualità di un pareggio. Intanto il presidente del Consiglio convocava il Consiglio dei ministri per venerdì mattina. Più tardi arrivava la notizia che il senatore Pallaro, quello eletto in Argentina, non avrebbe fatto in tempo a votare al Senato (era un “sì”). Fisichella ha fatto sapere che avrebbe votato “no”. Idem i diniani, a parte D’Amico che in serata s’è poi dissociato. Insomma, sulla base delle prese di posizione di giornata, tutti i lambiccamenti e i calcoli per vedere se il governo avrebbe potuto spuntarla, magari per un voto, sono cessati. Prodi al Senato era chiaramente sotto.
• E adesso?
Cominciano le consultazioni: gli ex presidenti della Repubblica, i presidenti di Camera e Senato, poi i presidenti dei gruppi parlamentari. Una teoria lunghissima, con la quale arriveremo come minimo a lunedì e probabilmente anche oltre. Il Capo dello Stato deve capire se in Parlamento esiste una maggioranza disposta a sostenere un altro governo o no. In questa ricefrca può farsi aiutare dando a qualcuno un incarico esplorativo, e tirare le conclusioni dopo quest’altro giro. Se alla fine risultasse che una nuova maggioranza non c’è, dovrebbe sciogliere le Camere e indire le elezioni. C’è un punto però di differenza rispetto al passato, e non da poc la composizione del Parlamento così come la conosciamo è il prodotto del premio di maggioranza assegnato alla coalizione vincente. Se questa coalizione viene meno, è costituzionalmente corretto tenere in piedi la legislatura? Ci sono studiosi che sostengono di no, è uno dei tanti punti controversi. In altri termini, Napolitano, verificato che la vecchia coalizione di centro-sinistra non esiste più, potrebbe procedere senz’altro allo scioglimento. Non accadrà, credo, ma la questione esiste.
• Ho sentito che potrebbe sciogliere solo il Senato.
Tecnicamente potrebbe. In questo caso, dopo il voto, si verificherebbe di sicuro una situazione di stall centro-destra maggioranza al Senato, centro-sinistra maggioranza alla Camera. L’unico governo possibile sarebbe quello delle larghe intese, cioè Forza Italia e Pd insieme. Napolitano potrebbe anche usare lo scioglimento del Senato come una minaccia per costringere Berlusconi ad accettare una soluzione di mezzo.
• Per esempio?
Prodi ieri mattina aveva fatto sapere che in caso di fiducia al Senato ottenuta col voto decisivo dei senatori a vita, avrebbe potuto formare un nuovo governo incaricato di cambiare la legge elettorale. Avrebbe dato in cambio la garanzia che nel 2009 si sarebbe votato. Questo governo sarebbe stato formato da dodici ministri e non più di 60 persone (premier compreso) come previsto dall’ultima Finanziaria. Potrebbe essere un’ipotesi ancora valida, ed è molto probabile che in una prima fase l’attuale premier, se riceverà l’incarico, la tenterà.
• E il referendum?
Se si sciolgono le Camere slitta di un anno. Se non si sciolgono e si vota una nuova legge, salta. Altrimenti si va a votare tra il 15 aprile e il 15 giugno. Ieri i referendari hanno mandato una lettera a Napolitano in cui dicon «Se proprio devi sciogliere le Camere, fallo dopo il referendum. Ormai ci siamo!». Non è insensato. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 23/1/2008]
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