Il Messaggero 23/01/2008, FRANCESCO OLIVO, 23 gennaio 2008
Facebook il nuovo fenomeno della Rete. Il Messaggero 23 Gennaio 2008. L’ULTIMO guaio per Facebook arriva dalla Mattel
Facebook il nuovo fenomeno della Rete. Il Messaggero 23 Gennaio 2008. L’ULTIMO guaio per Facebook arriva dalla Mattel. La multinazionale dei giochi ha intimato al sito di rimuovere una delle applicazioni più popolari, Scrablous, troppo simile, nel nome e soprattutto nella sostanza a Srubble, noto da noi come Scarabeo. L’azione della Mattel ha scatenato un putiferio e gli internauti di mezzo mondo stanno tempestato di mail la casella dell’azienda. Quella di questi giorni è solo l’ultima di una lunga serie di polemiche che ha accompagnato la vita, assai giovane, del nuovo fenomeno della rete. Facebook è, con MySpace, il più illustre rappresentante dei cosiddetti social network, ovvero quei siti che creano delle comunità virtuali mettendo in comunicazione gli utenti. Il suo successo è stato clamoroso, i numeri parlano di una media di 200mila nuovi iscritti al giorno, per un totale che si aggira intorno ai 60 milioni. Il sito dell’anno nel 2007 è stato creato meno di quattro anni fa, quasi per gioco, dal ventenne Marc Zuckerberg, studente di Harvard, che aveva ideato il programma allo scopo di connettere i suoi amici del campus. Il piccolo progetto si è ampliato a macchia d’olio in pochissimo tempo. Per capire la portata del fenomeno si pensi che Bill Gates ha pagato 240 milioni di dollari per possedere soltanto l,6% della compagnia, facendo così schizzare la valutazione dell’azienda fino alla cifra astronomica (e forse volutamente gonfiata) di 15 miliardi. Secondo voci circolate in questi giorni, anche la Nokia starebbe per entrare nell’affare. Le quotazioni non fanno altro che rispecchiare un primato della rete che almeno negli States è percezione diffusa. Capita spesso ormai che, come biglietto da visita, si dia il proprio contatto Facebook, invece di un indirizzo email. In Italia si tratta di un fenomeno appena agli inizi. Una delle cause del ritardo è senz’altro dovuta al fatto che Facebook, a differenza di Myspace, non ha un’interfaccia in italiano, così o si impara l’inglese o si è tagliati fuori. Registrarsi è molto facile: si compila una breve scheda, si crea una password e si è dentro. Lo scopo del sito è condividere con i propri contatti qualunque tipo di informazione sulla vita privata, dalle caratteristiche più generiche, età, credo religioso, status sentimentale, idee politiche, a quelle più intime come lo stato d’animo (felice, preoccupato, allegro, stressato). Fiore all’occhiello del sito sono le tante applicazioni (un migliaio) da inviare agli amici, quiz del tipo ”quanto ne sai della musica anni Sessanta”, ”conosci tutto di Johnny Depp?”. I risultati vengono inviati agli amici e scatta la competizione. ”Roberta ti chiede di diventare suo amico”, comincia così un rapporto Facebook. Il motore di ricerca è molto sofisticato e consente di individuare tutti quelli che nella rubrica dell’e-mail sono presenti sul sito. L’altro metodo di reclutamento è cercare un network: quello della vecchia scuola, o quello della comitiva del mare, insomma non è difficile scovare ed essere scovati da amici e conoscenti. Mettere in rete il proprio privato rappresenta una mania che non è soltanto puro esibizionismo. Questi siti si differenziano dai blog in quanto consentono di inserirsi in uno schema già fisso. Non occorre aggiornare le pagine molto spesso, di tutte le novità si è avvertiti per mail. La condivisione estrema ha limiti e contraddizioni. Quando Zuckerberg ha lanciato un nuovo modello di pubblicità personalizzata sui gusti degli utenti, è scoppiata la rivolta. Il progetto Beacon si ispirava sul passaparola, la ricetta vincente del sito americano: quando un utente faceva un acquisto online di determinati prodotti, tutti i suoi contatti ne venivano informati così da diventare un inconsapevole testimonial. Apriti cielo, dopo poche ore dal lancio di Beacon già 55mila persone avevano firmato virtualmente una petizione assai minacciosa. Il boomerang è stato tale che il creatore del sito ha fatto marcia indietro, chiedendo scusa a tutti, riconoscendo con rara umiltà l’errore. L’incidente è indicativo: Facebook è una miniera di dati assai appetibile per le grandi aziende. Milioni di utenti scelgono di rinunciare alla riservatezza, ma nel momento in cui si sentono invasi da applicazioni e, peggio, dalla pubblicità si ribellano immediatamente. Il fenomeno ha attirato le attenzione dei ricercatori: «Siamo agli albori di un nuovo modo di fare sociologia» ha dichiarato al New York Times il professore di scienze sociali ad Harvard, Nicolas Christakism «un tempo ce lo sognavamo un numero di dati così sconfinato», infatti sono molte le università che stanno studiando il popolo delle social network. Ma non soltanto gli accademici sfruttano le caratteristiche esibite sui siti, un’agenzia del governo britannico la ”Get safe online”, che tutela gli internauti ha lanciato l’allarme sulle identità rubate grazie a Facebook e Myspace. Il consiglio degli esperti di Londra è chiaro: «Dovete inserire soltanto le informazioni che dareste a uno sconosciuto sull’autobus». Un autobus dove, però, tutti vogliono salire. FRANCESCO OLIVO