La Stampa 23 gennaio 2008, Paolo Colonnello, 23 gennaio 2008
Parmalat, processo alle banche estere. La Stampa 23 gennaio 2008. Il popolo transumante dei «bond spazzatura» ora va all’attacco delle banche straniere
Parmalat, processo alle banche estere. La Stampa 23 gennaio 2008. Il popolo transumante dei «bond spazzatura» ora va all’attacco delle banche straniere. Già parti civili nel processo per il crac Parmalat che vede tra gli imputati Calisto Tanzi, i 40 mila risparmiatori che nel dicembre del 2003 rimasero con il cerino in mano dei titoli di Collecchio, ieri, assistiti da un esercito di 62 avvocati si sono ripresentati, in spirito e carte bollate, davanti ai giudici della seconda sezione penale d’innanzi ai quali si è incardinato il terzo troncone del processo Parmalat che vede alla sbarra quattro colossi bancari esteri, Ubs, Citigroup, Morgan Stanley, Deutsche Bank chiamati a rispondere della cosiddetta responsabilità oggettiva, e nove funzionari di banca dei quali uno di Credit Suisse First Boston, tutti accusati di aggiotaggio. In realtà, nella grande aula del processo, al primo piano di palazzo di giustizia, erano pochissimi i risparmiatori in carne e ossa. Nessuno striscione, cartelli o slogan coloriti. Solo qualche commento amaro: «Una volta andare in banca era come andare in chiesa, adesso non direi proprio», dice un tassista arrivato a godersi lo spettacolo. Al completo invece i collegi di difesa, guidati per questa sorta di «class action» all’italiana, dal professor Carlo Federico Grosso che da solo rappresenta oltre 32 mila persone, un esercito riunito sotto le bandiere del «Comitato San Paolo». Il loro destino, nonostante il precedente al processo contro Tanzi & Co., non è sicuro. Perchè mentre la costituzione contro persone fisiche non dovrebbe trovare ostacoli, per quanto riguarda le banche, considerate persone giuridiche, il tribunale milanese finora ha sempre rigettato richieste di questo genere (vedi al processo Antonveneta) nonostante la violazione della legge 231, frutto di una direttiva europea del 2001, sia sempre stata perseguita in modo particolare dalla procura. Ciò nonostante i risparmiatori Parmalat possono ancora sperare perchè da Roma e Torino sono arrivate recentemente risposte positive a costituzioni di parte civile contro soggetti giuridici. C’è poi da tener presente le direttive inserite nell’ultima Finanziaria che contemplano l’esistenza della class action. Manca però un pronunciamento definitivo della Cassazione, l’unica abilitata a fare giurisprudenza, e dunque la strada sembra essere ancora in salita. Gli avvocati di parte civile ieri hanno riproposto la trascrizione dell’intervento del pm Eugenio Fusco durante l’udienza per la scalata Antonveneta, dove il sostituto procuratore aveva perorato le ragioni dei piccoli risparmiatori, anche in quel caso vittime della spregiudicatezza delle banche. La speranza dei legali è di convincere un collegio tutto femminile, dal presidente Gabriella Manfrin ai giudici a latere Ferrara e Mayer. Trattandosi di materia delicata, i giudici preso atto delle richieste e hanno rinviato l’udienza al 7 marzo dove le stesse verranno illustrate, perchè tutti hanno chiesto tempo per studiare a fondo la questione. Oggi toccherà a un’altra banca affrontare l’aula, Bank of America, ma facilmente l’udienza verrà aggiornata per lo sciopero dei penalisti. I due dibattimenti viaggiano comunque verso l’unificazione. Ben distinto rimarrà invece il processo a Tanzi e agli altri manager Parmalat previsto per domani nella stessa aula. Si ricomincerà con l’interrogatorio di Maurizio Bianchi, della società di revisione Grant Thornton. La sentenza potrebbe arrivare prima dell’estate. A marzo invece partirà a Parma il dibattimento più importante, quello per bancarotta, l’unico per ora che non corre il rischio della prescrizione. Paolo Colonnello